Cosa vuoi fare se non leggere le tragedie greche?
Massimo Cacciari, ricordando il Faust declamante di Goethe, pungola così il pubblico che ascoltava domenica scorsa, nell’ambito delle iniziative intorno alle Rappresentazioni Classiche, la sua lectio “Il dramma di Elettra“, tenutasi dopo la prima della tragedia diretta da Roberto Andò. E non è stato l’unico pungolo. Per noi almeno altri due spiazzano il fittizio dibattito intorno alla percentuale di contemporaneità sostenibile dai testi classici.
Il primo sta in questa foto tratta da “Elettra” di Roberto Andò. Clitennestra ( Anna Bonaiuto) seduta su una poltrona impolverata, contrappasso già in vita di un trono che fu, ed Elettra (Sonia Bergamasco), la figlia sbranata dalla ὀργή, dall’ira, dall’orgia delle pulsioni di vendetta che ha covato per lunghi anni, aspettando il fratello Oreste, il braccio armato della sua furia.
“Pietrificate nella sete di vendetta oltre ogni desiderio di vita” le dice Cacciari. Il filosofo sonda ciò che lega madre e figlia: una traduzione della φιλία, l’appartenenza di vite fino alla morte “Elettra e Clitemnestra: si maledicono ma non smettono mai di riconoscere la loro paradossale filia. Elettra dice sì che Clitemnestra è meter ametro, madre non madre, tuttavia ne è figlia e lo riconosce fino in fondo. Il suo furore, la sua orghè è identica a quella di Clitemnestra quando uccide Agamennone”. Andò ha tradotto con rigore filologico il rapporto piramidale tra la furia di Elettra e quella di Clitemnestra e la posizione di agguato di Elettra annulla la verticalità e predestina la madre. Massimo Cacciari avverte l’errore di chi vuole psicologizzare il testo di Sofocle. Trappola in cui Andò non è caduto: la sua “Elettra” non è un “romanzo dell’età dell’ansia” per citare W.H. Auden. Per Cacciari “è fondamentale riconoscere che il protagonista della tragedia è l’azione stessa. E’ necessario succedano azioni tremende? Elettra, e qui è la grandezza della sua figura, non ne dubita: sì, è necessario. Quando Oreste entra nella reggia, Elettra gli chiede se ha fatto ciò che è necessario e lui dice “Kalòs. Sì, l’ho fatto bene, se…”, se il responso di Apollo è buono. “Quel responso è buono”. Dike contro Dike. Clitennestra contro Agamennone. Elettra contro Clitennestra. Oreste contro Clitennestra. Dopo c’è il tribunale, l’avvento di una giustizia. Una. Una sola Dike. Ma dopo per Oreste c’è Atena, per Elettra c’è il nulla. A Cacciari vorremmo chiedere in punta di fervore attualizzante: “Elettra” è tragedia di scontro tra matrilinearità e patriarcato? Elettra è figlia del padre, come è Antigone di madre inesistente, come è Atena che dalla testa di Zeus fu generata. Allora da dove discendiamo? Di chi siamo figli? Che ordine dare al mondo in cui viviamo? Nel dramma sofocleo si sente l’eco dell’arringa del dio in difesa di Oreste in “Eumenidi” di Eschilo “A quel che figlio noi diciamo, la madre genitrice non è: bensí nutrice del nuovo germe: genitore è quegli che il germe espresse”?
L’altro stimolo, al primo collegato, viene da un passo del coro di “Elettra” richiamato da Cacciari “Le maledizioni si compiono. Vivono coloro che stanno sottoterra, i morti bevono nella vendetta il sangue dei loro assassini. E’ inevitabile che sia così. Se vendetta chiama vendetta, se azioni tremende chiamano azioni tremende, vuol dire che il morto uccide il vivo”. La terribilità di “Elettra” di Sofocle, secondo Cacciari, sta nella disperazione della tragedia e nell’obbligo “ad attraversarne lo spazio per giungere sensatamente e fondatamente a quel grido di speranza”.
Qui ci interroghiamo se è venuta la Dike unica, se i morti uccidono ancora i vivi, se il sangue cola dal passato al presente. Se ha senso cercare Dike a Gaza, ovunque ci sia una guerra , se i bambini morti, tutti i morti“ hanno l’impercettibile sussurro, non fanno più rumore del crescere dell’erba…” (cit. Ungaretti)
Foto di scena di Franca Centaro. Le altre foto di Redazione e dal web. La lectio integrale è sul canale Youtube della Fondazione Inda