La faccenda Bankitalia dimostra tanto di quel che ormai è già accaduto in questo paese; il gioco di riposizionamento delle quote di capitale di un istituto che, a parte il periodo fascista, non è mai stato “proprietà del Popolo italiano”, ha scatenato infatti una vera e propria crisi d’identità di un sistema politico ormai inutile persino a se stesso.
Parlando chiaro, lo strapotere della casta bancaria oggi si permette il lusso di chiarire i rapporti di forza con il resto delle parti del sistema, senza nascondersi dietro vuote formule d’intermediazione politica e sociale quali “Ente di diritto pubblico”. Altezza o bassezza dei tempi, occorre vedere per poter capire: spariscono i partiti, spariscono gli intellettuali, poiché da decenni è sparito il terreno di scontro che ha permesso una qualche relazione competitiva (agonistica) fra i vari blocchi sociali. La famosa fine della Storia, nel trionfo di un modello al contempo liberista e burocratico (l’Ue come protettorato dello Stato Mondiale).
Usiamo le parole giuste. Questa si chiama fine della democrazia. Giusto Marine Le Pen, per fatti contingenti alla realtà storica francese, si può permettere il lusso odierno di agire all’interno di una logica ancora pienamente democratica, laddove una qualche competizione al consenso può, in minima parte, influire sui processi decisionali di quel paese e per riflesso, dell’Unione europea.
Tutto ciò, al contrario, non può verificarsi in Italia: abbiamo già avuto la nostra occasione nel 1992. Nuove classi dirigenti hanno fallito, ed anzi, hanno probabilmente accelerato la progressiva perdita di sovranità italiana. E che cosa è il M5S se non il naturale, primigenio sbocco sanguigno verso processi decisionali non democratici? Oh non spaventiamoci di questa parole, anzi di questa fascinosa categoria del pensiero. Ripensiamo a Bankitalia, alla sua proprietà di Popolo nel 1936, laddove democrazia, appunto, non c’era.
E se dovessimo mettere assieme ciò che davvero ci piace da vent’anni a questa parte, l’estetismo anarchico giovanile, la profondità di pensiero di alcune Case Editrici, il decisionismo miliziano, lo spirito militante di tante altre esperienza, avremmo in mano una Logica, un modo di stare ritti su di un nuovo piano inclinato e non più il triste ricordo di come fosse facile e inutile partecipare al “teatrino della politica”.