
Il raffinato volumetto, sotto il titolo comune di “Bibliokiller!”, raccoglie i due racconti lunghi (o romanzi brevi) “L’ultimo libro di Tobia Sanders”, cupa storia horror seguita da un “Epilogo”, che è invece un racconto di science-fiction ambientato negli stessi luoghi del primo, e “Mi chiamo Edmund Bailey”, un mistery di taglio più metafisico, dalle atmosfere fantastiche di etimo borgesiano. Ed è proprio il maestro Jorge Luis Borges l’autore che pare abbia più influito sulla struttura circolare di queste interessantissime narrazioni, dove la presenza dell’oggetto-libro come veicolo perturbante e scatenante di un processo ineluttabile di distruzione diventa la metafora palpabile – quasi un incubo kafkiano – d’un discorso sottilmente più complesso, inteso a sviscerare nei suoi significati più profondi la sopravvivenza del libro nella sua forma primaria del “cartaceo”, che, ribellandosi alla distruzione fisica del proprio Sè da se, rinasce e si moltiplica ogni volta in crescendo, sfuggendo ad ogni tentativo di messa al bando, novella Fenice che rinasce dalle proprie ceneri generando dubbi, paure, distruzioni e sconcerti.
I racconti neri e gotici aventi come soggetto un libro, più o meno maledetto, rappresentano da sempre un grande classico della letteratura fantastica, con radici nobili che vanno da E.A. Poe a Robert Chambers, dal grande M.R. James al già ricordato Borges; dire qualcosa di veramente nuovo in questo ambito così particolare e così percorso può sembrare quindi un’impresa vana, ma bisogna ammettere che Simone Berni ci riesce perfettamente, grazie alla sua enorme conoscenza di prima mano dei vari meccanismi narrativi ed editoriali, derivanti dalla sua lunga esperienza nel campo degli spericolati ritrovamenti librari che gli hanno fatto conquistare il titolo di “Cacciatore di libri” – o Book Hunter, che dir si voglia. Nella seconda novella dell’antologia, il discorso si amplia verso una riflessione più complessa del concetto d’Autore e del suo Doppio, e del mistero insito in questo scambio simbolico con la morte, che simulacramente finisce per autogenerarsi ad libitum, come è evidente nell’ultimo rigo finale del racconto, che, come novello ouroboros, ripete il titolo stesso con cui iniziava: “Mi chiamo Edmund Bailey”.
In conclusione, un’ottima lettura, interessante e coinvolgente, che al puro piacere narrativo unisce uno stimolante ventaglio di interrogativi culturali su vari aspetti del libro e della sopravvivenza della scrittura di questi tempi. Detto questo, rimane da rivelare un ultima curiosità sull’origine della bella copertina, che a prima vista potrebbe sembrare un inedito disegno del grande e misterioso Carlo Hakim De’ Medici, e che invece riprende un disegno simbolista di Gèo Dorival, già utilizzato per la copertina del bizzarro volumetto “Les Poètes de la Mort”, antologia di poesie tanatologiche curata nel 1920 da Léon Larmand, le cui rare copie disponibili in Italia si ritrovano curiosamente, fra l’altro, nelle insospettabili biblioteche di Benedetto Croce, Loulou Primoli e Franco Zeffirelli.
*Simone Berni / “Bibliokiller!” / Milano, Aspis, marzo 2025. In 24°, pp. (2) + VIII + 194. Cop. fig. di Géo Dorival. Prefazione di Alessandro Zontini. Euro 14