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Spadolini 100. Ragazzoni: “Non era né mazziniano né garibaldino”

Storico, giornalista, professore universitario, due volte presidente del Consiglio, presidente del Senato, senatore a vita e più volte ministro

by Michele Salomone
23 Giugno 2025
in Politica
4
Giovanni Spadolini

Quando declamava di Risorgimento, talmente si appassionava all’argomento, che i suoi occhi brillavano. La cultura era il suo habitat naturale. Ci riferiamo a Giovanni Spadolini di cui quest’anno ricorre il Centesimo Anniversario della nascita. Storico, giornalista, professore universitario, due volte presidente del Consiglio, presidente del Senato, senatore a vita e più volte ministro, nel paese delle memorie volutamente smarrite, in pochi ricordano solo lo Spadolini politico, per nulla lo Spadolini storico ed autore di numerosi libri sul Risorgimento.

Esaminiamo la figura con lo storico Achille Ragazzoni.

Dottor Ragazzoni, il giovane Spadolini, nel secondo dopoguerra, riguardo talune collaborazioni giornalistiche spazia da sinistra al centro e a destra? Perché?

“Lui collaborò, sia a ‘Il Borghese’ che a ‘Il Mondo’, poi si spostò al centro strizzando moderatamente l’occhio alla sinistra moderata (il gioco di parole è voluto), io direi che aveva capito per tempo in quale direzione tirava il vento…”.

Parliamo di Spadolini giornalista.

“Vorrei soffermare l’attenzione sullo Spadolini direttore: soprattutto per quanto riguarda la parte culturale, la cosiddetta ‘terza pagina’, ‘Il Resto del Carlino’ e il ‘Corriere della Sera’ da lui diretti erano prodotti indubbiamente d’eccellenza”.

Cosa emerge dalle opere di Spadolini storico del Risorgimento?

“A soli 23 anni pubblica tre libri storici, mai più ristampati, che indicano una notevole maturità e che, conoscendo l’età dell’autore, fanno rimanere a bocca aperta. Il filone di ricerca sul quale i suoi lavori sono tuttora insuperati e credo che lo saranno ancora per parecchio tempo, è quello sui rapporti tra Stato e Chiesa. Notevoli anche quelli sul Risorgimento a Firenze, città che amava oltre ogni dire: qui riesce a far brillare argomenti apparentemente di storia locale, di una luce italiana e talvolta addirittura europea. Vista la totale ignoranza oggi imperante sul Risorgimento consiglio, a giovani e meno giovani, la lettura del libro divulgativo ‘Gli uomini che fecero l’Italia’, tanto per cominciare”.

Riguardo un libro, l’organo del PCI, “L’Unità”, il 13 ottobre 1987 scrisse:

“Giovanni Spadolini nel 1950 pubblica finalmente ‘il papato socialista’, una vera e propria pietra miliare nella storia della demenzialità, paragonabile solo a ‘Animai House’ di John Belushi”. Un suo commento.

“Non riesco a capire il sarcasmo su quel libro, ancora valido a settantacinque anni dalla sua prima edizione. Mostra come i cattolici si opposero coi fatti allo Stato liberale: all’epoca la Destra Storica veniva, non del tutto a torto (anche dai mazziniani, non solo dai cattolici), accusata di disinteressarsi dei problemi delle classi meno agiate e da questa considerazione il mondo cattolico partì per arrivare a formulare la Dottrina Sociale della Chiesa”.

Come analizzò, Spadolini, i Padri della Patria, Cavour, Re Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Mazzini?

“Quello con cui si trova più in sintonia è Cavour, profondo rispetto per Vittorio Emanuele, Mazzini lo ha capito benissimo, anche in profondità, ma non gli piace, mentre gli piace Garibaldi che, a mio avviso, non lo ha capito. Per esempio privilegia una sorta di filo diretto tra Garibaldi e Cavallotti, rendendo il Nizzardo quasi un padre nobile dei radicali, ma il filo diretto tra Garibaldi e Crispi, tra Garibaldi e Cairoli? Forse che qualcuno era più garibaldino di un altro?”.

Spadolini storico pro o contro il Risorgimento, o a-risorgimentale?

“Spadolini era assolutamente a favore del Risorgimento. Qualche atteggiamento contraddittorio forse gli proveniva dall’aver voluto filtrare l’epopea attraverso l’interpretazione di Oriani e di Gobetti (due punti di vista, oltretutto, inconciliabili); qualcheduno lo definì neogiolittiano e non sbagliò di troppo il bersaglio. Di sicuro non era né mazziniano, né garibaldino…”.

Se era a favore del Risorgimento, perché scelse il PRI, partito che fin dal secondo dopoguerra aveva seppellito l’dea risorgimentale?

“Il Risorgimento deve essere retaggio di tutti gli italiani. Nel PRI c’era una forte componente risorgimentale, rappresentata dai mazziniani e dai cosiddetti ‘repubblicani storici’, peraltro una minoranza in quel partito, che io conobbi assai bene dall’interno. Spadolini, che peraltro mazziniano non era, nel Risorgimento credeva assolutamente, non scherziamo…”.

Estate 1981: Spadolini Presidente del Consiglio si distinse per la lotta alla loggia P2, la moralizzazione della vita pubblica, il rigore dei conti pubblici, lotta al terrorismo. Nel maggio 1982 venne approvata una legislazione alquanto premiale per i “terroristi pentiti”. Fu la fine dello Stato. Dove finì il rigore sbandierato da Spadolini?

“Purtroppo quando fai politica devi scendere a compromessi, cosa si sia mosso dietro le quinte per arrivare a quella vergognosa legislazione, che resuscitava gli impuniti dello Stato Pontificio, non lo sappiamo e non lo sapremo forse mai. Magari non è stata colpa solo di Spadolini…”.

Negli anni Ottanta venne rimproverato a Spadolini, dal leader di Democrazia Proletaria, Mario Capanna, passato fascista-repubblicano:

“Il repubblichino Spadolini. Scritti giovanili”, è il titolo di un opuscolo curato proprio da Democrazia Proletaria. Ma già settimanale “Il Borghese” nel 1972 aveva reso noto i detti scritti.

“Spadolini in anni giovanili scrisse, nel periodo della RSI, articoli che non brillavano certo per moderatismo. Quando i suoi avversari li rispolverarono, rispose molto male, con una logica che ricordava quella del signor Veneranda di manzoniana (Carletto, non Alessandro…) memoria”.

Perché non vi fu una levata di scudi da parte dell’antifascismo nei confronti di Spadolini? In cosa era differente l’antifascismo dell’epoca da quello odierno?

“L’antifascismo senza fascismo, a 80 anni dalla fine di Mussolini, fa ridere. per non dire che fa pena, e recentemente Padellaro lo ha messo alla berlina nel suo libro ‘Antifascisti immaginari’. All’epoca parecchi politici avevano militato nel Partito Nazionale Fascista o nel Partito Fascista Repubblicano, addirittura nelle correnti più estremiste di questi partiti, quindi conveniva a molti, come si dice in latino, sopire negotium…”.

L’ultima immagine che abbiamo di Spadolini ci riporta al 16 aprile 1994.

Dal suo volto trasparve sorpresa, amarezza e forse sofferenza – si spegnerà il 4 agosto successivo – per la mancata elezione a Presidente del Senato, sconfitto con un solo voto di scarto dal candidato del Centrodestra berlusconiano Carlo Scognamiglio. Sbagliò qualcosa Spadolini in quella circostanza?

“La Destra, allora non aspettava altro che lui chiedesse ufficialmente i suoi voti, e allora sarebbe stato eletto pressoché all’unanimità. Non lo volle fare e ne pagò il fio, finendo in maniera assai triste, Per me avrebbe meritato una fine migliore, sarò sincero”.

Michele Salomone

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Tags: giovanni spadolinimichele salomone

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Comments 4

  1. Guidobono says:
    3 settimane ago

    Era un pallone gonfiato di arroganza e superbia. Trattava malissimo chiunque senza ragione. Si sentiva ‘lo Stato’ come Luigi XIV. Più che colto erudito (sbrodolone, prolisso)… Scarso come storico (informe come la sua sessualità), mangiatore compulsivo… e politicamente uno dei simboli peggiori della I Repubblica!

  2. Cecco Leoni says:
    1 settimana ago

    Guidobono, la critica a Spadolini va bene, era come dice lei. Quella a Mazzini è invece buttare il bambino con l’acqua del bagno. Così facendo non rimane che fare il tifo per un “capo carismatico”, erezione mattutina di un narcisista il cui carisma sta tutto nel calpestare vermi. Cascheranno in questa trappola forse i bolognesi decerebrati dai controriformatori, ma non i toscani. Tanto più che l’ “etica protestante” ultimamente si è ripresentata a Roma a lucrare indulgenze per i disastri che combina. Il tema del “capo carismatico” si trova egregiamente precisato ai canti VIII e in quelli adiacenti (VII, IX e X). Altro che Weber. Basterebbe osservare che Benigni non è arrivato in Purgatorio, facendo proprio su questo un autogol più clamoroso di quello del carrarmato. Sarebbe un 3 a 0, stando alla metafora calcistica, auspisce la sfera rotolata dalla Fortuna.

  3. Guidobono says:
    7 giorni ago

    Non capisco che cosa c’entrano Weber, l’etica protestante, indulgenze, calcio e …Benigni! Mazzini era un noioso predicatore massone amante delle maiuscole e con la vocazione al martirio (più dei suoi seguaci che propria). Saluti!

  4. Cecco Leoni says:
    5 giorni ago

    La fortuna altrui produce naturalmente “biasmo a torto e mala voce” (Inferno VII). Naturalmente ci fu chi mise in giro ogni genere di pettegolezzo: che Mazzini era massone, che mandava gli altri al macello, che era un “terrorista” (Barbero). Per fare rete ci vuole una teoresi e l’unica a disposizione, pure di alto livello, è quella mazziniana, odiata dai cattolici perché in grado di affermarsi a livello popolare, come fece per tutto l’Ottocento. E non per le maiuscole e i toni da melodramma, ma per il suo razionalismo, un portato dello spiritualismo francescano. Se si spolvera anche poco si vede che le radici di Mazzini attingono alla vera sorgente del campo italiano: Dante, che sta a Mazzini come la pietra sta all’edificio. La citazione di Weber e del “capo carismatico” e l’accenno a Benigni e alla perfida operazione anticulturale condotta dalla banda Renzi/Franceschini/Giani e compagnia non cantante per il Settecentenario, in risposta ad un vecchio intervento sulle elezioni in Toscana. Ora è fissata la data per le prossime, in ottobre (il 12 o il 19, devono ancora decidere).

    Dopo il fascismo, il pensiero mazziniano, già poco conosciuto, fu castrato dagli stessi mazziniani (qui c’è la base seria della critica a Spadolini) e da tutti quelli che si vergognavano della mistica fascista, che di quella mazziniana fu erede diretta, legittima, ma fatalmente più superficiale e battuta in breccia dalle parrocchie. Forse la tarda enfasi legislativa sul teatro fu una conseguenza della diatriba con l’ Azione Cattolica, ma qui è solo una ipotesi.

    Me lo permettano gli amici di Barbadillo: intitolarsi ad un calciatore è sintomo di mancanza di teoresi: ci si riduce a fare il gruppo dei tifosi di qualche sfera rotolante qualsiasi. Ma quando si maneggiano insiemi complessi, la mancanza di teoria è licenza di teppismo. Ne ha fatto le spese Giuli subito dopo la nomina.

    Fate una ricerca con “Rita Levi Montalcini”, premio Nobel, illustrissima, tagliente, geniale, senatrice a vita, onore della Patria con la maiuscola, su quel cesso di abusi di Facebook e vedete come funziona la vera teoresi, che viene di sicuro a fiutare come una volpe anche qui cosa si divertono a prendere a calci i calciatori della Patria sapendo che, finché si limitano a questo, sono pittoreschi e inoffensivi.

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