
La grande divisione, che attraversa la cultura politica in Italia, passa tra quanti, come i liberali classici, intendono la democrazia come filosofia delle “regole del gioco” (la cd. “democrazia formale’); e quanti, come i democratici progressisti, la intendono come igiene sociale e riforma intellettuale e morale.
Un cortese interlocutore, che si ritiene dotato di esprit de finesse, mi scrive che il riferimento alle “regole del gioco” non significa nulla: è solo “chiacchiera”; e, aggiunge ironicamente, di non capire chi siano i “migliori”. La seconda domanda va rivolta alla sinistra, che per “migliori” intende quanti portano avanti la lotta per la civiltà e l’elevamento dei popoli. Quanto alle “regole del gioco”, intendo, sic et simpliciter la consapevolezza che, in politica come in morale, “non c’è verità”, nel senso che i valori stanno tutti sullo stesso piano e che auspicare più libertà e meno uguaglianza, più mercato e meno Stato, più autorità e meno permissivismo,”nun è peccato”!
L’essenziale è che ogni riforma (o controriforma), ogni progetto di legge, ogni disposizione dell’esecutivo non violi i principi che sono alla base della Costituzione e che le leggi ordinarie, approvate da una maggioranza di governo, possano venire abrogate o sostituite in seguito a una successiva tornata elettorale che premi l’opposizione.. Forse rendersi conto della propria fallibilità – nessuno ha la ricetta per rendere felici i popoli – potrebbe avere come conseguenza il rispetto reciproco.*Professore Emerito Università degli Studi di Genova
La democrazia liberale rappresentativa funziona quando ha un robusto ancoraggio al passato nazionale, alla tradizione, alla sovranità, ai principi etici (non immutabili, ma neanche affidati ad una maggioranza contingente o alle mode mediatiche) ecc. Cioè quando esiste una Monarchia Costituzionale (non Parlamentare) o un forte Senato, scelto con principi diversi e per periodi più lunghi o vitalizi, della Camera. Altrimenti è l’eterno ‘trasformismo’ e la perdità di autorità e prestigio dello Stato. Non solo del Governo. Inevitabile.