
Cantano vittoria tutti dopo il cessate il fuoco, non si sa quanto stabile, imposto da Trump. Il presidente statunitense si dichiara convinto di avere stroncato per sempre il programma nucleare iraniano; Israele parla di un’operazione eroica e militarmente perfetta; l’Iranil regime celebra la vittoria contro l’aggressione sionista. Ma nessuna delle parti avrebbe motivo di essere pienamente soddisfatta di come sono andate le cose.
Chi ha le mani libere…
Comunque è Israele ad avere ottenuto il risultato più consistente, dimostrando una volta di più che, nella regione mediorientale, può fare ciò che vuole: attaccare uno Stato sovrano, senza incontrare grandi resistenze militari né subire, al di là di qualche reprimenda di Cina, Russia e Paesi arabi, alcuna condanna nel mondo occidentale che, nella sua interezza, ha giustificato i suoi bombardamenti, in quanto finalizzati a garantire la sicurezza dello Stato ebraico, in nome della quale tutto passa in secondo ordine.
Tel Aviv può, come negli ultimi mesi, attaccare il Libano, occupare una porzione di Siria, colonizzare ulteriormente la Cisgiordania e portare avanti una guerra di sterminio a Gaza. Per quest’ultimo tragico avvenimento si sono sì sentite alcune parole di rimprovero in Europa, ma nessuno dei governi ha proposto qualcosa di concreto per porre fine al massacro. Sanzioni, elargite verso tutti gli Stati del mondo non allineati all’Occidente, non ne sono state prese.
… E gli Usa che si adeguano
Il risultato maggiore ottenuto da Tel Aviv è avere coinvolto gli Stati Uniti in una guerra non preventivata. L’attacco di Israele è iniziato il 13 giugno, due giorni prima della data in cui era stata convocato un incontro diplomatico tra Iran e Usa, all’interno della trattativa promossa da Washington intorno alla questione nucleare. Israele, così, ha cancellato questa eventualità, ponendo Trump di fronte a un fatto compiuto che vanificava il suo progetto. Eppure, il presidente Usa, così apparentemente decisionista e unilaterale, ha fatto buon viso a cattivo gioco, magnificando l’operazione militare israeliana. E non solo: ha messo alla fine in azione addirittura i bombardieri B-2 Spirit, con le loro potentissime bombe anti-bunker, onde portare a termine il lavoro che le pur ipertecnologiche armi israeliane non erano riuscite a completare. Il presidente “mago delle trattative” si è così trasformato nel presidente bombardiere.
Scudi che scudano in parte
Anche Israele ha avuto bisogno degli Stati Uniti per venire a capo delI’Iran. Un conto è attaccare Hezbollah, un altro è piegare un Paese di 80 milioni di persone con una grande profondità strategica, situato a migliaia di chilometri di distanza. Un’altra brutta sorpresa gli israeliani l’hanno scoperta, verificando che i loro scudi di difesa missilistici non sempre scudano. Certo, gli israeliani hanno fatto danni molto più pesanti di quelli subiti. La resilienza della popolazione israeliana non è però quella degli iraniani. La società israeliana dfficilmente sopporterebbe morti e distruzioni per un lungo periodo. La difesa aerea costa moltissimo: secondo il quotidiano finanziario israeliano The Marker, ogni giorno la spesa per gli intercettori si aggirava sui 285 milioni di dollari (e le scorte degli stessi missili stavano esaurendosi).
Perdere la faccia
Trump ha sconfessato anni di propaganda e promesse: non intromettere il suo Paese in una guerra lontano da casa, a differenza dei neocon, tanto democratici come repubblicani. Anche se è vero che il suo cessate il fuoco, se terrà, è inteso a circoscrivere l’attacco a un episodio isolato e quasi irripetibile. Nella base e tra alcuni leder del movimento Maga, come l’influente Steve Bannon, le critiche non sono comunque mancate e il presidente non può non tenere conto del calo dei suoi consensi.
Soprattutto, l’agenda in Medio Oriente la detta Israele. Alla fine, la storia lo dimostra. Un piccolissimo Paese manovra un gigante. Da che cosa ciò dipenda, andrebbe ricercato fra le questioni religiose, culturali, etniche e lobbistiche.
Teheran non si è arresa. Ha dovuto però constatare la sua assoluta inferiorità militare nei confronti di Tel Aviv. La sua aviazione e la sua contraerea sono state messe subito fuori gioco, mentre il suo tessuto sociale è risultato molto permeabile da agenti a libro paga del Mossad. Il regime può proclamare di non avere piegato la testa, ma ha subito colpi pesanti, sul piano delle risorse e, soprattutto, su quello umano, con l’assassinio di numerosi esponenti dell’establishment militare, politico e scientifico.
Dare tempo al tempo
Rimane la questione del programma nucleare che Teheran vuole proseguire a scopi civili. Trump assicura che le centrali atomiche sono state messe del fuori uso e che l’Iran non potrà mai più ottenere la Bomba, ammesso e non concesso che in questi ultimi anni abbia cercato di fabbricarla. Gli esperti sono ben più cauti e non si sbilanciano. E se le convinzioni del presidente Usa fossero sbagliate e il livello di arricchimento dell’uranio tornasse, in un tempo non lungo, al livello di prima? A quel punto cosa farebbe Israele che sostiene di non poter sopportare un tale livello, anche se l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dichiara che non ci sono prove del tentativo di costruire ordigni nucleari? Cercherebbe, con l’aiuto decisivo degli Usa, di invadere il lontano Iran, che ha alle spalle millenni di storia, omogeneità etnica e religiosa e sistema istituzionaleen diverso dalla dittatura di un solo uomo, come stoltamente viene ripetuto. Sul piano militare gli invasori prevarrebbero, ma a quale prezzo di sangue e con quali conseguenze politiche susseguenti? Improbabile che un Netanyahu o un Trump si gettino in questa impresa.
Unico e… irripetibile
Ma abbiamo un sospetto su ciò che deciderebbe Tel Aviv. Non siamo sicuri, osservando il macello che sta perpetrando a Gaza, che lo Stato ebraico si farebbe un divieto morale di usare l’arma nucleare. Se ciò dovesse avvenire, i governi occidentali lo giustificherebbero, dicendo che si tratta di un’atomica tattica e non strategica e di un colpo unico e irripetibile.
Sono personalmente, ed ovviamente, disgustato. Tutto va per il peggio, forse non per la Cina…
No, no, Trump non è sconfitto, è riuscito ad imporre almeno una tregua e vedremo se reggerà, certo. Non è entrato in guerra contro l’ Iran, ha bombardato alcuni siti militari e anche dove si presume si lavori al nucleare. Le basi Usa colpite dall’ Iran sono state una piccola sceneggiata visto che Trump ne era informato. Morale: lui ha preso a ceffoni entrambi imponendo il cessate fuoco aiutato da Putin. Certamente riguardo la striscia di Gaza, Israele sta andando oltre l’ accettabile e andrebbe fermato. Chi lo deve fare? L’ Europa dei nani? L’ America e vedremo
Prima o poi, non la mia generazione, dovrà risolvere il problema di Israele, oggi il maggior ostacolo alla pace, pur sapendo che la pace è un traguardo ideale, ma sempre temporale… Il problema è che Israele dispone dell’atomica e, col suo fanatismo da ‘popolo eletto’, non si farebbe scrupoli ad usarla..
La tregua non serve a Bibi, perchè la sua idea (condivisa da molti) è che Israele prospera solo in un continuo stato di guerra. Strisciante, con acuti, con pause, ma pur sempre guerra…