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Da Kurt Cobain a Amy Winehouse: poeti e rocker cannibali della vita

Certi artisti erano pervasi da una bramosia che li portava a divorarsi. E si è ripetuto l’aspro duello tra Eros e Thanatos: l’amore, quindi la vita, e la morte

by Gianfranco Andorno
6 Maggio 2025
in Cultura
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Amy Winehouse

San Terenzo 1822. In una casa flagellata dai marosi che ne rosicchiano i muri, Villa Magni o la casa bianca, vivono due transfughi della grigia Albione. Lo sciacquio sonnolento della risacca o il dirompente infrangere delle onde è colonna sonora ai loro sogni e incubi. La dimora più nave che casa, la descrivono. Lui è il poeta Percy Shelley, espulso da Oxford per aver scritto: “la necessità dell’ateismo,” un ribelle ad ogni tipo di istituzione, lei è Mary Goldwin sua compagna da quando era sedicenne. 

Percy ha abbandonato la moglie Harriet e i figli Eliza e Charles, Mary i parenti tutti, in nome della libertà e di un amore sfrenato. Amore che sarà tragico già all’inizio, funestato dalla morte della loro prima figlia, solo un mese dopo la nascita. Il loro matrimonio sarà celebrato dopo il suicidio della prima moglie nel lago di Hyde Park. 

Adesso la casa è museo, la strada, un largo marciapiede e l’arenile la dividono dal mare. Il gruppo formato da loro e dagli amici ospitati vive con costumi e usi da comune anarcoide, naturista, destando la curiosità dei pescatori e anche scandalo negli abitanti. Il laudano, consumato copiosamente, aumenta i miraggi, le fantasticherie degli artisti. I confini della baia sono: un castello a occidente e speroni di roccia dall’altra parte. A Portovenere c’è l’amico Byron, e la grotta da dove lui si tuffa e trae ispirazione porterà il suo nome. Quando arriva a Lerici a bordo del suo  “Bolivar” provoca lo scompiglio nel borgo tranquillo.  

Il posto, per la loro presenza, diventerà il Golfo dei Poeti. E anni dopo ci soggiorna George Sand con Chopin. 

Mary, su suggerimento di Byron durante un incontro a Ginevra, a soli 17 anni scrive il “Frankenstein”. Nell’opera, un racconto dell’orrore, paventa che la scienza possa generare mostri.

Percy si dibatte in un cosmo violento e magico. Fa caracollare l’Anarchia su un destriero ricoperto di sangue con le labbra pallide come la morte nell’Apocalisse. Non è compreso dai tessitori disoccupati a cui dedica i suoi componimenti. Le sue liriche sociali saranno lette postume, questa la beffa. Rivoluzionario ma non poeta del popolo, sono sfoghi soggettivi. Gli operai hanno altro da fare: la vita media di un operaio cotoniero è di 40 anni. Comunque nel suo Prometeo liberato canta l’amore e la giustizia in una società senza classi sociali.  

Shelley, Keats, Byron ripudiano il romanticismo ma sono romantici. Sono  i delusi della rivoluzione francese affossata dal bonapartismo, la reazione trionfa negli Stati. E loro sostituiscono la ragione dell’illuminismo con l’emozione, l’interiorità.  I critici letterari li hanno inseriti nel secondo romanticismo.

A Roma c’è John Keats, il poeta dell’amore.  Ammalato di tubercolosi è fuggito anche lui dall’Inghilterra a cercare un clima mite. Giace relegato nella sua camera adiacente alla scalinata di Piazza di Spagna, e ne sente lo scalpiccio. Purtroppo  muore e viene seppellito  a Testaccio, insieme alle lettere non lette della sua amata Fanny. I mobili della sua camera bruciati, così era disposto, per evitare il contagio. 

Alla sua morte Shelley compone “Adonais” nel quale Keats è raffigurato come il dio greco della bellezza.

Byron è bello e atletico. La libertà sessuale che propugna e propaganda per la morale e le regole di allora sono trasgressione imperdonabile.  Omosessuale, con compagno a scuola, incestuoso con la sorellastra Augusta, e nascerà Medora. Libertino, colleziona mogli di altri, fanciulle e se ne vanta.  Lo avvolge una luce “sulfurea, satanica” e se ne compiace. Come una star dei nostri tempi si fa pubblicità con queste esagerazioni, per stupire il volgo e aumentare la sua fama. Nel tempo la sua ironia antisociale, il suo individualismo, si stemperano rapportandosi agli altri. Aderisce perfino alla Carboneria a Ravenna e quando i moti falliscono si deve allontanare in tutta fretta.

Nel luglio del 22 Shelley di ritorno da Livorno   naufraga con la sua barca a vela Ariel a causa di una tempesta. Lo hanno avvertito che il tempo sta volgendo al peggio ma per lui è una sfida e si sente superiore alla natura.  Il suo corpo viene ritrovato alcuni giorni dopo sulla spiaggia di Viareggio dove sarà cremato alla presenza di Byron. Il cuore, salvato dal rogo, è spedito a Mary non presente. Il suo cannocchiale è conservato nel museo della marineria.

Nelle sue tasche trovano un libro di poesie di Keats. I resti traslati al Cimitero Acattolico a Roma dove seppelliscono gli stranieri non cattolici, chiamato anche cimitero degli inglesi o dei protestanti. C’è la tomba di Antonio Gramsci. Accanto si erge la piramide di Gaio Cestio. Sulla lapide del poeta annegato la scritta “cor cordium”, cuore dei cuori, e alcuni versi di Shakespeare.  Riposa a pochi metri da Keats, che non ha mai incontrato. 

Paolina Bonaparte, che ha posato anni prima discinta per il Canova per la statua di Venere, ora al Museo Borghese, si è stabilita lì per vivere la sua storia d’amore con il musicista Giovanni Pacini. E ha preteso l’edificazione di una villa in prossimità dell’approdo sfortunato del poeta che lei adorava.   

Dopo la morte di Percy Mary si trasferisce a Genova dove frequenta Byron. Nel giugno 2014 l’associazione di amiche e amici a suo nome ha installato una targa nella casa che ha abitato, Villa Negrotto, nel quartiere di Albaro. 

Byron nel luglio del 23 si imbarca a Genova per la Grecia, con gli auguri di Goethe. Quasi un anno dopo è a Missolungi, vuole organizzare una difesa contro la flotta turca ma incappa in una fine non eroica come agognava. Un attacco febbrile, forse di malaria, lo stronca. Al suo funerale, in Inghilterra, c’è la fila di 47 carrozze vuote, sono l’ultimo  affronto  dell’aristocrazia  a quel ribelle arrogante. Ma tutta l’Europa piange la perdita di uno dei suoi massimi poeti. 

Ed ecco dopo quasi due secoli l’abbraccio fatale di questi poeti con i cantori nuovi, quelli del rock. E la maledizione del “Club 27”, con le star della musica morte a 27 anni: Jimy Hendrix, Janis Joplin, Kurt Cobain, Jim Morrison,  Amy Winehouse e altri.

Aggrediscono la loro vicenda umana trapassando i limiti imposti ma il destino è in agguato. Pronto a stabilire chi ha l’imperio e a colpire. 

Jmi Hendrix. Il grande chitarrista e il suo inno americano distorto a Woodstock. Inno contro la guerra con i fischi e le esplosioni prodotte dalla sua chitarra Fender. Esagera con le compresse Vesparax per dormire, dormire e non si risveglia.

Janis Joplin. Deceduta per overdose, sola in albergo. Ha vocalità blues, da nera, e non lo è. Straziante la sua “Summertime”. La sua voce, ruvida e tenera, ti graffia l’anima. Cerca l’amore nel corpo di uomini e donne invano, non lo trova. Terminato il concerto e l’entusiasmo lei sempre maledettamente sola. Ignorata, abbandonata. C’è soltanto un’amica infida, l’eroina. Le sue ceneri sparse nell’oceano Pacifico.

Jim Morrison. Leader del gruppo “The doors”, cantante e poeta. Re Lucertola, da un suo poema: un profeta della libertà. Viene rinvenuto nella vasca da bagno del suo appartamento a Parigi. Causa? Un infarto molto sospetto, niente autopsia. La sua tomba un santuario con un pellegrinaggio incessante. Il busto trafugato. Ha una compagnia illustre. Riposa accanto a Oscar Wilde, Edith Piaf, sino alla Maria Schneider de “L’ultimo tango”.

Kurt Cobain. Ė il frontman del gruppo grunge i Nirvana. Si spara in faccia quasi a negarsi ai media e a lui stesso. Grande icona dei giovani. La sua lettera di addio finisce così: “pace, amore, empatia”. La madre alle esequie: «Si è unito a quello stupido club!» La sua statua la tengono nascosta, non la espongono.

Amy Winehouse. Una voce soul eccelsa, la vestale della musica infelice. Vittima dello stop and go, eccesso di alcol dopo parentesi di disintossicazione. Nel suo video clip “back to black” partecipa al corteo funebre di un amore ed è preveggente, prefigura il suo.

Naturalmente intorno a queste morti è fiorita la teoria del complotto, si sospetta che ci fosse la CIA perché le vittime contrarie alla guerra in Vietnam e influenzavano i giovani. Noi propendiamo per la tesi romantica: i Poeti e i Rockers erano cannibali del vivere, pervasi da una bramosia che li portava a divorarsi. E si è ripetuto l’aspro duello tra Eros e Thanatos: l’amore, quindi la vita, e la morte.

 

Gianfranco Andorno

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Tags: Amy Winehousecobaingianfranco andornoKurt Cobain

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