
Il caveau sotterraneo custodisce più di mille ritratti, dal XVII secolo a oggi. Sono opere particolari quelle conservate dal Policlinico di Milano. Alcune hanno firme prestigiose: Sironi, Segantini, Mosè Bianchi, Hayez, Carrà, Tadini, per citarne alcune. Ma è il significato a renderle speciali. Infatti sono tutti ritratti di benefattori, che hanno mostrato riconoscenza verso l’ospedale e che il Policlinico ha scelto di valorizzare. Se è vero che la memoria sopravvive più di noi, la generosità potrebbe ambire all’eternità.
Autofinanziamento
La Ca’ Granda è stata sempre sentita come una casa dai milanesi ed è stata anche sostenuta dalla nobiltà. È forse il primo esempio di struttura pubblica quasi interamente autofinanziata. Voluta nel 1459 da Francesco Sforza e da Bianca Maria di Savoia per ingraziarsi la popolazione, era il luogo dove ci si poteva curare e che, dispensando anche cibo, garantiva l’igiene quotidiana ai più bisognosi (all’epoca sorgeva nell’attuale spazio dell’Università Statale).
La prassi di commissionare ritratti dei benefattori era una tradizione lombarda, che il Policlinico ha avviato nel corso del 1600. Solo dal 2019 però i quadri sono esposti con l’inaugurazione del museo “I Tesori della Ca’ Granda”, che occupa un’ala fino ad allora riservata agli uffici, in via Francesco Sforza 28 (dal lunedì al sabato dalle ore 10 alle ore 18, ingresso libero): qui si possono ammirare la quadreria dei benefattori, compresi capolavori di grandi pittori (in tutto 25 opere) e antichi strumenti chirurgici, che hanno fatto la storia della medicina.
E cerchi lì le tue radici…
È stato Marco Giachetti, attuale presidente del Policlinico, a trarre quadri e cimeli dal caveau: “Quando sono arrivato in Policlinico, ho potuto conoscere l’immenso patrimonio storico, artistico e culturale. La storia della Ca’ Granda e dei suoi benefattori mi ha subito affascinato e ho creduto importante farla conoscere. La tradizione di generosità non s’è mai fermata e ancora oggi l’ospedale omaggia benefattori con un ritratto gratulatorio, che ne conserva la memoria. Ho voluto il percorso espositivo per riavvicinare i cittadini alle nostre radici: l’obiettivo è sempre stato quello di far re-innamorare i lombardi e i milanesi della nostra istituzione e di restituire alla comunità quanto ci è stato donato”.
Durante la Festa del Perdono, ogni due anni, il Policlinico presenta i ritratti dei nuovi benefattori eseguiti dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Brera. La donazione deve essere di almeno 250mila euro, sei gli ingressi del 2025.
Forza della fondazione
È stata Adele Padovani – mamma di Daniela Iandola, morta a sei anni nel 1970 – a creare l’associazione, diventata Fondazione De Marchi. I reparti dell’omonima clinica pediatrica hanno strutture e apparecchiature donate dalla Fondazione che si impegna anche a istituire borse di studio per ricercatori, a garantire assistenza psicologica a familiari e pazienti e a finanziare le vacanze assistite per i piccoli degenti. Il ritratto di Daniela è stato affidato alla venticinquenne Agnese Introini, diplomata a Brera nel 2023: «Dalle fotografie e dai racconti ho conosciuto una bambina forte e sorridente. Sono felice di contribuire a divulgare questa forza e questo sorriso».
Eredità per l’inizio e per la fine
Ammamaria Sangregorio, che sorride in poltrona col nipotino in braccio (attuale medico del Policlinico) ha avuto una vita avventurosa: infanzia in Eritrea fra le due guerre, rimpatrio sulle navi della Croce Rossa, genitori che non la mandarono all’Università perché femmina (il fratello ci andò), l’attività da imprenditrice assieme al marito. Fu madre e nonna e, in punto di morte, decise di sostenere l’inizio e la fine della vita, la terapia intensiva insieme all’immunologia neonatale dell’ospedale e una fondazione cittadina che aiuta i malati terminali. «È un onore per me ritrarre una benefattrice come lei, che ha lasciato per il futuro un segno indelebile». ha detto la pittrice italo giapponese Kumi Cristina Watanabe.
Tutti i medici in famiglia
Mario Pugni e Giuseppa Rivolta sono diventati medici fra le due guerre, entrambi figli di piccoli commercianti di Pavia. Appassionati di musica, hanno una figlia, Lorenza, che segue le loro orme, diventando pediatra alla clinica Mangiagalli. Il lascito testamentario a favore della ricerca di Infettivologia (detta Sangregorio-Pugni) è un gesto naturale per loro. «Sono felice di poter tramandare il loro esempio di generosità e onestà», ha scritto la ventiquattrenne artista polacca Mirella Jaworska che ha eseguito il ritratto.
Singhiozzo di Pio XII
Valerio Valier, Grande ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica, aristocratico veneziano, ricercatore a Farmitalia. Quando la sua casa milanese fu bombardata, si trasferì a Como. Ogni giorno raggiungeva Milano in bicicletta. In paese lo chiamavano sciur dutur. È ricordato come l’inventore del farmaco che risolse il singhiozzo al Papa. Con la sua donazione è stato costruito l’Auditorium Valier al Policlinico. Il ritratto è di Letizia Carattini,”ho messo la mia mano a disposizione del ricordo”.
Ricerca come staffetta
Giuseppe Scalabrino, unico benefattore vivente, è medico, professore, ricercatore, intellettuale. Ha lavorato in vari atenei, è stato premiato più volte, ha pubblicato centinaia di articoli in oncologia, neurobiologia e biologia molecolare, i suoi lavori più recenti sono sulla sclerosi multipla. Appassionato d’arte, ha donato importanti “prime edizioni” a prestigiose biblioteche, la sua donazione permetterà di costruire la nuova Nefrologia del Policlinico. Lo ha ritratto il pittore Michele D’Amico, che di lui ha detto: “Un privilegio conoscerlo. Ho intrattenuto con lui conversazioni utili per apprezzarne la straordinaria disponibilità e smisurata cultura”.
Oro alla pioniera dei trapianti
Claudia Pizzi, biologa e pioniera della medicina dei trapianti, ha lavorato al Policlinico per 46 anni, ha appreso le tecniche per la trasfusione del sangue e l’amore per la ricerca col suo mentore, Girolamo Sirchia. Ha avuto un ruolo importante nel Coordinamento del Nord Italia Transplant program (NITp). Nel 2003 ha ricevuto la medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica. L’artista Giacomo Cazzaro condivide con lei la passione per Bormio: «Era devota a un crocefisso venerato nella chiesa raffigurata sullo sfondo».
Dal blog di Gioia Locati*