
Uno dei motivi principali dell’attacco di Trump all’Iran è ribadire la forza militare per riconquistare la “fiducia” del mondo, o di una parte di esso, verso i simboli dell’economia americana, costituiti dal dollaro e dai titoli del debito pubblico.
In realtà non sono solo simboli, perché il dollaro perde rapidamente la condizione di valuta di riserva e di scambio internazionale; una condizione che permetteva alla Federal Reserve di stampare dollari a piacimento per finanziare la spesa federale americana, dunque per coprire le spese militari, per fare giganteschi salvataggi come nel caso delle banche dopo il 2008, per stimolare i consumi interni con continui incentivi e per evitare di aumentare le imposte.
Oggi questa prerogativa, di fatto, non esiste più: solo nei confronti dell’euro il dollaro è ormai ben sotto la parità, con un cambio sceso da 0,95 a 0,86 in pochissimo tempo. E non si tratta solo di una manovra di voluta svalutazione ma, di vera perdita di credibilità, ancora più marcata verso altre monete.
In queste condizioni, se gli Stati Uniti emettessero carta moneta per affrontare la crisi – non lo fanno dal 2020 – è probabile che il dollaro perderebbe ancora valore.
Un titolo a 10 anni al 4,85!
Nel caso del debito, la situazione Usa è ancora più critica. Oggi, per collocare un titolo a dieci anni, il Tesoro degli Stati Uniti deve pagare il 4,38% contro il 2,53% della Germania, l’1,69% della Cina e l’1% del Giappone. In un anno,, per effetto di ciò, il costo degli interessi è passato da 753 miliardi a 1235 miliardi di dollari, superando ampiamente la spesa militare.
Di fronte alla fine della capacità di essere considerati beni rifugio da parte dei simboli degli Stati Uniti, dollaro e debito, Trump ha pensato di persuadere il mondo del “primato” Usa, mettendo in campo la potenza militare, ormai l’unico vero elemento di forza degli Stati Uniti, che però sanno, a queste condizioni, di potersi permettere ancora per poco.
Beni rifugio: ma dove?
Questa soluzione non funzionar e, probabilmente, non funzionerà più, perché nella percezione globale, al di là del servilismo europeo, Trump non guida più una nazione in grado di fornire beni rifugio. E allora, uno che si è messo in testa quel cappellino, che è attaccato dai grandi fondi finanziari, spaventati dalla crisi del capitalismo, dal presidente della Fed, terrorizzato dai conti federali, e che non dispone di ricette credibili come dimostra la vicenda dei dazi, rischio ogni volta di tentare un rialzo, da vero giocatore d’azzardo, aumentandola dose di utilizzo di forza militare. Fino all’apocalisse?