La Dia lancia l’allarme: “Accordo tra criminalità nordafricana ed italiana per incentivare gli sbarchi di clandestini”. Certo che, specialmente dopo le ultime mattanze nel mare di Sicilia, verrebbe proprio da chiedersi come mai Cosa Nostra tolleri il continuo sbarco di centinaia e centinaia di disperati, un fenomeno che finisce per militarizzare l’isola (non solo Lampedusa ma tutta la Trinacria) e per calamitare sul suo stesso territorio l’attenzione di media e forze dell’ordine. La Dia una risposta se la dà: è un affare, una redditizia e vergognosa tratta di schiavi 2.0.
La direzione investigativa antimafia, nell’ultima relazione inerente l’attività svolta negli ultimi sei mesi del 2012 e pubblicata recentemente on-line sul sito del ministero degli Interni, offre una chiave di lettura a dir poco inquietante: i clandestini “servono” alla criminalità organizzata che ne sfrutta il disagio e la disperazione per lucrare, una volta di più, sul loro tragico destino.
“Le attività info-investigative hanno evidenziato che molti degli immigrati e profughi in fuga da aree politicamente instabili rappresentano il bacino di reclutamento per organizzazioni criminali eterogenee, composte anche da soggetti di altre etnie”. Ma non è tutto, perché al capitolo dedicato all’analisi delle attività della criminalità organizzata nordafricana, la Dia mette nero su bianco il suo allarme: “Questa sinergia criminale, che determina la presenza stanziale di clandestini provenienti dal Nord Africa, spiega perché, ad esempio in Sicilia, Cosa Nostra ne tolleri la presenza, avendo l’organizzazione mafiosa imparato a sfruttarne la manodopera in diversi settori illeciti di basso profilo (lavoro nero nel settore della pesca e dell’agricoltura, sfruttamento della prostituzione, trasporto di stupefacente)”. La collaborazione tra mafia maghrebina ed italiana è solida: “Si è ravvisata inoltre una forma di collaborazione tra gruppi criminali nordafricani ed ‘endogeni’ al fine di favorire l’immigrazione clandestina. La transnazionalità del reato e gli enormi profitti che ne derivano, inducono le organizzazioni del Nord Africa ad organizzazione e gestire flussi di migranti provenienti da quelle aree”. In parole povere, dato che il viaggio sui barconi della mattanza (altro che speranza…) si pagano profumatamente e poiché rimangono i dubbi relativi alla legislazione ed al comportamento dei Stati sul fenomeno comportano quasi una sorta di terra di nessuno da sfruttare, l’affare è a dir poco redditizio. Per gli scafisti da un lato e per le organizzazioni criminali italiane dall’altro che così riescono a contare su un bacino di sventurati praticamente illimitato da consegnare al caporalato oppure allo spaccio di droga. Che fuggono dalla loro patria con il sogno di una vita migliore e si ritrovano a vivere l’incubo della schiavitù mafiosa. Sempre che riescano a sopravvivere alle onde del mare…