
A fine anni di piombo, collaboravo con Laura Ferrando e Lino Cavanna. Con Laura e Lino, ci dedicavamo a “provarla [la destra] nuova”.
A Genova, altri, su altri fronti, facevano scelte estreme e venivano snidati nei covi: non avevano avuto pietà, non trovarono pietà. Altri ancora, senza qualità, ammuffivano in sedi di partito, i cui muri intimavano inutilmente: “Non aver paura di aver coraggio!”. O auspicavano un ossimoro: “Nostalgia dell’avvenire”. Parole che suonavano bene, ma chi le prendeva sul serio? Suonavano retoriche come “Veniamo da lontano, andiamo lontano”, che era un motto del Pci, non di un maratoneta.
Noi invece eravamo seduti in un bar. Lì’ impostavamo/importavamo nuove forme, nuovi aggettivi. Il ‘900 infatti cominciava a scricchiolare, come noi avremmo voluto. Speravamo che la Guerra fredda, finendo, avrebbe rimesso l’Europa al centro del mondo, e l’Italia al centro del centro. Neanche noi ci sottraevamo alle illusioni.
Ogni tanto capitava tra noi Romana Cavanna: capelli a caschetto, discreta, briosa, tratto determinato che dava ed esigeva coerenza, in sintonia perfetta coi nostri fumosi propositi. Ma a lei forse sembravano più nitidi che a noi.
Da bimba, aveva visto la guerra; da scolara, l’epurazione, che colpiva i fascisti più in quanto poveri che in quanto nostalgici. Ventenne o poco più, aveva osservato la contestazione giovanile di chi era nato ricco, mentre lei doveve ascoltare marce un po’ goffe (“Una maschia gioventù …”), quando avrebbe preferito nuove canzoni.
Eppure tu, Lino, Laura e io credo che, a Romana, una speranza l’avessimo data, facendola sorridere nei giorni in cui anche ad alcuni di noi pareva possibile “vietato vietare”. Trasgressione era anche libertà.
Dietro ai luoghi comuni dell’antifascismo, c’era anche il suo antidoto, l’anti-antifascismo. Romana lo riconosceva, dote rara in quegli anni di riflusso tra chi sognando la prefigurazione di una destra nuova in un medioevo da romanzo o in un rinnovato salazarismo democristiano di marca polacca.
Romana sapeva che non si vive guardando indietro. Nell’ultimo decennio di vita, Romana ha visto il figlio adorato assurgere a grande ufficiale dello Stato, ha avuto emozioni tra la Provenza di Cavalaire e le 5 Terre, è stata così compensata, in età, di tante amarezze giovanili.
Giovane sempre, per temperamento, riposa in pace, Romana, ti ricorderemo.
*Tra i fondatori dell’Elzeviro
E’ terribile nascere e vivere già da esuli in patria, pur con tante belle idee in testa, che per te (anche se non lo sai ancora) sono solo foriere di odi e ingiusto disprezzo.
Ci ha un po’ salvato la nostra ingenua illusione che prima o poi anche “loro” avrebbero capito, avremmo potuto “portare la nostra pietra al cantiere” e collaborare a ricostruire quel grande monumento incompiuto e così terribilmente profanato.
Comunque uno scopo di vita l’abbiamo trovato quantomeno in un comportamento il più coerente possibile e nel doloroso orgoglio d’un grande amore per ciò che conta davvero nella vita: una severa e fedele ricerca della Bellezza e della Giustizia.