
Storia delle idee politiche e sociali
Kurt Schilling è stato, a muovere dalla fine degli anni Venti del secolo scorso, studioso e accademico tedesco che godette di notorietà internazionale. I suoi interessi, vastissimi e pluridisciplinari, spaziavano dalla filosofia aristotelica a quella hegeliana ed ebbero il loro nucleo vitale nella discussone critica dell’idea di Stato. Tra il 1939 e il 1941 fu docente all’Università di Praga. Assunse, nel 1939, la Direzione dell’Ufficio per l’insegnamento e la ricerca dell’Ahnenerbe. Nonostante ciò, al termine del Secondo conflitto, in forza degli indubbi meriti scientifici del suo lavoro, tornò ad insegnare a Monaco di Baviera, sua città natale (1899). Si spense in un paesino delle Alpi bavaresi, dove si era recato in cerca di silenzio e pace, nel 1977. È nelle librerie, per i tipi di Oaks editrice, la sua opera capitale, Storia delle idee politiche e sociali, ottimamente prefata da Nuccio D’Anna (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 396, euro 25,00).
Il comunitarismo
L’impianto teorico del volume mostra l’adesione dello studioso alla sociologia di Tönnies, secondo la quale l’aggregazione sociale comunitaria sarebbe altro da quella societaria. La prima si fonda su un corpo sociale ordinato sulla base di vincoli originari e solidi, che danno luogo a una configurazione unitaria, organica e gerarchia. La “società”, di contro, è corpo sociale strutturato sulla fluidità e i vincoli che, in essa, legano tra loro gli uomini hanno tratto utilitaristico e instabile. La “società” è regno dell’atomismo sociale. Muovendo da tale premessa generale, Schilling, nell’incipit delle proprie analisi, si intrattiene sui gruppi umani del paleolitico, primo esempio di “comunità”: «Attorno al capo-sciamano si ordinava tutto un organismo che […] trovava nelle caverne riccamente pitturate […] il luogo ideale per i complessi rituali che intendevano trasfigurare l’esistenza in un riflesso dell’ordine divino», rileva D’Anna. Momento dirimente dell’esegesi dello studioso tedesco è da individuarsi nel paragrafo dedicato alla discussione delle idee politiche dell’antica Cina. Se la storia arcaica cinese era stata dominata dal sacerdote-sciamano, a muovere dalla dinastia Shang l’Imperatore divenne il centro della vita del popolo. L’idea di Stato che, in tal modo, si afferma: «per la sua essenza è cosmica […] nata dal legame con la natura […] che ha le proprie radici nell’agricoltura, nella venerazione degli antenati e nell’osservazione del cielo».
Il legame con l’India
In India, il riferimento alla tradizione sacrale delle origini rappresentò il vero legame che seppe unificare una realtà linguistica ed etnica assai composita. L’indagine di Schilling, attenta al lascito socio-politico di tale civiltà, perde di vista il ruolo essenziale che in essa svolse l’afflato al divino, animante tanto gli appartenenti alle caste “alte”, quanto i rappresentanti delle ultime. Di maggior rilievo teorico, oltre che filologicamente più corretta, è la lettura della pólis ellenica. In essa, la libertà fu non semplicemente modus essendi dei singoli cittadini, ma portato della stessa vita politica. Il nostro Autore individua nell’irruzione della sofistica l’inizio della decadenza greca. A essa rispose, in modalità forte Platone che, sostiene il tedesco, fece dell’ordine politico della Politéia il risultato del “cambio di cuore” dei cittadini. Questi, in forza di un’opportuna paideia, avrebbero potuto far fronte al nósos, malattia esistenziale-spirituale dell’epoca, recuperando il perduto ordine interiore. L’esegesi del cristianesimo, ci permettiamo di rilevare, assume in Schilling, valenza tradizionale. Agostino nel De civitate Dei avvertì l’urgenza, in quel frangente storico di passaggio, di: «instaurare una nuova “forma” politica che doveva sostituire le vestigia svuotate del vecchio Impero».
Carlo Magno
In tale processo di cristianizzazione della romanità, altro momento dirimente è rappresentato dall’ incoronazione di Carlo Magno. Il Sacro Romano Impero armonizzò l’ordinamento giuridico romano, germanico e cristiano, dando vita a un corpo statuale fortemente impregnato di riferimenti religiosi e sacrali: «Con l’idea del Cristo-Re si colma l’abisso tra l’aldiqua e l’aldilà», l’Impero fu vera e propria “religione regale”, della quale Melkitsedek è simbolo. Con il luteranesimo ma, soprattutto, con il calvinismo, tale ordine si dissolse. Schilling, in sequela di un numero considerevole di autori, considera il protestantesimo calvinista, che fece del successo terreno segno tangibile d’elezione divina, anima del capitalismo. Sulla sua scorta, tra i secoli XVI e XVIII, molti filosofi pensarono in termini utopistici, costruirono a tavolino società immaginarie improbabili, mentre Bodin e Machiavelli elaborarono una “quasi-dottrina” dell’assolutismo, nel tentativo di dare stabilità all’ordine politico-sociale. Inoltre, il liberalismo “riformatore” di Locke e Montesquieu, presto sarebbero stato travolto dal radicalismo rivoluzionario del 1789.
L’anima giacobina di quest’ultimo fu incubatrice dei tentativi di correzione del capitalismo perpetrati dapprima dal “socialismo utopistico” e poi da quello “scientifico-marxista”, tentativi che, in realtà, condividevano con il capitalismo il medesimo orizzonte di pensiero immanentista e materialista. Nietzsche, sostiene Schilling, fu profeta dell’età del nichilismo dispiegato, pur ritenendo ancora possibile una correzione dei processi storici in corso nella seconda metà del secolo XIX. Le tesi espresse in, Storia delle idee politiche e sociali, sono certamente interessanti. Almeno su alcune di esse è però possibile dissentire. La sofistica, ad esempio, non fu semplicemente latrice di una visione sovversiva dei valori tradizionali: al contrario, molte sue posizioni rinviano, al di là delle esegesi scolastiche, alla chiara volontà di preservare il misterium vitae. Ancora, le posizioni degli “utopisti” rinascimentali sono molto diverse tra loro, Moro e Bacone non dicono affatto il medesimo. L’ “ironia” del primo ha a che fare con l’”utopia” classica, non con l’ “utopismo” modernamente inteso. Siamo, da ultimo, così certi che il Sacro Romano Impero sia stato davvero, per così dire, “custode del Graal”? Non sopravvivevano forse altrettante eredità tradizionali a Bisanzio? I nostri dubbi non fanno che confermare l’importanza del volume. Un libro è valido quando fa pensare e discutere.