
A 60 anni dall’unico tour italiano dei Fab Four, che tocca solo Milano, Genova (scelta da John, Paul, George e Ringo, perché la “più inglese” e simile a Liverpool) e Roma, rimane il ricordo di un evento che continua a far sognare intere generazioni.
Diretta Rai? Mai!
In piena “beatlesmania” mondiale, la decisione del democristiano Ettore Bernabei, direttore Rai, di non far riprendere il concerto, convinto com’è che nel giro di pochi mesi quel complesso di capelloni sarebbe sparito dalla scena, dimostra come si guardasse con sospetto questo fenomeno musicale rivoluzionario. Ciò rende il clima culturale conservatore dell’Italia degli anni ʾ60.
George Harrison si tuffa a Sori
In Vietnam si combatte e anche nel Congo. Ma quelle guerre paiono così lontane. Assediati da centinaia di fan, i Beatles arrivano la sera del 25 all’Hotel Columbia di Genova, provenienti da Milano. Di George Harrison si racconta che fa un bagno nel mare di Sori e che poi tutti insieme, nella notte, raggiugono le alture di Genova per ammirare il porto illuminato.
Due concerti in poche ore
Ma il momento più atteso è il sabato 26 giugno dell’esibizione al Palazzo dello Sport della Foce, che si articolà in due concerti distinti nella stessa giornata: il primo, pomeridiano, alle 16:00, con circa cinquemila spettatori; il secondo, serale, che ne richiama circa quindicimila. Io partecipo all’esibizione pomeridiana, avendo prenotato con largo anticipo un buon posto nella platea centrale, non lontano dal palco.
Mi sento in bianco e nero
Non so perché, ma, tornando con la memoria a quell’evento, i ricordi scorrono nella in bianco e nero. Dopo una prima parte “obbligata” (per occupare il tempo di un concerto che, alla fine, i Beatles concludono in poco più di 40′, con 12 canzoni), in cui si alternano sul palco Peppino di Capri, i New Dada, Fausto Leali e altri, si giunge al clou della serata.
Sono attorniato da coetanei giovanissimi, in parte accompagnati da adulti, e ragazzine “possedute”, l’esplosione di entusiasmo raggiunge un alto livello di decibel già nell’intervallo, quando viene montata sul modesto palco la batteria di Ringo Starr, per sconfinare in delirio all’apparizione dei quattro idoli inglesi.
Un nuovo stile di vita
L’amplificazione modesta e inadeguata dell’epoca, oggi appena sufficiente per uno stereo hi-fi di buon livello, viene coperta da grida, mentre l’esibizione è costantemente disturbata dall’intervento dalle forze dell’ordine, occupate a frenare l’avanzare del pubblico e ad aiutare alcune ragazzine in crisi di svenimento o pianto.
Uno spettacolo deludente? No. Difficilmente, negli anni a seguire, ho assistito a un concerto così coinvolgente e carico di energia. Quella giornata rappresenta anche per i genovesi, com’è già avvenuto in gran parte del mondo, l’ingresso nella modernità musicale internazionale e un ponte per un nuovo stile di vita per tutta la gioventù.
In quei giorni del ’65 ero a Genova, solo che non c’erano più ingressi disponibili.
Avevo 13 anni, ero a seguito di mia madre, entrambi ospiti di parenti che ignoravano anche l’esistenza del rock melodico e figuriamoci del gruppo inglese…
Non avevo la minima libertà di movimento autonomo, però mia madre, impietosita dalle mie lagne, era disponibile a farmi andare… zero possibilità di ingresso.
La mia era curiosità, pur non distinguendo un’armonica a bocca da una fisarmonica, figuriamoci una chitarra solista da un basso elettrico.
Eugenio Bellentani