L’intervista. Alain de Benoist: “La laicità in Francia e l’individualizzazione della fede”

de_benoistDal Grande Oriente al Front National tutti sono per la laicità. Francia infine unanime, signor de Benoist?

“C’è un relativo consenso in Francia all’idea di separare Chiesa e Stato, ma ci sono modi diversissimi di intendere la laicità. Una laicità aperta: la Repubblica riconosce tutti i culti senza incoraggiarne alcuno, lasciando i credenti liberi di organizzarsi, finché non impongano la loro credenza al prossimo. Ma oggi la laicità è più aggressiva e si collega al laicismo di fine ‘800. Su vari gradi si oppone all’influenza delle religioni, specie rendendole meno visibili. In genere le posizioni oscillano tra le due idee di laicità”.

Le società europee si basavano su ordini atavici: preti, guerrieri, contadini. La questione del ruolo della religione e delle sue interferenze nella sfera politica si sarebbe così acuita senza l’irruzione del Terzo Stato nel 1789?

“Anche nei periodi più ‘pacifici’, i rapporti tra Chiesa e potere politico sono stati raramente buoni. La lotta dei re di Francia contro l’influenza ‘sovranazionale’ della Santa Sede e l’opposizione secolare tra Impero e Papato precedono il 1789. Infatti il cristianesimo ha sempre anteposto l’individuo al cittadino, considerandolo indipendentemente da lui (il ‘popolo di Dio’ non abita nessun territorio preciso). Poiché l’individuo è irriducibile a una comunità politica, ne deriva un nuovo rapporto cittadino-Stato. Il cattolicesimo distingue, non separa, potere spirituale e potere temporale. Subordina solo il secondo al primo. Prova ne è che una legge positiva ritenuta contraria all’’ordine naturale’ è automaticamente vista come illegittima. Perciò spesso nella storia potere religioso e potere politico rivaleggiano. Rousseau non sbagliava notando che ne è derivato un ‘perpetuo conflitto giurisdizionale, che ha reso impossibile ogni buona politica negli Stati cristiani’.

“A ciò si somma il dibattito sulla ‘teologia politica’. La Chiesa è sempre stata divisa tra la tendenza ereditata dal cesaropapismo di Orosio e Eusebio di Cesarea – mantenutasi nell’Impero d’Oriente, mentre in Occidente essa legittimava il potere temporale dei papi – e la tendenza derivata da sant’Agostino, che ricusava ogni possibilità di teologia politica in nome della differenza radicale tra città degli uomini e città di Dio. Dalla fine del XVI secolo, gli Stati europei hanno ideato un inizio di ‘neutralità’ religiosa – secondo il principio ‘cujus regio, ejus religio’ – per chiudere le guerre di religione. A complicare ancora le cose, con la secolarizzazione, molti schemi religiosi sono stati ripresi in forma profana nella teoria moderna dello Stato, pur avendo perso la dimensione trascendente”.

L’arrivo di milioni d’immigrati di cultura o confessione musulmana rinnova il dibattito, che in realtà è obliquo, concernendo in primo luogo l’Islam, ma senza dirlo.

“E qui la laicità ‘aperta’ si fa laicismo aggressivo. Il documento della laicità esposto nelle scuole francesi è soprattutto per i musulmani. Idem l’aver instaurato una polizia degli indumenti, che personalmente deploro. Perché estendere ad alunni e genitori l’obbligo di abiti neutri, già imposto ai docenti e al pubblico impiego? Il foulard islamico (non dico il burqa) non mi urta più del foulard delle nostre nonne, della cornetta delle suore, della papalina degli ebrei ortodossi, dei calzoncini di cuoio tirolesi. Mi disturba meno dei jeans, delle tee-shirts con scritte in inglese e delle felpe col cappuccio! Prendersela con l’abbigliamento è il modo più stupido di risolvere i problemi dell’immigrazione”.

Tra globalizzazione e consumismo, la religione che cosa offre alla quotidianità? E a pagare il suo apporto sarà la laicità, che tutti rivendicano, ma nessuno sa definire?

“Concordo con Marcel Gauchet: siamo nell’era dell”uscita dalla religione’. Non che nessuno creda più in Dio; non che i credenti debbano continuamente diminuire. Ma per la prima volta il religioso non struttura più lo spazio sociale e politico, non ne dà i valori essenziali, non fornisce la norma che ingloba l’esistenza collettiva. La religione non scompare, ma l’organizzazione religiosa esce dalla società: la fede si riduce a un’opinione come tante. Oltre al privatizzarsi, c’è l’individualizzarsi della fede (ognuno sceglie le sue credenze). La Chiesa conosce il rischio di quest’evoluzione. Si propone come ‘autorità morale’ o ‘esperta d’ umanità’ per riavere la visibilità che le consenta d’intervenire sul quotidiano. Ma così la Chiesa diviene concorrente dell’Islam e antagonista del laicismo. Insomma, le acque non si calmano”.

*da www.bvoltaire.fr

@barbadilloitde_benoist

 

Nicolas Gauthier

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