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“L’aeroplanino di carta e gli albori dell’aeronautica”: Curzio Vivarelli e l’editoria alata

Il fatto storico è acclarato: Otto Lilienthal, Etienne Jules Marey, e persino un certo Arnold Böcklin costruirono aeroplanini di carta per indagare quello che allora era un mistero: il sostentamento dei volatori "più pesanti dell'aria" attraverso le ali

by Marco Spada
7 Giugno 2025
in Cultura, Libri
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“L’aeroplanino di carta e gli albori dell’aeronautica” di Curzio Vivarelli

“L’aeroplanino di carta e gli albori dell’aeronautica” è un agile libretto di sole 46 pagine con il quale Curzio Vivarelli, già a suo agio nell’annotare pensieri beethoveniani e nello scrivere racconti o saggi di varia natura, letteraria e/o artistica, torna al suo primo mestiere che è quello di redattore tecnico automobilistico e motociclistico. E qui, per la precisione, egli riveste i panni dell’esperto costruttore e storico degli aeroplanini di carta. 

Il tema del libretto, con quell’“aeroplanini di carta” già nel titolo parrebbe puerile, ma ciò vale per i lettori superficiali, i quali sono naturalmente la maggioranza in ogni paese, pur se qui, nella nostra penisola, alla superficialità si aggiunge una sorta di beata trascuratezza e di saccenza. Eppure, il fatto storico è acclarato: Otto Lilienthal, Etienne Jules Marey, e persino un certo Arnold Böcklin costruirono aeroplanini di carta per indagare quello che allora era un mistero: il sostentamento dei volatori “più pesanti dell’aria” attraverso le ali. Ed è pure acclarato che furono, ben prima dei veri aeroplani, proprio gli aeroplanini di carta a volare, precedendo in ciò di buoni dieci anni il fatidico volo dei fratelli Wright con il loro apparecchio biplano spinto dalle eliche nel dicembre del 1903.

Il libretto esamina, dunque, con precisione storica, essendo stato condotto attraverso la lettura di documenti originali della seconda metà dell’Ottocento, come si arrivò ad usare per uno studio assai serio questo mezzo assai semplice e piuttosto scaduto in ogni dove a passatempo. Un passatempo per scolaretti in vena di tiri mancini ai loro professori o a chi avesse dovuto raccattare nei giardinetti delle vie parigine le “flèches en papier” che si conoscono in ogni scuola d’Europa, lanciate con scanzonata allegria dalle finestre per la gioia di veder la schiena del giardiniere piegarsi imprecando a toglier dalle siepi e dai cespi di rose l’impertinente aeroplanino bianco che disturba le dolci armonie di colori care ai pittori “impressionisti”.

Si può tranquillamente affermare che è stato anche grazie a questi graziosi e modesti modelli alati se ingegni coraggiosi come quelli nominati sopra sposarono la dura e difficile causa del “più pesante dell’aria” di contro al momentaneo trionfo del “più leggero dell’aria” simboleggiato dai sonnolenti e ballonzolanti palloni aerostatici, che intorno al 1880-90 erano ormai perfezionati ed avevano anche trovato il loro impiego militare nei voli di ricognizione sui campi nemici: i francesi li usarono nella guerra contro i prussiani del 1870. Sostenersi nel vuoto grazie all’azione aerodinamica della portanza, deve convenirsi, è assai più difficile, anche dal punto di vista dei calcoli matematici, che non affidarsi al solido principio di Archimede che esplica il galleggiamento in balìa delle correnti di mongolfiere e dirigibili. 

Storie di pionieri insospettabili

Fra i pionieri nominati, il medico e fisiologo Etienne Jules Marey è pure una vecchia conoscenza degli appassionati dell’arte d’avanguardia: le sue sculture di gabbiani in volo (1887) conservate al Collège de France dànno ai francesi l’orgoglio di dire che son’essi a precedere Boccioni e Balla nella scultura futurista e dinamica! Tanto per contemplare degli estremi è assai curioso che persino un pittore classico e legato al passato come pochi qual era Arnold Böcklin si sia messo pur lui, da altra prospettiva naturalmente, a precedere i nostri strepitosi futuristi su d’una strada che se non è quella dell’aeropittura tuttavia con aria e volo ha sicuramente molto a che fare…

Si è detto delle sculture dinamiche di Marey: va da sé, o volendo far gli snobisti: il va de soi, che Curzio Vivarelli abbia pubblicato qualche tempo addietro un libretto tramite il quale, ritagliando le silhouettes dalle pagine, e usando colla e pazienza, si ricostruiscono due esemplari di ciascuna delle due celebri sculture del Marey. Altrettanto è cosa ovvia dire che la tecnica dispiegata da Curzio Vivarelli nel ricostruire le sculture di Marey è praticamente la stessa che egli ha usa per costruire gli aeroplanini di carta. È pure chiaro che la Bibliothèque Nationale de France e l’Institut National d’Histoire del l’Art, (lo INHA) abbiano immediatamente acquistato dall’editore le copie canoniche di questo libro sulla gloria nazionale che fu Marey! E tanto per rassicurare il lettore che volesse esser certo della competenza in materia del nostro autore sui suoi argomenti, anche le biblioteche americane di  Harvard, di Princeton, della Columbia University, di Yale han acquistato per le loro collezioni l’opera su Marey. 

Un avviso ai pilotanti

Il libro sugli aeroplanini di carta ai tempi della nascente aeronautica è tuttavia un’opera più storica che non tecnica. Un bravo modellista può immediatamente ricostruire gli aeroplanini di Lilienthal e Marey, ma pure di Waldemar Geest, medico, di Igo Etrich, ingegnere tessile, e del matematico Frederick Lanchester attraverso le esatte e condensate istruzioni che vengono date dall’autore lungo le pagine, ma il racconto prevale sempre e si distende sotto la prospettiva del panorama storico.  Non viene nominato qui alcun modello da ascrivere a Böcklin; perché? Il grande pittore di Basilea lasciò fra le sue carte diversi disegni di macchine volanti ma solo un paio di schizzi che riguardassero i suoi esperimenti con dei rettangolini di carta variamente piegati da far scivolare nell’aria in volo planato. Purtroppo, da questo paio di schizzi, se apparirebbe anche possibile ricostruire un barlume di macchinetta planante (e il condizionale qui è d’obbligo), non viene tacitato lo scrupolo storico e filologico di chi è stato abituato da Marey e da Lilienthal, a vedere un disegno chiaro dal quale ricostruire univocamente l’apparecchio.   

Il libretto si presenta in una veste semplicemente elegantissima; si vede che l’autore è anche un disegnatore tecnico navigato e non è sprovveduto quanto a buon gusto grafico: intervallano il racconto otto bei disegni di macchine volanti: da quella rudimentale, e malgrado tutto efficace, di Etienne Jules Marey al minimo assoluto rappresentato dalla flying plank, ideata nel 1894 dall’inglese Frederick Lanchester, passando attraverso l’architettura sontuosa del biplano di Otto Lilienthal e attraverso l’imitazione della Zanonia macrocarpa che dette lo spunto a Igo Etrich per costruire i suoi modelli, i quali produssero infine quel capolavoro aeronautico che fu la Taube. 

Il libretto è dunque curatissimo tipograficamente; lo si ordina presso l’autore e costa sedici euro, un ammontare con il quale si ha questo libro da collezione con il biplano di copertina colorato a mano. Volendo lo si può avere anche “nudo” ovvero senza colorazione.

@barbadilloit

Marco Spada

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Tags: curzio vivarelliL’aeroplanino di carta e gli albori dell’aeronauticamarco spada

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