
È nelle librerie, per i tipi delle Edizioni Tabula Fati, un volume di Errico Passaro, Gli Anni dell’Aquila. Cronache dell’UR-Fascismo 1922-2422, che vivamente consigliamo a chi ci legge (per ordini: edizionitabulafati@yahoo.it, 335/6499393, pp. 188, euro 14,00). L’autore è stato uno dei più rilevanti narratori italiani degli ultimi decenni, con riferimento al genere letterario del fantastico, del fantascientifico e poliziesco. Gianfranco de Turris, che in questo ambito, è autorità riconosciuta oltre che generoso promotore di scrittori ai loro esordi, nella Presentazione ricorda di aver compreso immediatamente, al momento della prima lettura di un testo di Passaro, le sue qualità creative e scrittorie. Errico, prematuramente scomparso nel 2023, viene definito da de Turris, in forza della professione delle Armi da questi svolta, scelta per vocazione dopo gli studi in Giurisprudenza, “il Colonnello della fantascienza”. Ne ricorda, con evidente commozione, il tratto signorile e discreto cui si mantenne fedele fino agli ultimi giorni di vita, nonostante patisse il dramma della malattia. La conoscenza e frequentazione tra i due ebbe inizio durante un’edizione del Premio Tolkien, evento culturale attraverso il quale venne finalmente sdoganato dalla marginalizzazione il genere Fantasy.
Inizialmente, il libro avrebbe dovuto intitolarsi, Cronache del Quinto Stato, ma a seguito della pubblicazione, nel 1995, del noto saggio di Umberto Eco, Totalitarsimo “fuzzy” e Ur-fascismo, assunse fin dalla prima edizione del 1996 (Settimo Sigillo), il titolo attuale. Intenzione dichiarata di Passaro è quella di ribaltare le quattordici caratteristiche tipiche e negative che il semiologo piemontese attribuiva al fascismo, in altrettanti aspetti positivi. In particolare, l’autore afferma che: «L’Utopia non è patrimonio inalienabile della Sinistra, che la Destra ha da dire la sua in merito» (p. 18). La storia, infatti, non è riducibile, se di essa si vuol fare strumento per la comprensione profonda della vita, a mera accumulazione di dati, come nell’accezione positivista e critico-accademica di tale disciplina. In essa palpita il regno del possibile, connotato dalla possibilità dell’impossibile, come ebbe a riconoscere il filosofo Adriano Tilgher. Il passato, custodisce, come seppe Walter Benjamin, qualcosa di non-espresso pienamente che il pensatore tedesco definì l’immemoriale, scintilla che può sempre essere accesa nel presente esposto sul futuro, in una connessione estatica delle tre dimensioni della temporalità.
Con Gli Anni dell’Aquila, Passaro destruttura il feticismo del “fatto compiuto”. Lo fa servendosi, come ricorda de Turris, delle tesi di Toynbee della “sfida e risposta”. Nello specifico, poiché il tema trattato è quello del fascismo visto in uno sviluppo di cinquecento anni, dal 1922 giunge al 2422, l’autore sostiene tale movimento politico essere aperto, di fronte a ogni crisi indotta dal cadere preda del burocratismo e della routine partitocratica, a continui cambiamenti e metamorfosi. Esse sono, in qualche modo, il risultato dell’adesione piena all’idea di Tradizione. Nel suo etimo, tale espressione rinvia a “trasmissione” e, al contempo, a “tradimento”. Trasmissione dell’originario e dell’essenziale, tradimento di ciò che in esso è accessorio e transeunte. Si tratta dell’applicazione alla storia del fascismo, se abbiamo ben inteso, dell’idea evoliana di individuo assoluto, uomo sciolto, svincolato perfino da sé, sempre aperto all’incipit vita nova. La vicenda narrata si sviluppa in cinque episodi. Nel primo, ambientato nel 1922, il fascismo giunge al potere guidato da Gabriele D’Annunzio e non da Mussolini. Un movimento, quindi, animato da volontà realmente rivoluzionaria, nel quale l’aristocrazia creatrice degli artisti, poundianamente, avrebbe realizzato una gerarchia dello spirito mirata alla giustizia sociale.
Nel secondo episodio viene presentata la ribellione rinnovatrice dei seguaci del Duce, mentre, nel terzo capitolo, viene narrata la rivolta simbolica dei tradizionalisti e di Evola. Nel quarto, di contro, si dice del confronto del regime con il conflitto nucleare potenzialmente catastrofico mentre, nell’ultimo episodio, si racconta, addirittura, del confronto con gli alieni e della loro critica alle ideologie terrestri. In tali fantastiche contingenze storico-politiche, il fascismo di Passaro seppe rinnovarsi, seppe sempre porsi oltre le ossificazioni sistemiche che avevano paralizzato la sua “artecrazia”. Simbolo di tale volontà metamorfica è l’Aquila coronata dannunziana, che fa la comparsa nella chiusa del volume, stringendo: «tra gli artigli la spada fiammeggiante di Evola e il fascio» (pp. 13-14).
Soffermiamoci sul terzo capitolo, dedicato alla rivolta simbolica dei tradizionalisti. Il tentativo di rivolta è narrato attraverso il diario degli eventi steso da Evola stesso a partire dal 1 febbraio 1982 (è noto che il tradizionalista morì nel 1974). Il filosofo, si dice, beneficiava, nel suo eremo alpino, pur essendo anziano, di piena Salus, fisica e spirituale. Gli emissari di un fantomatico Ordine, organizzato in cellule nelle città italiane, lo arruolarono tra le proprie file al fine di rettificare in “senso tradizionale”, con un’azione politica, il regime in fase di decadenza. Pur nutrendo dei dubbi, Evola accettò la sfida e si impegnò nella lotta. Il diario è una sorta di analisi psicologica di questa scelta del pensatore che incorse in un attentato, dovuto al frazionamento interno dell’Ordine. I cospiratori, alla fine, nel tentativo di prendere Roma, furono sconfitti ed Evola venne condotto in carcere: «La propaganda del fascismo regime è entrata in azione e ha seppellito la verità sotto un mucchio di veline» (p. 115). Nonostante ciò, l’azione ebbe comunque un senso, almeno simbolico: «In un futuro nemmeno troppo lontano, qualcuno riprenderà la nostra battaglia […] vincendola» (p. 116).
In queste pagine, Passaro mostra di essere scrittore di vaglia, la sua prosa è connotata dalla: «vividezza del romanziere» (p. 14), supportata da passione ideale. Il volume, inoltre, non è frutto solo di ipotetica ricostruzione fantastica: l’autore mostra di conoscere la bibliografia critica più accreditata in merito alla storia del fascismo, non casualmente posta alla fine di ogni capitolo. Passaro, nonostante la prematura scomparsa, come mostrano le pagine de, Gli Anni dell’Aquila, è scrittore vero, per alcuni ancora da scoprire, per altri da ri-scoprire.