Il Mulino ha ristampato uno fra i più interessanti – e aggiornati – libri sull’aiuto massiccio che gli Alleati dettero, durante la seconda guerra mondiale, alla Resistenza. Si tratta del saggio di Tommaso Piffer, docente di Storia contemporanea nell’Ateneo udinese, Gli alleati e la Resistenza italiana. Libro importante, con una vasta mole di documenti desecretati da poco tempo. Piffer fa crollare la “grande bugia della Resistenza” secondo la quale, nel biennio 1943 -1945, gli Alleati, pur restando fedeli all’impegno di sostenere la Resistenza italiana, di fatto optarono per una sorta di disimpegno verso le formazioni partigiane comuniste e azioniste. Con una grande mole di documenti Piffer dimostra come, per tutto il periodo della “guerra di liberazione”, gli Alleati non solo hanno sostenuto tutte le formazioni partigiane ma soprattutto non hanno mai discriminato alcuna componente politica della Resistenza. Tutti hanno avuto, dagli angloamericani, un pesante aiuto in termini di farmaci, soldi, armamenti, generi alimentari. Anzi, Piffer dimostra che la maggiore quantità di questi aiuti sono stati consegnati alle bande comuniste spesso a detrimento delle componenti liberali, monarchiche, cattoliche. Una strategia che tendeva ad aiutare principalmente i gruppi comunisti alquanto imprudente non solo perché i comunisti volevano prendere il potere per instaurare una dittatura comunista in Italia ma anche perché si trattava di formazioni non filooccidentali ma staliniste. E anche il proclama del generale Harold Alexander, del 13 novembre 1944, con il quale il capo delle forze alleate nel Mediterraneo invitava i partigiani a ritirarsi sulle montagne per quell’inverno e attendere la primavera per riprendere le ostilità. I partigiani interpretarono quel proclama come una strategia per mettere da parte la Resistenza italiana. La storiografia di sinistra ha sempre sostenuto questa lettura. Il motivo era un altro: lo spostamento di divisioni in Francia, all’indomani dello sbarco di Normandia, era necessario e la campagna d’Italia passò in secondo piano. Più in generale, gli Alleati non ritennero di aver bisogno della Resistenza italiana per portare a termine l’occupazione dell’Italia. Dal punto di vista militare non solo è un dato acquisito ma ci sono tanti documenti, che Piffer cita, che lo dimostrano. Quindi, Gran Bretagna e Usa appoggiarono fino all’aprile 1945 l’impegno dei partigiani comunisti perché non li ritenevano in grado di procurare qualche timore agli alleati. Per un verso erano convinti – come disse Eden già nel 1943 – che il popoplo italiano era lontano dal pericolo comunista e dall’altro i vertici dell’esercito alleato erano fin troppo certi che i filosovietici della Resistenza italiana non avevano alcuna capacità militare ritenendoli utili tutt’alpiù per azioni di disturbo nelle retrovie, di supporto nella preparazione dell’insurrezione finale o per operazioni di spionaggio. E la fiducia sulla lealtà degli azionisti, poi, si basava sul dato che uno dei suoi capi, Leo Valiani, faceva parte dei quadri del Soe (Special Operations Executive) statunitense.
Queste dinamiche, e la documentazione pubblicata da Piffer dimostrano con dati, statistiche, cifre e fatti l’apporto massiccio degli Alleati alla Resistenza.
Tommaso Piffer, Gli alleati e la resistenza italiana, il Mulino ed., pagg. 366, euro 17,00 (ordini: www.mulino.it)