Primo papa sudamericano, primate d’Argentina, Francesco è stato a disposizione dei più poveri del suo Paese e poi dei più poveri del mondo. Riformatore, ha scosso le certezze dei potenti, ma anche di una Chiesa cattolica conservatrice, turbata da certi delicati fascicoli. Fino alla fine ha lottato coraggiosamente, dignitosamente. Nei corridoi del palazzo apostolico a Roma si è sperato che, ancora una volta, papa Francesco ce l’avrebbe fatta. Che a 88 anni, sebbene molto indebolito, avrebbe sconfitto la fragilità che da anni lo teneva sulla sedia a rotelle. Ma lo scorso lunedì 21 aprile, nelle feste di Pasqua, è spirato, gettando la cattolicità e, infine, il mondo intero, di qualsiasi fede religiosa, in un palpabile dolore.
Figlio di emigrati italiani
Aureolato dall’immagine di riformatore autentico, Jorge Maria Bergoglio era salito al soglio di Pietro il 13 marzo 2013, prematuro successore di Benedetto XVI, allora dimissionario, cui farà, appena eletto, la prima telefonata. E mentre quest’ultimo diviene il primo papa emerito della storia, lui, il figlio dei sobborghi di Buenos Aires, nato nel 1936 da una famiglia di emigrati italiani, diviene, oltre che primo papa sudamericano, primo papa gesuita, primo pontefice non europeo dal VIII secolo e primo di nome Francesco, come san Francesco d’Assisi, colui che amava i poveri. Il suo modello.
“Ho 75 anni, lascerei…”
Ironia della sorte, due anni prima dell’elezione, il primate argentino aveva presentato le dimissioni proprio a Benedetto XVI. Aveva 75 anni, un solo polmone e il sorriso non facile… Il Santo Padre di allora aveva saputo trovare le parole per indurlo a continuare il suo ministero. Eleggendolo 266esimo papa, i 115 cardinali riuniti in conclave nella Cappella Sistina tra il 12 e il 13 marzo 2013 sono consci di proiettare la Chiesa cattolica in un nuovo mondo. Un paradosso per un’istituzione più che millenaria, caratterizzata da stabilità e, spesso, conservazione. Scelgono una persona di gusti semplici, per il quale la frugalità non è un voto, ma un credo.
Calcio e tango, Chagall e Fellini
A Buenos Aires non era raro che l’arcivescovo Bergoglio lavasse i piedi ai malati di Aids. Passava i fine settimana nelle parrocchie più povere, coi preti delle baraccopoli. Preti che hanno una linea diretta per raggiungerlo, infatti Sua Eminenza non ha né cellulare, né tv. Ama il calcio ( darà una maglia della squadra vaticana à Messi, in cambio di quella del Paris Saint-Germain), il tango, la pittura di Chagall e La strada, capolavoro di Federico Fellini.
Giornalaio e calzolaio
Ogni giorno acquistava un quotidiano arrotolato in un elastico. A ogni fine mese rendeva ogni elastico al giornalaio. Papa Francesco non perde questo senso dell’economia quotidiana in Vaticano. Anzi. Restio alle ostentazione, si presenta al mondo, la sera dell’elezione, con la tonaca bianca. Rifiuta ornamenti legati alla nuova funzione, inclusi i lussuosi appartamenti pontifici, lasciati per qualche stanza più modesta nella Residenza Santa Marta, foresteria per ecclesiastici interna al Vaticano. Quando le scarpe ortopediche si consumano, le fa scrupolosamente riparare, anziché prenderne di nuove. E se gli regalano una Lamborghini bianca, la rivende subito per devolvere il ricavato a opere di carità.
Dialogare con l’Islam
Questo papa ha incorporata la fibra sociale. Innanzitutto fustiga la finanza, il liberalismo, la globalizzazione dell’indifferenza. E martella, come in occasione della visita a Marsiglia nel settembre 2023, la priorità data alle vite più fragili. “Siamo tutti migranti. Lasciamoci toccare dalla loro tragedia”. Non per questo Francesco è progressista. Condanna regolarmente l’aborto e riafferma la dimensione sacra della vita, opponendosi all’eutanasia. “Non si scherza con la vita, né all’inizio, né alla fine”, professa instancabile. Ma per le frange più conservatrici della Chiesa è troppo aperto per la volontà di dialogare con l’Islam gli impegni ecologici.
10 anni da “Laudato Sì”
Primo papa a incoraggiare i cristiani a documentarsi sulla crisi climatica, al tema dedica l’enciclica Laudato Sì, pubblicata nel 2015. Sarà anche il primo pontefice su Twitter (oggi X) e a rifiutare un’operazione al cuore, per farsi curare con l’agopuntura cinese da un monaco taoista. Benché riservato, Francesco è il primo a confessare indirettamente il peso della sua carica. “Solo una cosa mi manca molto: la possibilità di uscire e camminare nelle strade . Mi piace visitare le parrocchie e incontrare la gente”.
Parla, ascolta, ricorda
Se temperamento autoritario e irascibilità non sono un mistero, si dice anche abbia umorismo – “Pare che i confratelli cardinali abbiano dovuto venirmi a cercare in capo al mondo”, scherza durante la prima benedizione dal balcone del 13 marzo 2013…”- e fascino. Parla poco, ascolta molto, ricorda sempre.
Perfino indebolito dalla malattia conserva un’aura poco comune: sguardo e voce si animano quando deve pregare e soprattutto la sua forza vitale sembra nutrirsi di contatti coi “più piccoli tra i suoi”: nei viaggi ufficiali, bambini, vecchi o minorati sono i primi ai quali si rivolge. Alcuni lo descrivono grande seduttore. Di poveri, certo, ma anche di potenti.
Dittatori qui, pedofili là
Jorge Maria Bergoglio è soprattutto un animale politico – come la maggior parte dei predecessori da quasi un secolo – con le sue zone d’ombra. E’ stato accusato di rapporti con la dittatura argentina negli anni 1970, cosa che ha sempre negato. Come ha negato ogni indulgenza verso i preti pedofili. Il papa Francesco è stato infatti nominato subito dopo lo scoppio dello scandalo degli abusi sessuali, che allora sconvolgevano la Chiesa cattolica in varie aree del mondo. Perciò affronta la questione in maniera più chiara dei predecessori. Francesco non difende né gli interessi dell’Ue, né degli Usa, ma solo quelli dei cristiani, e fonda la sua diplomazia sul realismo e sull’impulsodi una religione secondo i principi del Vangelo.
Un casetta per Amalia
Ha incontrato tardi la religione. Prima di dedicare la vita a Gesù, Francesco ha infatti amato le donne. A 13 anni si innamora di Amalia, una piccola vicina che, come lui, abita nel quartiere di Flores, a Buenos Aires. Un giorno le mette in mano una lettera col disegno di una casa con un tetto rosso e mura bianche. Sul retro è scritto: “Questa è la casetta che comprerò quando ci sposeremo”. E il giovane Bergoglio conclude: “Se non mi sposi, mi faccio prete””. Scandalizzato, il padre della bambina pone fine all’idillio nascente. Jorge riceverà perfino un ceffone da suo padre per questa audacia.
Prete dal dicembre 1969
Quattro anni dopo, mentre è già fidanzato con una ragazza che adora ballare, ha la rivelazione e decide di prendere l’ordine, pur continuando gli studi di ingegnere chimico. A 22 anni entra nella Compagnia del Gesù, dove fa studi umanistici e si laurea in filosofia. Dopo una svolta verso l’insegnamento privato, studia teologia prima di essere ordinato prete il 13 dicembre 1969, contro il parere della madre. Meno di 4 anni dopo, è eletto responsabile nazionale dei Gesuiti argentini e lo resta per sei anni.
Arcivescovo in autobus
La sua ascesa folgorante prosegue. La sua popolarità cresce negli anni e nei decenni. Il popolo argentino ama questo discepolo di Dio, che va in autobus, è accessibile a tutti. Nel 1998 è nominato arcivescovo. E nel 2001 cardinale per volontà di Giovanni Paolo II. Da allora alla morte di quest’ultimo, il primate d’Argentina, ex buttafuori nei locali notturni di Cordoba o ex inserviente in aziende farmaceutiche – sarà finalista di fronte al futuro Benedetto XVI nel conclave.
Nell’ultima dimora porterà solo questo amuleto da cui non si separava: una croce di rosario, sottratta tanto tempo fa a un ex confessore appena morto e che celava in un sacchetto tenuto sempre sul cuore. Nessuno lo sa. Ma una cosa è certa: creando 163 cardinali lungo il pontificato, di cui 133 elettori – cioè il 78% del prossimo conclave – papa Francesco avrà improntato di sé la scelta del successore
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