
Quest’ultimo saggio del filosofo coreano-tedesco, affronta il tema dell’angoscia nel nostro tempo in contrapposizione al concetto di Speranza. Che cos’è l’angoscia, quali caratteristiche ha? Chul Han, come in altri suoi saggi, analizza alcuni aspetti dell’ attuale contesto sociale che soprattutto in questi ultimi quattro, cinque anni, ha visto accadere una pandemia, scenari di guerra e annunci di incombente crisi climatica. Tutto ciò creato da poteri sovranazionali che, come nel caso del covid, hanno mirato a terrorizzare la popolazione con una cosiddetta scienza eretta a dogma indiscutibile. Creare angoscia significa quindi non dare prospettive di una vita piena bensì di una vita come “sopravvivenza” e di una società della “sopravvivenza”. La conseguenza è creare una vita senza speranza in cui viene a mancare il senso della comunità e della solidarietà.
Il timore per il futuro
L’angoscia è espressione di una determinata politica che tende a sottomettere, a rendere passivi e quindi più facilmente a essere ricattabili. Significa mettersi nelle condizioni di essere angosciati per “il futuro” come per es per il clima visto come emergenza continua. Chul Han analizza il termine partendo dall’ etimo, dal medio alto tedesco “angust” cioè “strettezza” e quindi per estensione provare angoscia vuol dire vivere senza prospettive, rassegnati solo sul presente. Come si può uscire da questa logica mortifera? Nel dizionario etimologico di Friedrich Kluge, filologo e lessicografo tedesco, citato nel saggio, alla voce speranza si legge: “si cerca, sporgendosi in avanti, di vedere più lontano, con più accuratezza”, cioè “ guardare verso il futuro”. Han analizza il concetto di speranza prendendo in esame filosofi quali Derrida, Marcel, Heidegger, Ernst Bloch che dedicò un famoso e specifico saggio dal titolo “ il Principio della Speranza”.
Sperare, per Chul Han, non significa neppure aver ottimismo perché come il pessimismo blocca al proprio stato del presente, senza prospettive. Quello che egli vuol evidenziare con la categoria della speranza è “ il non ancora” cioè quello che si apre “al venturo”. Sperare significa guardare avanti, all’ avvenire che, secondo Derrida, citato da Han, consiste in due forme di futuro: quello vero e proprio “ Futur”, ciò che accade nel medio termine ed è progettabile mentre l’avvenire sfugge alla pianificazione e si apre a quello che non è prevedibile.
L’atteggiamento passivo
Secondo il filosofo coreano, vivere con un atteggiamento passivo, di accettazione dello status quo dominati da un pensiero, da una “cultura” che tendono a soffocare uno spirito libero significa vivere in una “ strettezza” quindi senza speranza che è il “ fermento della rivoluzione”, nel senso, ovviamente, non ideologico. Per specificare ancora meglio che cosa intende il filosofo, viene citato un film di fantascienza “ I figli degli uomini” che rispecchia la società di oggi sfiduciata, depressa, priva appunto d’ ogni speranza. Nel film l’ umanità va verso l’ estinzione, da anni nessuna donna mette al mondo figli, il più piccolo viene ucciso. La conseguenza è uno scatenarsi di violenze, caos e quindi il non procreare sta per l’ assoluta mancanza di speranza. Alla fine del film una donna resta incinta e come per miracolo viene salvata in mare. Tutto ciò significa una nuova prospettiva? Secondo il regista no perché quell’ avvenimento non accade più e quindi non c’è più un’ apertura al nuovo, all “ avvenire”. Il concetto di speranza per Han si basa sul fatto che non si fonda su qualcosa di determinato e in questo è differente dal desiderio o dall’ aspettativa rivolti ad un oggetto concreto. La speranza è rivolta al trascendente e non è vincolata al presente, va verso l’ “ Aperto”. Essa oltrepassa la morte. Han scrive: “Venire-al mondo, nascere è la formula fondamentale della speranza”.
Byung-Chul Han , Contro la Società dell’ Angoscia Speranza e Rivoluzione ( Einaudi)