L’ennesimo rinvio della Suprema Corte indiana sul caso dei nostri due fucilieri di Marina ha l’effetto di una doccia fredda sulle speranze diplomatiche e giornalistiche italiane politicamente corrette. Magari tutto si risolverà come speriamo e non verrà deciso di applicare la legge antiterrorismo che prevede anche la pena di morte, ma sta di fatto che certi personaggi italici ci fanno ancora una volta una pessima figura, ai limiti del ridicolo.
E’ stata necessaria questa spada di Damocle, cioè la conclusione delle indagini della Polizia Antiterrorismo indiana alla quale erano state ri-affidate, per dare un po’ la sveglia al governo e a certi giornali. Governo Letta che non aveva mosso un dito sinora e il cui ministro degli Esteri, la ex radicale Bonino, un giorno se n’è anche uscito con una frase tipo “Ma non è detto che siano per forza innocenti”, con che vantaggio politico e psicologico per Latorre e Girone si può ben immaginare, un preclaro esempio di fine diplomazia da parte della capa della nostra diplomazia…
Soltanto adesso, soltanto dopo essere arrivati a questo pericoloso punto si è avuto un soprassalto di paurosa resipiscenza e si è iniziato a fare quel che si doveva fare ormai da un anno se non prima, visto come le cose andavano ignobilmente per le lunghe. Cioè chiedere una forte solidarietà internazionale e interventi di chi conta (Unione Europea, paesi importanti come adesso ha fatto la Germania e magari gli Stati Uniti, ricorrere all’ONU e chiedere un arbitrato internazionale). Interventi che possono avere successo e che se fatti molto tempo fa lo avrebbero avuto prima. Tutte opzioni avanzate dalla vituperata stampa “di destra” e sempre tenute in non cale.
Stesso atteggiamento distratto ha tenuto la gran parte dei nostri mass media che vincono l’Oscar dell’ipocrisia. Solo adesso hanno “scoperto” la querelle dei nostri fucilieri, raccontata con tanto di nastro giallo sulla testata solo dai giornali di destra. Maglio tardi che mai, si dirà. Però sta di fatto che, come al solito, qualche grande giornale si atteggia a primo della classe salendo in cattedra e sentenziando dalle sue colonne e promuovendo inviti a non strumentalizzare il caso per fini di parte, perché non è sventolando le bandiere per strada o minacciando rappresaglie diplomatiche o economiche che si ottengono risultati.
Infatti, un silenzio di due anni ha avuto ottimi risultati: quelli che abbiano sotto i nostri occhi e che hanno costretto il governo a svegliarsi di soprassalto e correre ai ripari alzando un pochino la voce.
Una ipocrisia senza limiti. Una puzza sotto il naso da radical chic che io definisco Metodo Magris. Il famoso germanista e tuttologo triestino Claudio Magris, sulle pagine del Corriere allorché crollò la Jugoslavia e si ricominciò a parlare apertamente delle foibe e degli italiani massacrati dai titini, se ne uscì con la tesi seguente: è vero, ma prima ne parlava solo la “destra missina nazionalista” e quindi non valeva perché era una strumentalizzazione revanscista… Un fatto vero e comprovato se lo denuncia la Destra non lo si deve tenere da conto, se lo denuncia la Sinistra invece sì. Qui è lo stesso.
Anche la responsabile del PD, che non ha mosso un dito in due anni, viene a dire che bisogna essere cauti e moderati e che dopo la felice conclusione del caso il problema dovrà essere affrontato dal Parlamento (il che significa creare una Commissione d’inchiesta, come pure si era scritto non certo da loro). Nessuno vuole muovere guerra a Nuova Delhi, ma non si vede perché un minino di orgoglio nazionale venga ritenuto una colpa averlo avuto in questo frattempo mentre tutti tacevano e la situazione continuava a precipitare. Non si possono accettare lezioni di bon ton da certi politici e da certi giornali che il loro dovere morale nei confronti dei nostri due militari si sono ricordati di averlo soltanto adesso dopo due anni, soltanto di fronte all’incubo di una possibile pena di morte.