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Trasporti. In piazza contro la privatizzazione: “Ma basta aziende come bancomat dei politici”

by m.b.
22 Gennaio 2014
in Cronache
0

trasportoMicaela Quintavalle: donna, autista dell’Atac, studentessa di medicina, leader delle proteste contro la privatizzazione del trasporto pubblico e fondatrice di un sindacato, Cambia-Menti m410. Che, come ha sempre sostenuto, «del sindacato tradizionale ha solo il nome, perché Cambia-Menti vuole essere una realtà vicina ai lavoratori e agli utenti, e non il trampolino di lancio per realizzare le proprie ambizioni professionali». E proprio lei, Micaela Quintavalle, è riuscita ad unire tutti gli autoferrotranvieri d’Italia che lunedì 20 gennaio hanno sfilato per le vie di Roma, da p.za dell’Esquilino a p.za Santi Apostoli senza nessuna bandiera politica, ma con al loro fianco anche i cittadini, gli utenti del servizio di trasporto.

«È la prima manifestazione nazionale degli autoferrotranvieri e dei cittadini – ha commentato la Quintavalle – Ciò che affermiamo è il rifiuto netto alla privatizzazione, e il rinnovo del contratto nazionale che a tutti noi manca da 6 anni». «Noi non ci siamo costituiti in un sindacato – precisa – per aumentare il numero delle sigle sindacali, o per aumentare il numero degli aventi diritto ai permessi sindacali. La parola sindacato è un contenente, ed il contenuto di questa nostra organizzazione è lo stesso del nostro movimento nato solo due mesi fa. Il potere dei partiti politici come quello delle OOSS storiche è antico, viene da lontano ed è sedimentato nel tempo. Ma è anche vecchio, per metodi e  contenuti e per la scarsa democrazia interna. Vecchio nel senso di antistorico. Vecchio perché chiuso nella miopia. O meglio, nella cecità politica sindacale che dopo promesse di risanamento bipartisan e tripartisan ha portato l’azienda al possibile default. Questa è la realtà incontrovertibile sotto gli occhi di tutti. Dei lavoratori e dei cittadini».

“Qui in Atac – prosegue – milioni di euro vengono distribuiti a dirigenti che hanno ed hanno avuto il solo merito di affossare di più e maggiormente l’azienda. Il tutto, sempre sotto la bandiera del cambiamento, del rinnovamento e della discontinuità. Mentre ancora oggi in Atac il manuale Cencelli impera. Un caso per tutti: la parentopoli politica e la parentopoli sindacale. L’azienda è il bancomat dei partiti politici. Non è più possibile chiedere ai lavoratori tutti ed agli autisti in particolare, altri ed ulteriori sacrifici. Noi abbiamo già dato, e dato molto, nel corso degli anni. Altri parimenti hanno preso, e preso molto”.

«Il trasporto è e deve rimanere pubblico – continua la Quintavalle – anche se l’Europa dovesse chiedere il contrario. Il fallimento della globalizzazione e del liberismo è palese. Occorre una nuova politica economica che includa il pubblico nel mercato. Pubblico che possa produrre anche profitti. Pubblico, quindi, non solo nel gioco d azzardo o nei Monopoli. Pubblico nel trasporto su gomma, pubblico nel trasporto aereo, pubblico nelle banche e, perché no, pubblico nella costruzione di vetture e trattori. Con buona pace del “rivoluzionario” Marchionne e della Fiat che ha preso miliardi a palate dai cittadini italiani. Non sono stati i lavoratori del pubblico che hanno fatto fallire grandi aziende come Alitalia, o Telecom, o tante altre. Era ed è l’infiltrazione della lunga mano prensile dei partiti politici e dei vertici che loro nominano nelle aziende e nei Ministeri. Quindi, il risanamento non passa per la privatizzazione, ma per la trasparenza delle scelte e, su queste, il controllo con parere vincolante dei lavoratori. O, se si preferisce, dei cittadini/lavoratori. Se le risorse aziendali fossero organizzate in maniera pulita e investite in maniera oculata, i soldi per migliorare un servizio che nella Capitale d’Italia è fondamentale, si troverebbero eccome».

«Se Broggi avesse la voglia di cambiare qualcosa, se Marino avesse la voglia di cambiare qualcosa, se Guido Improta avesse la voglia di cambiare qualcosa – conclude – tutti loro dovrebbero ascoltare le nostre proposte. Noi siamo l’anello finale, l’anello più esposto e più penalizzato. Ma anche l’anello più preparato, non fosse altro perché svolgiamo la nostra attività sul campo a diretto contatto con l’utenza, e sopra i mezzi. E senza nessuna possibilità di manipolare conti e bilanci».

@barbadilloit

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