
La sterminata produzione di testi, articoli e interventi anti-Meloni ha saturato la discussione pubblica. E non muove un voto, anzi rafforza e consolida l’elettorato della destra tradizionale. Gli affondi di Antonio Scurati, scrittore una volta attento alle destre con un piglio differente e senza pregiudizi, rientrano un una declinazione consumistica dello spazio legato all’immaginario della sinistra: lì si vuole commerciare odio contro chi governa, contro i “sovranisti usurpatori”. E così si srotola il solito canovaccio di odio antifascista.
E’ una moda l’antifascismo, senza fascismo. Un tic, un riflesso, una sorta di “sindrome di Oblomov”. L’area progressista, rinunciando ad analizzare le ragioni della disconnessione dalla realtà e dal suo alveo tradizionale fino alla fine del novecento, urla contro il cielo, parafrasando Ligabue.
Come tutti i consumismi finirà anche questo. Per inefficacia nelle urne. E per inevitabile noia, figlia di una consuetudine che infanga miserabilmente anche la memoria di Sergio Ramelli, patriota e martire per un’Italia migliore, ucciso dalle mani insanguinate di una manica di delinquenti coperti da accademici e in un caso rifugiatisi sotto le insegne del Pci pugliese.
Resta però l’inquinamento – pesante – dello spazio pubblico, del dibattito civile. E qui però bisogna intervenire e provare a porre rimedio, ricordando la civiltà del confronto. E archiviando tutte le pubblicazioni degli oliatori per ritornare ai fondamentali: si deve parlare di storia con gli studi scientifici, non con le invettive livorose.
Quindi, con una sintesi estrema chiudiamo così: più Renzo De Felice e meno Antonio Scurati.
Al prossimo post.
Scurati, con le sue smaccate menzogne e faziosità, è un creatore di postuma (e per quanto vana): simpatie fasciste!
È già finita