“Se i capitani coraggiosi sono Colaninno e Tronchetti allora preferisco le partecipazioni statali. Un liberista, in economia, come me si trova a dire viva le partecipazioni statali”: Carlo De Benedetti, a Mix24 di Giovanni Minoli a Radio 24, ha così commentato la sostanziale dismissione del comparto informatico dell’Olivetti, una volta all’avanguardia nel mondo. “Ho inventato la Omnitel, – ha spiegato De Benedetti – unica azienda di computer al mondo che è entrata nella telefonia e non era una cosa ovvia. Quando poi la Omnitel che oggi è Vodafone fu successivamente venduta da Colannino alla Mannesmann che poi fu comprata a sua volta dalla Vodafone, vorrei ricordare che l’Olivetti era l’azienda più liquida in Italia. Tanto che Colaninno si permise di fare, e io lo contestai per iscritto, l’Opa sulla Telecom che firmò la fine della Telecom”.
Per De Benedetti questo declino industriale italiano è figlio di “strategia industriale zero. Colaninno utilizzò la cassa dell’Olivetti per iniziare la distruzione della Telecom e poi fu conseguita con grande intensità e incapacità da Tronchetti”. E ha concluso l’intervento con un polemico “Viva le partecipazioni statali”.
Marco Tronchetti Provera ha replicato alle accuse in maniera decisa: “Se l’ingegnere vuole contestare qualcosa sono a disposizione per eventuali rettifiche. Mi confronto sui fatti, anche pronto a farlo pubblicamente se l’ingegnere accetta, non sugli insulti. La storia delle persone e delle aziende, anche quella dell’ingegner De Benedetti, si deve raccontare guardando i fatti in modo oggettivo e rispettandoli”.
Tronchetti poi ha attaccato duramente la formula usata da De Benedetti per delegittimare le proprie strategie in Olivetti: “Se anche io raccontassi la storia delle persone attraverso i luoghi comuni e gli slogan potrei dire che l’ingegner De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti, per lo scandalo legato alla vendita di apparecchiature alle Poste italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro le vicende di Tangentopoli. Invece non lo faccio perché sarebbe sbagliato”. E conclude: “Questo paese ha bisogno di altro”. Conclusione da sottoscrivere: l’Italia ha bisogno di capitalisti illuminati come Adriano Olivetti in grado di immaginare politiche di sviluppo industriale legate alla socialità e all’interesse nazionale, quest’ultimo sconosciuto a tanti grandi manager protagonisti del declino italiano.