
Dal 12 maggio tornano nelle sale i film di David Lynch grazie alla Cineteca di Bologna, al Festival del Cinema ritrovato e a Lucky Red
La recente scomparsa di David Lynch è una significativa perdita. Il suo corpus artistico, caratterizzato da una peculiare commistione di elementi onirici e perturbanti, ha esercitato un’influenza profonda sul cinema e sull’arte in generale, aprendo prospettive sull’esplorazione della psiche umana. Al di là della superficie surreale e delle narrazioni non lineari, l’opera di Lynch si configura come un’articolata indagine, che attinge a un ricco sostrato di influenze filosofiche e spirituali, tra cui spiccano esistenzialismo, surrealismo, teosofia, misticismo orientale. Questa complessa rete di riferimenti concorre a creare un’esperienza cinematografica suggestiva, che invita lo spettatore a confrontarsi con i misteri dell’esistenza e i confini porosi tra conscio e inconscio.
Eventi conseguenti?
Con la sua indagine sull’angoscia, sull’assurdità dell’esistenza e sulla radicale libertà dell’individuo, l’esistenzialismo si manifesta con particolare evidenza nei personaggi lynchani, spesso figure isolate, immerse in una perenne ricerca di senso in un mondo che appare loro estraneo e incomprensibile. Questa ricerca si articola attraverso una frammentazione della narrazione, che si manifesta in sogni, visioni, flashback e salti temporali, mettendo in discussione la linearità del tempo e la consequenzialità degli eventi.
Tale approccio narrativo trova una risonanza nelle riflessioni di filosofi come Henri Bergson sulla durata e la memoria. Bergson, nel saggio Materia e memoria, descrive la memoria non come un archivio statico di ricordi, ma come un flusso dinamico e indivisibile, in cui passato, presente e futuro si compenetrano, influenzando costantemente la nostra percezione del reale. Questa concezione del tempo come durée, come flusso continuo e non scomponibile in istanti discreti, si riflette nelle strutture narrative labirintiche di molti film di Lynch, che sfidano le convenzioni del racconto lineare e cronologico.
Irrazionale e onirico
Il surrealismo fornisce a Lynch un potente linguaggio visivo per esprimere l’irrazionale e l’onirico. Tuttavia il regista di Missoula (Montana) non si limita alla pedissequa riproduzione dei canoni del surrealismo storico: li rielabora attraverso un filtro profondamente personale, innervandoli di elementi propri del cinema di genere, del Kitsch e del melodramma, creando un’estetica inconfondibile che genera un corto circuito tra alto e basso, tra sublime e grottesco.
L’influenza della teosofia offre una chiave di lettura ulteriore per decifrare le dimensioni più arcane dell’opera di Lynch. La concezione di un universo governato da leggi occulte, l’enfasi sulla reincarnazione, la comunicazione con il mondo spirituale e l’esistenza di piani di realtà multipli fornisce un quadro d’insieme che risuona profondamente con molti dei temi e dei simboli presenti nei suoi film.
Meditazione trascendentale
La pratica assidua della meditazione trascendentale da parte del regista, a partire dagli anni ’70, ha contribuito ad affinare la sua sensibilità verso le tematiche spirituali e la ricerca di stati alterati di coscienza. La sua enfasi sulla ricerca di uno stato di coscienza superiore e la connessione con il Sé interiore si riflette nella dimensione contemplativa e introspettiva, che caratterizza molte delle sue opere.
Il tema del doppio, ad esempio, è una costante nel cinema di Lynch e trova un’eco nella concezione teosofica del doppio eterico, una sorta di controparte sottile del corpo fisico. Questo doppio non è semplicemente un alter ego o una personalità alternativa, ma una manifestazione di aspetti nascosti o repressi della psiche, una sorta di ombra junghiana che emerge dal profondo dell’inconscio.
Crisi identitaria
In Strade perdute (“Lost Highway”, 1997), la metamorfosi di Fred Madison in Pete Dayton può essere interpretata come una proiezione di diverse parti della stessa coscienza, una frammentazione dell’io, che riflette la crisi identitaria del protagonista. La trasformazione del protagonista e la narrazione frammentata creano un senso di spaesamento, mettendo in discussione linearità del tempo e stabilità dell’io. Questa fluidità dell’identità può essere vista come un riflesso della concezione teosofica della reincarnazione e della possibilità di assumere diverse forme nel corso del tempo. La strada può essere interpretata come metafora del viaggio interiore, un percorso alla ricerca di sé, che si snoda attraverso territori inesplorati della psiche.
Loggia nera e bianca
Le logge di Twin Peaks (1990-1991, 2017), la Nera e la Bianca, rappresentano forse l’esempio più evidente di influenza teosofica. Queste dimensioni parallele, abitate da entità misteriose e governate da leggi arcane, possono essere interpretate come rappresentazioni di piani di esistenza superiori o dimensioni spirituali. La Loggia Nera, con le sue forze oscure e la sua atmosfera inquietante, simboleggia il lato cupo della psiche umana, l’inconscio collettivo con i suoi archetipi perturbanti, mentre la Loggia Bianca rappresenta uno stato di purezza e saggezza. L’omicidio di Laura Palmer è il punto di partenza per un’esplorazione che si addentra nei meandri della psiche umana e del soprannaturale. Le Logge, Bob e gli altri elementi soprannaturali non sono espedienti narrativi, ma simboli che rimandano a una dimensione spirituale più ampia. L’agente Cooper, con la sua ricerca della verità e la sua apertura al mondo del sogno, è una sorta di moderno sciamano, capace di attraversare i confini tra i mondi e di comunicare con le entità che li abitano.
Intrecciati, sovrapposti
La rappresentazione del tempo non lineare nei film di Lynch può essere collegata alla concezione teosofica del tempo come illusione, una sorta di eterno presente in cui tutte le cose coesistono. Questa idea si manifesta con particolare forza in Inland Empire (2006), dove la narrazione si frammenta e si ricompone continuamente, creando un senso di spaesamento e di vertigine temporale. La ricerca della verità e del significato dell’esistenza, che accomuna molti personaggi lynchani, può essere vista come una metafora del cammino spirituale verso l’illuminazione, un tema centrale nella teosofia e in molte altre tradizioni mistiche. Questo percorso è spesso costellato di ostacoli, prove e incontri con figure enigmatiche, che fungono da guide o da ostacoli nel cammino verso la conoscenza di sé.
In questa chiave di lettura, le immagini nel cinema di Lynch non sono rappresentazioni del reale, ma eventi, epifanie che disvelano l’oscuro principio. Non si tratta di copie o simulacri, ma di manifestazioni che accadono in un preciso momento e che hanno una loro intrinseca forza rivelativa. Le immagini lynchane non offrono significati univoci o risposte definitive. Al contrario, esse aprono uno spazio di interpretazione, invitando lo spettatore a confrontarsi con il mistero che si cela dietro la superficie delle cose. Pensiamo alle ricorrenti immagini di corridoi bui, stanze con luci fioche, specchi che riflettono figure ambigue o ai personaggi che sembrano muoversi in uno stato di perenne sospensione tra sogno e veglia.
Segreti inconfessabili
La dialettica tra essere e nulla si manifesta nel cinema di Lynch attraverso la costante presenza dell’ombra, del non-detto, del rimosso. I suoi film sono popolati da personaggi che sembrano perseguitati dal passato, da segreti inconfessabili, da pulsioni che emergono dal profondo dell’inconscio. Questa presenza del nulla, dell’assenza, non è una mancanza, ma una forza attiva che influenza il presente.
Questa dinamica tra presenza e assenza, tra ciò che si mostra e ciò che si cela, è centrale per comprendere l’effetto straniante e al contempo coinvolgente del cinema di Lynch. In questa prospettiva, la conoscenza non è un possesso definitivo della verità, ma un’esperienza di apertura al mistero dell’essere (e del non-essere). Il mistero non è un enigma da risolvere o da svelare completamente, una volta per tutte, ma una condizione da sottoporre a un’interrogazione incessante. I finali aperti, le narrazioni non lineari, le figure enigmatiche che popolano i suoi film non sono difetti narrativi, ma scelte stilistiche consapevoli, che mirano a coinvolgere lo spettatore nel processo di costruzione del significato. Il cinema di Lynch, visto attraverso questa lente, non offre risposte, ma pone domande e invita lo spettatore a confrontarsi con il mistero dell’esistenza, con la sua inesauribile profondità.
Eraserhead in bianco e nero
Eraserhead (1977) si configura come un incubo distopico in bianco e nero, ambientato in un paesaggio industriale desolato e opprimente. L’angoscia esistenziale, l’alienazione e l’incapacità di comunicare sono temi centrali. La creatura deforme, che il protagonista Henry Spencer accudisce, è una metafora delle paure e delle responsabilità legate alla paternità, e anche una proiezione delle parti più represse della psiche, un “bambino interiore”, mostruoso e inesprimibile.
L’atmosfera claustrofobica, accentuata dall’uso di suoni industriali distorti e persistenti, contribuisce a creare un senso di disagio, che evoca un’esperienza quasi prenatale di angoscia e isolamento. Da un punto di vista teosofico, l’ambiente degradato e la creatura mostruosa possono essere interpretati come simboli di un piano astrale inferiore, un regno di forme-pensiero negative e disarmoniche, generate dalle paure e dalle angosce dell’umanità.
Orecchio mozzato in prato curato
Velluto Blu (“Blue Velvet”, 1986) segna una svolta nella carriera di Lynch, con una narrazione del lato oscuro della provincia americana, con la sua perversione e violenza nascoste dietro la facciata di tranquillità e normalità, rivela la dualità insita nella natura umana. Il ritrovamento di un orecchio mozzato in un prato curato innesca un’indagine amatoriale del giovane Jeffrey Beaumont, che lo conduce in un mondo sotterraneo e perverso, popolato dagli inquietanti Frank Booth e Dorothy Vallens. La contrapposizione tra Sandy Williams, incarnazione della purezza e dell’innocenza, e Dorothy Vallens, vittima e al tempo stesso complice di un perverso gioco di potere, incarna la lotta tra bene e male, luce e ombra, ricorrente nella teosofia. Il velluto blu può essere un simbolo dell’inconscio, un luogo dove si celano desideri repressi e pulsioni. L’immersione di Jeffrey in questo mondo nascosto rappresenta un viaggio iniziatico attraverso le zone d’ombra della psiche.
Il capolavoro
Mulholland Drive (2001), per molti il capolavoro di Lynch, esplora i meandri della psiche femminile. La sovrapposizione di identità, i sogni premonitori e la struttura narrativa non lineare mettono in discussione la natura stessa della realtà, aprendo a interpretazioni che coinvolgono concetti come la multidimensionalità della coscienza.
Ineffabile mistero
L’eredità di Lynch è immensa. Il suo lavoro continuerà a stimolare la riflessione e l’interpretazione, invitandoci a guardare oltre la superficie. Il suo cinema offre una chiave per comprendere la complessità della psiche umana e la natura sfuggente della realtà. Egli ha creato un universo autoriale, un corpus di opere che trascende i confini del cinema, per configurarsi come un’indagine sulla condizione umana.
La scomparsa di Lynch non segna la fine di questo viaggio, ma piuttosto l’apertura di una nuova fase. I suoi film continueranno a stimolare la riflessione, offrendo a ogni spettatore la possibilità di intraprendere un proprio, personale viaggio nel profondo di se stesso e del mondo che lo circonda. Il suo cinema, in definitiva, non è solo esperienza visiva, ma esperienza interiore, immersione nel cuore dell’esistenza, con tutte le sue contraddizioni, le sue ambiguità e il suo ineffabile mistero. La sua arte risuona con maggiore forza, monito a non temere l’ignoto e a scrutare l’abisso che ci abita.