La presenza di basi americane sul proprio territorio è ancora un deterrente per la propria difesa? Ultimamente se lo chiedono in molti, soprattutto i Paesi arabi che sull’ombrello americano hanno investito molto della loro strategia difensiva. Il dubbio non nasce da cambiamenti nel mondo, né dalla politica apparentemente strampalata di Trump. Nasce da fatti che hanno coinvolto il Qatar, l’alleato statunitense più stretto della Regione. Il Qatar, infatti, ospita la base di Al Udeid, uno dei presidi militari americani più grandi e strategicamente importanti nella regione.
Missili sulla base aerea
Il primo fatto è l’attacco missilistico iraniano del 23 giugno proprio contro la base aerea di Al Udeid. L’attacco è stato una risposta a operazioni militari degli Stati Uniti contro le strutture nucleari iraniane del 22 giugno, nell’ambito della guerra tra Iran e Israele. Il secondo fatto è avvenuto, sempre in Qatar, il 9 settembre, quando le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno condotto un attacco aereo nel quartiere di Leqtaifiya, a Doha, per uccidere i capi di Hamas, che trattavano il cessate il fuoco per Gaza.
La dissuasione sempre meno efficace
Il primo fatto è una replica agli americani su suolo straniero; il secondo un attacco di un alleato degli Usa su un territorio che gli americani sono chiamati a difendere, già solo con la loro presenza. Sono precedenti che incrinano l’immagine della deterrenza americana. Così l’Arabia Saudita ha siglato un patto di difesa col Pakistan, uno dei nove Paesi con bombe nucleari. Riad è legata da quasi un secolo agli Usa, ma il primo allontanamento era avvenuto con l’ingresso dei sauditi nei Brics+. Il nuovo rapporto col Pakistan marca ulteriori distanze dagli americani. Per gli Usa il Medio Oriente è sempre più spinoso.
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