
Il 18 maggio 2022, a meno di tre mesi dallo scoppio della crisi russo-ucraina, venne diffusa la notizia della presentazione da parte italiana di un “piano di pace” articolato in quattro punti.
Con la lodevole eccezione del direttore di “Limes”, Lucio Caracciolo – che vi ha fatto riferimento anche recentemente – non ricordiamo che tale “piano” (il cui testo non è mai stato diffuso) abbia sollevato alcun interesse da parte dei media italiani ed esteri; né l’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi lo ha mai citato nelle sue pur numerose esternazioni sulla crisi russo-ucraina (in probabile ossequio all’intransigente posizione antirussa dell’Amministrazione democratica statunitense).
Giorgio Starace, ambasciatore a Mosca nei primi due anni di guerra, vi si riferisce invece varie volte nel recentissimo libro La pace difficile – Diario di un ambasciatore a Mosca”, chiosando come segue: “Non è il momento di assecondare solamente i punti di vista dei nostri partner anglosassoni. Il Ministro Di Maio e i miei colleghi alla Farnesina hanno in questa fase drammatica tutta la mia gratitudine e considerazione”.
Il testo dell’ex capo della nostra missione diplomatica a Mosca è un diario, ma è anche molto di più: un racconto di intensi contatti diplomatici e umani, ma anche una lucida riflessione, da un osservatorio evidentemente privilegiato, sulla ricerca di una pace duratura. Una tematica, quest’ultima, costantemente presente nel libro, ma esplicitata in maniera particolare negli ultimi capitoli.
L’Ambasciatore Starace è stato fatto oggetto, fin dai primi tempi della guerra, di giudizi ingenerosi da parte di vari organi di stampa italiani, che lo hanno spesso considerato troppo amico di Mosca e hanno quasi “celebrato” la fine della sua missione a inizio 2024, presentandola spesso come un richiamo anticipato da parte del Governo – ma dovuta in realtà al raggiungimento dei consueti limiti di età. Date le posizioni manichee dei nostri maggiori giornali, è stato in realtà quasi un miracolo che Starace non venisse incluso nella tristemente nota “lista di proscrizione” dei “putiniani d’Italia”, redatta ai tempi da due note giornaliste del Corriere della Sera.
Si parla a volte, alla Farnesina, di capi missione all’estero che, forse troppo “innamorati” del proprio Paese di accreditamento, si trasformano di fatto in portavoce di quest’ultimo in Italia. Bene: questo non è il caso di Giorgio Starace, le cui posizioni sul rapporto fra la Russia, l’Italia e l’Europa sono invece sempre state ispirate da profonde considerazioni sui nostri interessi economici e strategici e sull’inaccettabilità di una rottura di rapporti, anche e soprattutto culturali, con quell’immenso Paese, a tutti gli effetti importante parte del nostro continente. Tale rottura è stata ed è predicata da molti politici e giornalisti, da noi e nella stessa Europa: da ultimo, abbiamo assistito sgomenti alla presentazione da parte di Ursula von der Leyen del roboante “piano di riarmo” contro la “minaccia russa” e alle dichiarazioni bellicose di molti governanti del Vecchio Continente, nella totale assenza, fin dall’inizio, di un reale contributo europeo alla soluzione della crisi. Al contrario, come scrive Starace, si continua a riscontrare una “verticale diminuzione dei margini di fiducia reciproca, frutto di conclamate bugie, ambiguità e continui cambi di postura dei leader che hanno interrotto e pregiudicato quasi tutti i formati di dialogo tra Washington e Mosca e fra Mosca e Bruxelles”.
L’Europa e l’Italia, nota ancora l’autore, “dovranno in qualche modo… riprendere una partnership economica e un dialogo politico con la Russia”. Particolarmente importante in questo senso, nel corso della missione a Mosca dell’Amb. Starace, è stato il suo impegno a favore della comunità imprenditoriale italiana in Russia, disorientata da alcuni provvedimenti del nostro Governo.
“La fine di questo conflitto e la fine di questa degenerata retorica militarista che pervade la Russia e per reazione l’Occidente è per noi una priorità e lo dobbiamo iniziare a dire e sostenere senza timidezze in tutti i tavoli”, nota Starace nelle ultime pagine del libro, aggiungendo che proseguire nella retorica della “pace giusta” non porterà ad alcun risultato: “non ci sarà una pace giusta ma, allo stesso tempo, la pace non dovrà essere imposta… dovrà essere una pace duratura e quindi il risultato di un assetto geopolitico che fornisca sufficienti garanzie di sicurezza ad entrambe le parti”.
Come non concordare con queste parole del prestigioso Collega, il cui libro potrà essere un utilissimo viatico per chi, al di là delle posizioni estremistiche di certi agitatori di professione, desidera avvicinarsi al problema russo-ucraino – e al problema più generale dei conflitti armati – con un approccio non meramente ideologico, ma che abbia a cuore i reali interessi dei popoli.
Giorgio Starace, La pace difficile – Diario di un ambasciatore a Mosca, Firenze, Mauro Pagliai Editore, 2025, 180 pp.
Articolo molto opportuno. Bene!