
“Fante – di padre in figlio” è un progetto ideato e diretto da Stefano Angelucci Marino e Rossella Gesini del Teatro del Sangro, si portano a L’Aquila, Lanciano, Vasto, Torricella Peligna, Atessa, Casalbordino, Treglio e Marino (Lazio) artisti e studiosi delle opere fantiane, per raccontare attraverso spettacoli teatrali, spettacoli per promuovere la cultura teatrale-artistica nella Scuola e nel Sociale, campus formativi, convegni, proiezioni e incontri, la grande vitalità della scrittura di John e Dan Fante. Di padre in figlio.
“Fante – di padre in figlio” ha ottenuto il riconoscimento dal Ministero della Cultura di “Progetto Speciale” 2025 per il teatro. Partner del progetto sono: Ministero della Cultura -Spettacolo dal vivo, Regione Abruzzo, Comune dell’Aquila, Teatro Stabile d’Abruzzo, Agita e Università degli Studi dell’Aquila.
Intorno alle figure di John e Dan Fante, ma con una centralità per l’opera di Dan Fante, viene realizzato nell’estate del 2025 (dal 14 al 27 luglio), ricorrenza del decennale della morte di Dan Fante, un progetto speciale di studio, celebrazione, ricerca e approfondimento dell’opera dei Fante.
Il cartellone e gli ospiti
Più di 30 eventi, tra cui 10 spettacoli teatrali, 15 incontri/presentazioni, 2 convegni e 7 proiezioni. Per “Fante – di padre in figlio”, tra artisti e studiosi, saranno protagonisti Franco Branciaroli, Marco Leonardi, Luciano Lanna, Roberto Alfatti Appetiti, Sandro Solinas, Giorgio Ballario, Guerino Nuccio Bovalino, Davide Simone, Gabriele Marconi, Salvatore Guadagnuolo, Roberto Moretto e Mattia Lattanzi, Rossella Gesini e Stefano Angelucci Marino.
Lo scrittore
Considerato oggi uno degli scrittori americani più importanti della sua generazione, alla stregua di Hemingway, Faulkner e Steinbeck, John Fante è, secondo Bukowski, il narratore più maledetto d’America. La scrittura scarna e lineare, l’ironia tragicomica, l’uso dello slang urbano, l’autobiografismo esasperato, la reinterpretazione del disagio etnico e sociale delle classi subalterne, l’introspezione dei suoi personaggi simultaneamente eroi e antieroi ne fanno un autore inclassificabile. Spesso visto come capostipite degli scrittori italoamericani, padre del romanzo losangelino, John Fante è un indiscusso maestro per molti scrittori e artisti contemporanei.
Il figlio Dan
La figura di Dan, figlio di John, gli è indissolubilmente legata (nel 2025 ricorre il decennale della morte), ne rappresenta la continuità, ne segue la strada, inesorabilmente. Dice di lui Fernanda Pivano che “I suoi romanzi sono ballate di amore e di morte, come lo erano quelli di Bukowski e come lo sono stati quelli di suo padre.”
Lui stesso lascia intravedere il suo mondo attraverso la descrizione di uno dei suoi personaggi: “Voltai le spalle alla scena e accesi il computer, per ritrovare le mie storie. Sono Bruno Dante, pensai, scrittore di racconti, un tizio con un libro mai pubblicato, una Pontiac di dodici anni e nient’altro al mondo. Un aspirante di quarantadue anni, che nuota controcorrente. Che ricomincia daccapo per l’ennesima volta.”
L’esordio di Fante
Scrivere, e soprattutto pubblicare il primo romanzo, per Dan Fante – che è nato a Los Angeles nel 1944 – non è certo stato facile. Confrontarsi con un gigante come suo padre, con un pubblico diffidente, con i propri mille difetti, è stato difficilissimo. Poi, è iniziata la ‘rimonta’. Da qualche anno, la sua fama è in continua ascesa. Portava avanti la missione del padre, John, spingendo, incoraggiando alla scrittura, foraggiando l’epopea, la grande impresa di diventare scrittori, come soltanto il grande spaccone Arturo Bandini sapeva fare. Era forse il cromosoma. Leggevi Fante, e volevi essere anche tu Arturo Bandini, come scriveva Bukowski nella memorabile prefazione che segnò la riscoperta di Fante, per l’editore Black Sparrow. E anche il lettore leggendolo, veniva permeato dal desiderio di diventare scrittore, come si desidera diventare grandi campioni di baseball, o come si desidera avere una bicicletta o un paio di guantoni da box. Diventare scrittori! Non per evadere dalla propria vita, ma per salvarla, per trasferirla in una dimensione sensata, in cui tutto il dolore, la fatica, la speranza, la disillusione che ci vuole a spingere avanti la vita sia messa in salvo, come in una teca con le coppe della società polisportiva di appartenenza. Un lavoro manuale, quasi di cazzuola da muratori, ben riuscito come un buon lancio, come uno strike al bowling. Keep writing…
Dan Fante diceva di avere iniziato a scrivere dopo i quarant’anni, prima era stato troppo impegnato nella battaglia con la vita. Sul braccio si era tatuato la data di morte del fratello Nick, il maggiore, quello che prendeva il nome dal nonno Nick, Nicolas Fante, il protagonista di The Brother Wood Of the Grape. L’attaccamento a quella famiglia d’origine faceva scrivere a John che era sua indole e destino l’essere figlio anzi che padre. Ma padre lo fu, e il suo demone, il suo attaccamento alla scrittura passò nelle vene, di padre in figlio in spirito santo, come le colpe bibliche. Dan attraversò quei demoni, vide morire il fratello, e il tatuaggio se lo fece per ricordarsi ogni giorno di non toccare più nessun tipo di alcol. Quei demoni imparò a farseli amici, gli diede un nome e li affidò alla scrittura. Lavorò duro e scrisse poesie meravigliose. Furono tradotte e pubblicate anche in Italia, e in Italia arrivò anche lui. Riconobbe il paese come proprio e l’amò al punto da chiamare il suo ultimogenito Michelangelo Giovanni Fante. La stessa ostinazione salvifica per la scrittura la applicò all’amore… una persona di straordinaria sensibilità e amor di vivere. Poteva scrivere dell’inferno senza mai perdere la luce, la speranza, senza mai perdere di vista il Paradiso. You have to practice… una di quelle persone che sapevano lasciare dietro di sé tracce di gentilezza per ricordarne il passaggio. Molliche di gesti attenti per potere ritrovarsi alla fine lungo il cammino dell’amicizia. La fine lo ha colto dopo un male violento, terribile che lo ha consumato in pochi mesi. Che gli ha impedito il consueto viaggio in Italia che amava. La morte non è mai stata gentile con i Fante.
L’opera di Branciaroli
L’attore e regista Franco Branciaroli, uno dei maggiori talenti del teatro italiano, porterà in scena il “Don Giovanni” di Dan Fante, in una mise en espace tesa e coinvolgente. Lo scrittore Jonathan Dante, gravemente ammalato, festeggia i settant’anni nella villa di Malibu. Al suo fianco, con la moglie Catherine, i due figli Dick e Bruno, la nuora Agnes e la nipote Dalia. In famiglia le tensioni sono pesanti: tra il padre e i due figli, tra Dick e Bruno, tra Agnes e il marito, tra la stessa Agnes e il cognato. Ne emerge un durissimo ritratto di famiglia, toccante e amaro ma percorso da una potente vena ironica e dalla speranza di un padre che, negli ultimi anni di vita, cerca di recuperare il suo rapporto con i figli. La commedia, scrive Francesco Durante, potrebbe essere letta «come un curioso ma a suo modo fedele contributo alla biografia di John Fante». E Dan Fante ha dichiarato spesso che essa nasce anche dall’esigenza di una sorta di risarcimento nei confronti del padre, per rivelarne «la vera natura senza tacere dei suoi errori ma anche restituendogli integra una dignità di uomo che non coincide con quella del personaggio che tanto è piaciuto ai media nel periodo della ritrovata fortuna post mortem». Oltre a essere un omaggio a John Fante, “Don Giovanni” è una critica feroce al sogno americano.
Nel solco dell’interesse di Rossella Gesini per il rapporto del teatro con le nuove generazioni di teatranti, Treglio (Chieti) ospiterà un Laboratorio teatrale sull’opera “Chiedi alla polvere” di John Fante. Questo grande coinvolgimento dei ragazzi delle scuole del territorio sarà diretto e curato da Rossella Gesini e Salvatore Guadagnuolo e realizzato in collaborazione con Agita, associazione leader del settore teatro – educazione costituitasi legalmente nel 1994, con l’obiettivo di promuovere la cultura teatrale-artistica nella Scuola e nel Sociale, di valorizzarne le espressioni richiamando l’attenzione collettiva – e non solo degli addetti ai lavori – verso un fenomeno diffuso nel nostro Paese e di estremo interesse.
Altro spettacolo fantiano presente nella manifestazione, “Arturo e Ramona, due chef” da John Fante, di e con Stefano Angelucci Marino e Vittoria Coletti. Arturo Pavia incontra la sorella Ramona ed è costretto a condividere più di una esperienza lavorativa con lei. Liberamente tratto dal romanzo “La strada per Los Angeles” di John Fante, “Arturo e Ramona, due chef” è un lavoro teatrale “alimentato” dalla sua scrittura: una comicità trafelata e plateale, l’inquietudine visionaria e ispirata, l’attenzione profonda eppure mai compiaciuta al mondo degli ultimi- degli immigrati- e chiaramente la scoppiettante presenza dell’ambiente domestico, cioè etnico, come sempre nei romanzi di Fante descritto nel momento della sua implosione, del suo scardinamento a causa delle forze contrapposte che lo abitano, generazionali e culturali.
Il documentario
Protagonista della kermesse anche il documentario dal titolo “FANTE, di padre in figlio”, ideazione e regia Roberto Moretto e Mattia Lattanzi (Jrstudio Cinema). Per il pubblico ci sarà quindi l’occasione di confrontarsi sulle opere e le vicende biografiche di John e Dan Fante attraverso il linguaggio dell’audiovisivo.
Il programma di “Fante – di padre in figlio” sarà completato da un ciclo di incontri, convegni e presentazioni di libri a cura di Luciano Lanna, giornalista, saggista e Presidente “Centro per il libro e la lettura”, Sandro Solinas, giornalista e saggista, Marco Leonardi, docente universitario, Giorgio Ballario, giornalista e scrittore, Roberto Alfatti Appetiti, giornalista e scrittore, Guerino Nuccio Bovalino, giornalista e scrittore, Davide Simone, giornalista e scrittore e Gabriele Marconi, giornalista e scrittore.