
È nelle librerie per i tipi di InSchibboleth Edizioni una raccolta di cinque saggi di Julius Evola intitolata, Oltre l’Idealismo. Il volume è impreziosito dalla prefazione del filosofo Massimo Donà e dalla postfazione di Giovanni Sessa, curatori del testo (per ordini: info@inschibbolethedizioni.com, pp. 140, euro….). Gli scritti di Evola raccolti in queste pagine sono: 1) Superamento del Romanticismo; 2) Neue Sachlichkeit. Una confessione delle nuove generazioni tedesche; 3) Sorpassamento dell’Idealismo; 4) Superamento dell’Idealismo; 5) Nuova Essenzialità, neorealismo e realismo socialista. Il primo scritto fu pubblicato nel 1928, mentre il secondo, il terzo e il quarto uscirono tra il 1933 e il febbraio del 1935, solo l’ultimo fu pubblicato nel dopoguerra, più precisamente nel 1958. Tutti i testi, comparsi in origine su riviste, sono di contenuto filosofico e, per comprenderli appieno è bene ricordare quanto, in relazione all’iter intellettuale di Evola negli anni Trenta del secolo scorso, ebbe a scrivere Marco Iacona, accorto studioso di cose evoliane: «Evola negli anni Trenta (i defeliciani anni del “consenso”) desidera cambiare passo, desidera che il “mondo” cambi passo, vuole quel di più che la cultura fascista non gli offre, quel quid goethiano, che consenta alle sue idee […] di affermarsi».
Per comprendere senso e significato dell’idealismo magico è necessario, come seppe Gian Franco Lami, attento esegeta della filosofia evoliana, far riferimento alla “Nuova Oggettività”. Nei due scritti della silloge dedicati alla discussione del volume scritto in temadal ventisettenne Franz Matzke all’inizio del terzo decennio del Novecento, Evola dichiara guerra aperta a qualsivoglia umanesimo, all’antropocentrismo, ritenuti responsabili della catastrofe cui la civiltà europea era andata incontro al termine del Primo conflitto mondiale. Bisognava, di contro, riscoprire il tratto “indifferente” della natura che non è affatto natura “per noi”, a disposizione dell’uomo e dell’Impianto della tecno-scienza. Il movimento tedesco della “Nuova Oggettivà”, in un ritorno “alle cose” ben più radicale di quello pensato dalla fenomenologia husserliana, stava rivelando: «un mondo algido; illuminato da un sole meridiano» (p. 10), chiosa Donà. Prosegue, in tema, il filosofo veneziano: «Ormai si era compreso che bisognava andare incontro alle cose, in tutta la loro freddezza e durezza facendo tacere l’anima» (p. 12). Il pensiero di Evola è qui attraversato da una chiara ripresa di motivi leopardiani. Il grande recanatese, fu latore (si pensi al, Dialogo della Natura e di un islandese) di un pensiero-poetante recuperante il tragico emerso nell’esperienza speculativa della Grecia aurorale e che, in quel frangente storico, faceva mostra di sé, lo ricorda lo stesso Donà, nella pittura “metafisica” di De Chirico.
In questa nuova visione della natura e delle cose, nella quale l’Io è implicato, al di là della dicotomia soggetto-oggetto indotta dal momento della rappresentazione, sarà possibile anche agli uomini conoscere e vivere in modalità assoluta, posti in faccia a un reale: «costitutivamente inviolabile e del tutto indifferente ai nostri miseri e insignificanti bisogni» (p. 15). In tale natura indifferente, nella quale si può davvero sapere ermeticamente, oltre il pathos soggettivo romantico, che “Tutto è in Tutto”, l’uomo ri-scopre il proprio essere assoluto, sciolto, svincolata, s-determinato, nient’affatto mero “atto” aristotelico. Si ha, così, la possibilità di comprendere che, ab initio, nei molti e solo in essi, si dice l’uno. Questi non vive in un altrove, ma in tutto ciò che è. La natura è animata dalla dynamis, libertà-potenza, di cui i singoli “atti”, gli enti, non sono che momentanea, flebile, meravigliante e tragica espressione. Quella cui Evola guarda è la lingua muta delle cose, della quale disse von Hofmannsthal. Lo si evince nei saggi di Evola dedicati, in questo volume, al superamento dell’idealismo.
In queste pagine, sintetiche e illuminanti, il pensatore rileva, lo nota Sessa, che: «La forma ultima ed estrema dell’idealismo, l’attualismo gentiliano, aveva – con la teoria dell’Atto puro – finito per riproporre i dualismi connotanti di sé le filosofie precedenti: soggetto-oggetto, essenza ed esistenza, essere e nulla. Gentile, con l’Io trascendentale, statuiva, al pari dei suoi predecessori, l’impotenza dell’io empirico nei confronti del reale» (p. 114). Si trattava, pertanto, di trasformare la tesi idealista da meramente gnoseologica, in verità affermativa, di potenza. Insomma, l’individuo per vivere e non semplicemente pensare la propria assolutezza avrebbe dovuto sintonizzarsi sul principio-dynamis, aprirsi al suo perpetuo incipit vita nova, farsi sempre nuovo, ogni volta da capo, in un percorso aporetico, iperbolico e inconcluso. L’individuo assoluto è per Evola il poietes, produttore di: «Un tipo di arte anti-medianica, anti-universalista, incentrata nel valore secco e volitivo dell’Io» (p. 44). Tale arte, a dire del filosofo, ha trovato chiara espressione, lo rilevano sia Sessa che Donà, nel Jazz: «Il ritmo jazzistico ha tratto menadico, elementare: “diremmo quasi di minerale, qualcosa che, come la Dance de la Terre […] di Strawinsky, sa di terra, di forze elementari, sa di una pura intensività scatenata e pur trattenuta ad ogni tempo dai sincopati, per una esasperazione che impone il liberarsi, il muoversi, l’agire”. Il Jazz mette in scena la forza pura» (p. 119).
Insomma, la realtà aperta dall’ idealismo magico e dalla “Nuova Oggettività” non era da considerarsi aumana in quanto “non ancora umana”, ma in quanto “non più umana”, svincolata, come detto, dalle proiezioni culturali con le quali il soggetto, umanisticamente e romanticamente inteso, aveva segnato di sé la vita e le cose del mondo. Oltre l’Idealismo è, quindi, testimonianza di rilievo della grandezza della filosofia evoliana, ma anche della produzione artistica del pensatore, connessa, in modalità evidente, alla prima. I saggi di Evola sono stati letti dai curatori in modalità oggettiva, oltre il pregiudizio politico che grava ancora sul filosofo e la mera volontà di esaltazione agiografica propria degli “evolomani”. Una ragione ulteriore per leggere questo significativo volume.