Di “grande bellezza” è pieno il mondo, soprattutto lontano dai riflettori del Dolby Theatre, nascosta dove premi cinematografici ed occhi umani non possono arrivare. Per questo motivo un’equipe tutta italiana di specialisti multidisciplinari è arrivata nel dipartimento sud di Haiti, e più precisamente nell’isola di Île-à-Vache, per riportare alla luce meraviglie che la laguna ha custodito per secoli.
Lo scopo della missione, interamente finanziata dal Governo haitiano, è quello di individuare e conservare il patrimonio archeologico subacqueo adagiato sui fondali della baia e presumibilmente risalente alla fine del XVII secolo. Il ‘tesoro’ sommerso si compone di grandi ancore ed almeno venti cannoni di diverso calibro, sparsi come conchiglie in un raggio di circa 70 metri e provenienti dalla Oxford e dalla Jamaica Marchant. Fine ultimo del progetto sarà quello di realizzare il primo Musée de la Piraterie, in parte subacqueo ed in parte a terra, sulle rovine di quello che fu il quartier generale del Capitano Morgan, leggendario pirata che lo scrittore Emilio Salgari rese luogotenente del celebre Corsaro Nero nel romanzo Jolanda, la figlia del Corsaro Nero.
Île-à-Vache è un luogo dove storia e leggenda si fondono e confondono, un campo di ricerca denso di suggestioni ed “il rischio è proprio quello di essere scambiati per cacciatori di tesori” – spiega Costantino Meucci, chimico conservatore e responsabile della missione. Su questa piccola isola, infatti, veniva trasportato il bottino di lingotti razziato dai corsari di Morgan, arruolati dai regnanti inglesi e francesi con le ‘patenti di corsa’ allo scopo di depredare le navi dei conquistadores spagnoli dirette oltre l’Atlantico. Precedenti storici che hanno stimolato la fantasia degli autori, ma anche le brame dei cercatori di tesoro, “mentre noi vogliamo fare un lavoro squisitamente di tipo scientifico” – commenta Meucci.
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La task force incaricata di gettare le basi per la futura creazione del polo museale, in collaborazione col CIPES (Centro di Coordinamento delle Prospezioni Archeologiche e Subacquee), si compone di un archeologo incaricato della documentazione topografica e dell’analisi storica del sito, Claudio Moccheggiani Carpano; un’incaricata dello studio dell’impatto ambientale delle ricerche sulla barriera corallina, dottoressa Marta Nardella; e due istruttori subacquei, Simone Mocchegiani Carpano e Ferdinando Claderini.
Con Meucci abbiamo avuto modo di parlare a lungo in occasione della presentazione della missione tenutasi presso la “Libreria del Mare” a Roma. Abbiamo parlato non solo di miti e leggende legate al passato, ma anche del presente e della straordinaria sensibilità storico-archeologica dimostrata dalle istituzioni di Haiti, “c’è entusiasmo per la sfida che ci attende, ma anche rammarico per quello che in quarant’anni di archeologia subacquea non si è riuscito a fare in Italia” – osserva Meucci. Infatti, ricordiamo a chi legge che nel 2001 l’Unesco ha elaborato la “Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo”, riconoscendo l’urgente necessità di preservare e proteggere tale patrimonio e che, anche in questo ambito, l’Italia – per posizione e storia – detiene un primato significativo di bellezze sottomarine che aspettano solo d’esser riportate alla luce.