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Il ricordo/1. Mario Vargas Llosa gloria della letteratura libera

D'Orrico: "Don Mario, bello come un attore hollywoodiano del Decennio d’Oro, l’architetto delle più alte cattedrali narrative del suo tempo è lo scrittore che ho amato più di ogni altro scrittore"

by Gianni Marocco
19 Aprile 2025
in Cultura
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Mario Vargas Llosa

Alvaro Vargas Llosa, unitamente al fratello Gonzalo ed alla sorella Morgana, dava da un account di X  la notizia del decesso del padre Mario, a Lima, domenica 13 aprile 2025:

“Con profundo dolor, hacemos público que nuestro padre, Mario Vargas Llosa, ha fallecido hoy en Lima, rodeado de su familia y en paz. Su partida entristecerá a sus parientes, a sus amigos y a sus lectores, pero esperamos que encuentren consuelo, como nosotros, en el hecho de que gozó de una vida larga, múltiple y fructífera, y deja detrás suyo una obra que lo sobrevivirá. Procederemos en las próximas horas y días de acuerdo con sus instrucciones. No tendrá lugar ninguna ceremonia pública”.

In Perù è stato dichiarato il lutto nazionale. Veglia funebre ed esequie strettamente private  e cremazione della salma, come da volontà del defunto (avvenuta lunedì 14 aprile). La notizia ha immediatamente fatto il giro del mondo e sono apparsi doverosi e talora torrenziali ‘coccodrilli’ in tutti i media in lingua spagnola, e pure in Europa e Stati Uniti: Muere Mario Vargas Llosa, el último monstruo sagrado de la literatura latinoamericana; Muere Mario Vargas Llosa, gigante de las letras universales; Mario Vargas Llosa en la gloria; Muere Mario Vargas Llosa: entre la gloria literaria y la ultraderecha e tanti altri più o meno scontati, reboanti (o con punte di astio).

Ad es. per Diario Red (quotidiano spagnolo on-line, TV ecc. dichiaratamente marxista):

“Mario Vargas Llosa, considerado uno de los grandes exponentes de la novela en América Latina y protagonista del llamado ‘boom latinoamericano’, pero también un referente inequívoco de la ultraderecha, falleció a la edad de 89 años. Así lo anunció Álvaro en X, su hijo, también columnista y aliado durante años con otros exponentes del neoliberalismo, cercano a la internacional reaccionaria y a la ultraderecha global. Durante años Vargas Llosa mantuvo una presencia activa en el periodismo de opinión, especialmente a través de su columna semanal en el diario El País, desde donde opinó con vehemencia sobre los más diversos asuntos, ganándose seguidores y detractores por igual. Su pluma, filosa y contundente, no evitó jamás la confrontación ideológica. Pese a haber seguido ideas de izquierda durante su juventud, se alineó con la derecha más conservadora con el paso del tiempo. Se convirtió en un referente intelectual de los sectores más conservadores y ultraderechistas. Mario Vargas Llosa deja tras de sí una obra monumental e indiscutible, imprescindible para comprender la literatura y la política del continente en los últimos sesenta años. Pero también deja abierto el eterno debate sobre la relación entre arte e ideología, entre el genio creativo y la deriva ética, moral e ideológica del intelectual”.

 (https://www.diario-red.com/articulo/cultura/muere-mario-vargas-llosa-gloria-literaria-ultraderecha)

Appena più sfumate le righe di Oscar Sánchez Serra, articolista di Granma, organo ufficiale del Partito Comunista di Cuba, in Dialektika del 15.4.2025, ‘Mario Vargas Llosa en la gloria’:

“Él era, sin duda, un hedonista, y este es el dato fundamental que explica tanto su teoría literaria, aquello de ‘la verdad de las mentiras’, como sus ideas políticas, un liberalismo campechanote de tío guapo y afortunado. Muy afortunado, sin duda, porque, aunque no consiguió ser Presidente de su propio país, cuando obtuvo el Premio Nobel él mismo declaró que no se podía tener ya más gloria en vida…desde muy pronto se dio cuenta de que el marxismo estético que practicó en su juventud junto a sus compañeros del boom no era más que esnobismo intelectual. Fue un niño bien, y cuando se metió en política lo hizo de buena fe, para crear riqueza para su país. Más lo cierto es que Vargas Llosa comenzó, como tantos, imitando las formas narrativas e intuiciones poéticas de William Faulkner, la fórmula de encontrar lo universal en lo provinciano. Su teoría de la novela se basaba primero en Gabriel García Márquez y Gustave Flaubert fungiendo de dioses omnipotentes, y después en la idea de estirpe nabokoviana de que la ficción sólo es ficción, no se le dé más vueltas, aunque se practique el realismo. Mario Vargas Llosa, en fin, ha mantenido hasta el final ese perfil de hombre ganador que siempre lo ha caracterizado, pese a la derrota frente a Fujimori. Esperemos que el Más Allá sea para él una orgía perpetua”.

In Italia, nel profluvio di ‘coccodrilli’ banali, ricicciati o intelligenti, in particolare mi son piaciute alcuni frasi di Antonio D’Orrico su Domani, ‘Vargas Llosa a iosa!’ del 15 aprile 2025:

“Don Mario, bello come un attore hollywoodiano del Decennio d’Oro, l’architetto delle più alte cattedrali narrative del suo tempo è lo scrittore che ho amato più di ogni altro scrittore. L’ho amato per La città e i cani, il suo miracoloso esordio a ventisei anni, il romanzo alla Sartre che a Sartre non riuscì mai. Per Conversazione nella ‘Catedral’, immenso e dolente romanzo nazionale peruviano (come I promessi sposi per gli italiani), con il quale ha circumnavigato da Joyce a Faulkner a alla fine doppiato anche sé stesso come gli antichi navigatori il Capo di Buona Speranza. Ma soprattutto l’ho amato per La zia Julia e lo scribacchino, la sua educazione sentimentale, il romanzo più felice mai scritto come se la vita non dovesse mai finire, ma tutt’al più restare sospesa nel più meraviglioso dei sortilegi”.

Ricorda D’Orrico che nell’estate del 1959, quando Vargas llosa aveva 23 anni, viveva a Parigi in una mansarda e faceva il giornalista, in preda a cupissimi pensieri di morte, ritenendosi un fallito, comprò su una bancarella sulla Senna un libro come ultimo desiderio:

“Era Madame Bovary che lesse tutto in una notte, seriamente convinto che la mattina dopo l’avrebbe fatta finita, ma arrivato alla riga conclusiva quel ragazzo disperato capì che tipo di scrittore gli sarebbe piaciuto essere e capì che avrebbe amato Emma Bovary da quel momento e fino alla morte, di un amore vero, carnale”. 

 Tanti anni dopo, in una intervista, ‘Varguitas’ ricorderà d’essere stato:

“Un bambino viziato, presuntuoso, i miei capricci erano legge”. 

A 14 anni conobbe il padre e fu un colpo di scena da gran teatro perché gli avevano detto che era morto. E fu l’inizio di una guerra per gli opposti caratteri. A complicare le cose c’era il fatto che il ragazzino era uno scrittore precoce. Non sarebbe diventato diplomatico come sperato:

“A quel tempo la borghesia di Lima disprezzava la letteratura, la considerava un alibi per perdigiorno, un’attività da signorine. Per fare di quel ragazzino delicato e sensibile un vero uomo, il padre lo mandò in collegio, il Leoncio Prado, a metà tra riformatorio ed accademia militare, gestito con pugno di ferro da ufficiali fanatici della disciplina. Fu l’inferno e Varguitas lo narrò nella Città e i cani. Anche i militari del Leoncio Prado lessero il romanzo e lo recensirono a modo loro. Nel cortile delle adunate organizzarono una cerimonia in pompa magna, ne bruciarono un migliaio di copie e dissero che La città e i cani era stato scritto da una mente malata, un nemico del Perù”.    Ma ciò non è certo.

(https://www.dagospia.com/media-tv/vargas-llosa-iosa-d-orrico-l-amore-scrittore-per-madame-bovary-i)

 Jorge Mario Pedro Vargas Llosa, I marchese di Vargas Llosa (almeno per la Spagna), nacque ad Arequipa, città del Perù meridionale, il 28 marzo del 1936 da una antica ed agiata famiglia borghese di ascendenza creola e meticcia. Il suo avo, Juan de la Llosa y Llaguno, militare di professione, si era trasferito in Perù dai Paesi Baschi alla fine del XVII secolo.  Considerado  uno dei maggiori romanzieri e saggisti contemporanei, le sue numerose opere sono state tradotte in oltre 30 lingue e l’autore ha ottenuto numerosissimi premi e riconoscimenti, tra i quali il Premio Nobel per la Letteratura 2010 (conferitogli più per il lontano passato di scrittore di sinistra che per il presente neoliberale…) il Premio Cervantes 1994 (considerado il più importante per la lingua ispana), il Premio Príncipe de Asturias delle Lettere 1986, il Premio Biblioteca Breve 1962, il Premio Rómulo Gallegos 1967, il Premio Planeta 1993, tra gli altri.  

Nel 2011 ricevette il titolo di marchese (ereditario) dal re Juan Carlos I di Spagna, che sarà presente al suo insediamento all’Académie. Vargas Llosa ha ricevuto decine di alte onorificenze di molti Paesi, di Lauree Honoris Causa da prestigiosi Atenei. Membro della Academia Peruana de la Lengua dal 1977, nel 1994 è stato nominato membro della Real Academia Española, dopo l’ottenimento della cittadinanza spagnola. Nel 2014 accademico corrispondente della Accademia Brasiliana delle Lettere. Nel 2021 è stato eletto membro della Académie Française per occupare il seggio numero 18 (già di Tocqueville). In Italia: 2013, Premio letterario Giuseppe Tomasi di Lampedusa; 2010, Premio Internazionale Viareggio; 2009, Premio Ceppo Internazionale “Piero Bigongiari”; 2008, Premio mondiale Cino Del Duca; 2004 e 1986, Premio Grinzane Cavour.

(Cfr. es.wikipedia.org/wiki/Anexo: Premios_y_distinciones_recibidos_por_Mario_Vargas_Llosa)

  

Con Gabriel García Márquez, Julio Cortázar, Carlos Fuentes, Jorge Luis Borges, Octavio Paz, Isabel Allende, Mario Vargas llosa è stato uno dei principali esponenti del già ricordato, cosiddetto ‘boom latinoamericano’. Raggiunse la fama negli anni ’60 con i romanzi La ciudad y los perros (1963), La casa verde (1966) e Conversación en La Catedral (1969). Continuò coltivando prolificamente vari generi, il saggio, l’articolo giornalistico, il teatro, le memorie. La maggioranza dei suoi oltre 30 romanzi e racconti sono ambientati in Perú, divulgando la sua concezione della contraddittoria società peruviana: La tía Julia y el escribidor (1977); Historia de Mayta (1984); ¿Quién mató a Palomino Molero? (1986); Elogio de la madrastra (1988); Lituma en los Andes (1993); Los cuadernos de don Rigoberto (1997). En cambio, en La guerra del fin del mundo (1981); La fiesta del Chivo (2000) y El sueño del celta (2010) situa le trame in altri Paesi. Mai gli interessò definirsi in un solo genere, né in una unica forma di affrontare le storie. Dalla politica al football (il Real Madrid gli ha reso omaggio con un minuto di silenzio prima della partita di Champions contro l’Arsenal del 16 aprile), dal saggio al romanzo, Mario Vargas Llosa ha scritto come visse: intensamente, vulcanicamente, con una forte tensione alla felicità.  Il legato letterario di Vargas Llosa è stato, com’egli disse in una intervista al quotidiano spagnolo ABC: ‘La funzione della letteratura non è solo procurare piacere, divertimento, fascinazione ai lettori, ma anche contribuire a formare buoni cittadini per la società democratica’. 

La sua tecnica compositiva, alquanto complessa, si è caratterizzata per l’interconnessione dei racconti, la creazione di dialoghi incrociati, l’utilizzazione di una narrazione ‘telescopica’ e l’adozione di elementi come ‘vasi comunicanti’. 

Come altri scrittori ispanoamericani, Vargas Llosa partecipò attivamente in politica. Simpatizzante comunista e ammiratore di Fidel Castro in gioventù, si convertì poi ad una politica neoliberale e liberista, tanto da candidarsi alla Presidenza del Perù nel 1990: fu sconfitto al ballottaggio da Alberto Fujimori e decise allora di lasciare il Paese e trasferirsi in Spagna.

Nel 2021 Vargas Llosa fu eletto membro della Académie Française, il primo che non avesse scritto opere in lingua francese, ma anche il primo scrittore di lingua non francese al quale la prestigiosa La Pléiade di Gallimard abbia pubblicato l’opera in vita. Il marchese don Mario divenne, quindi immortel, come gli altri 40 accademici, per via del motto ‘À l’immortalité’, sull’insegna coniata per l’Académie dal suo fondatore, il cardinale di Richelieu (1635), con riferimento alla missione di diffondere la lingua francese, quella sì immortelle…

  ‘L’eterno damerino’ di estrema destra, per chi non l’aveva in simpatia: commentò astiosamente parecchia sinistra latinoamericana, francese, catalana ecc. al vederlo all’Institut de France con la spada e l’habit vert con i ricami d’oro e d’ulivo, novello Victor Hugo, non perdonandogli l’apostasia degli anni ’80 e l’appoggio poi manifestato a vari politici conservatori. Ovviamente falso: semmai Vargas Llosa rappresentò (non da politico di professione) una destra liberale moderata, laica, globalizzatrice in quanto realista, cosmopolita, certo non reazionaria…

Vargas Llosa fu anche uomo di amori proibiti e polemici, non solo un protagonista delle lettere, ma pure della ‘stampa rosa’, del gossip. Si sposò assai giovane, con grande scandalo familiare, con la sua ‘zia d’acquisto’ Julia Urquidi Illanes (1926-2010), scrittice boliviana (in realtà era sorella di Olga, la moglie di uno zio materno), divorziata con dieci anni più di lui.  Un episodio che egli stesso raccontò nel romanzo autobiografico La tía Julia y el Escribidor. Poi abbandonò, divorziandosi con quasi 80 anni, la successiva moglie (e cugina, nonchè nipote della precedente) durante cinque decenni, Patricia Llosa Urquidi, paziente sposa e collaboratrice, per la famosa socialite filippino-spagnola Isabel Preysler, già moglie del cantante Julio Iglesias, poi di Carlos Falcò marchese di Griñon, quindi del potente Ministro dell’Economia di Felipe González, il socialista Miguel Boyer; madre di cinque figli, in maggioranza anch’essi famosi.

L’idillio era iniziato nel 1961, quando Patricia aveva 15 anni e Mario 25. La fanciulla fu a vivere nell’appartamentino parigino dell’uomo; si sposarono nel 1965, dopo 4 anni di convivenza.  Vargas Llosa e Patricia vissero una lunga storia coniugale segnata da momenti di felicità, sfide, rotture e riconciliazioni fino al 2015, con 3 figli e 6 nipoti.

Per noi italiani credo sorga spontanea la tentazione di paragonare il nostro ‘mostro sacro’ Gabriele D’Annunzio con Mario Vargas Llosa, pur se vissuti in contesti diversi, uno poeta, in primis. Li accomuna l’edonismo, il vitalismo esistenziale, la molteplicità dei generi letterari visitati, la capacità di lavoro, la produzione esuberante, un certo esibizionismo arrogante e superbo, punte di narcisismo, l’essere onnivori. Il peruviano era un signore alto ed elegante ed il pescarese misurava 1,58 e precocemente calvo. Il primo ebbe il Nobel, il secondo no (supremo sberleffo, lo ebbe Grazia Deledda nel 1926). L’italiano divenne Principe di Montenevoso (dai sarcastici per via della cocaina che sniffava in abbondanza), l’altro ‘solo’ marchese… Quindi la passione politica, dove D’Annunzio, in un certo senso, prevale, come Reggente-Comandante del Carnaro ed eroe della Grande Guerra. Poi la sensualità di entrambi, il desiderio della ‘carnalità’, più sublimato esteticamente dal Vate, maestro di autoinganni e travestimenti di prostitute in aristocratiche. A questo mondo ‘più che Casanova e Dongiovanni ci stanno i puttanieri’, disse qualcuno. Tempi diversi, certo, ma nessun dubbio sul fatto che entrambi furono fortemente attratti da avventuriere e postribolanti. E che sfruttarono pure le loro donne, i talenti o i quattrini, con la 

Duse D’Annunzio e Vargas Llosa con le due mogli, alle quali le sue opere devono non poco.

 ‘Esto es por lo que le hiciste a Patricia’, gridò rabbioso Vargas Llosa colpendo ‘Gabo’ con un forte pugno. Finì un’amicizia epocale tra due dei più celebri scrittori d’ogni tempo, il 13 febbraio 1976, in un cine-teatro di Città del Messico, almeno secondo Jaime Bayly autore di Los genios (Galaxia Gutenberg, 2023), non-fiction-novel dedicata alla relazione tra i due Premi Nobel.  Mario Vargas Llosa, ingelosito da ‘attenzioni’ verso la propria moglie, sferrò un gran cazzotto al volto dell’allora inseparabile amico, il colombiano Gabriel García Márquez (da quando lo conobbe, nell’aeroporto di Caracas nel 1967), al quale fece un occhio nero e procurò una  contusione al naso. Il colpo fu inferto per gelosia: lo ha raccontato il fotografo messicano Rodrigo Moya, testimone della scena, in occasione dell’80mo compleanno di Gabriel García Márquez, alla vigilia di un’annunciata riconciliazione tra i due grandi scrittori (2007). 

Riavvicinamento segnato simbolicamente dalla pubblicazione di un’edizione speciale di ‘Cent’anni di solitudine’ (1967), con una prefazione di Vargas Llosa, che dette, per la prima volta, l’autorizzazione a ripubblicare il suo celebre saggio del 1971, dedicato all’ex-amico, Storia di un deicidio. Fu la tesi di dottorato alla Universidad Complutense di Madrid, presentata come García Márquez:lengua y estructura de su obra narrativa, ottenendo il sobresaliente cum laude. Un’analisi approfondita dell’opera di ‘Gabo’, dagli inizi a Cien años de soledad. Il titolo originale fu cambiato dall’editore in Historia de un deicidio, un lavoro di 667 pp. di gran rigore accademico. 

‘¿Qué puede llevar a romper una amistad como la que tenía usted, tan íntima, de tantos años, con García Márquez?’, domandava Manuel Jabois a Vargas Llosa nel febbraio 2023 in una lunga intervista per El País di Madrid. ‘Mujeres, simplemente’, rispose laconico don Mario. 

Per il giornalista peruviano-statunitense Jaime Bayly l’antecedente del pugno e della rottura fu quanto successo nella discoteca di Barcellona Bocaccio, tempio della ‘Gauche Divine’. In due episodi, più o meno credibili o ricreati per licenza letteraria:

 “Vargas Llosa había abandonado a su mujer, Patricia junto a sus tres hijos, por una modelo que conoció en el barco de camino a Lima en 1974. En aquella discoteca Gabo le aconsejó a Patricia que se divorciara y, junto con Mercedes Barcha (mujer del colombiano), le contaron a la esposa del peruano la afición de su marido por los prostíbulos. ‘Tú sabes que a Mario le gustan las putas’ ricordando a Patricia che mentre stava dando a luz a su segundo hijo Gonzalo, il padre estaba con una prostituta. El segundo episodio del Bocaccio, ya sin la presencia de Mercedes, relata cómo Gabo y Patricia se pusieron cariñosos bailando y bebiendo.  La acción pasa de la pista de baile a la intimidad de una habitación de hotel y se deja entrever que Patricia usó ese ‘casi affair’ para poner celoso a su esposo justo en el momento en el que este quiso volver a casa. García Márquez nunca se acostó con la mujer de su amigo, sino que fue una invención de Patricia para recuperar a su marido”.

(https://www.elindependiente.com/tendencias/2023/03/22/tu-sabes-que-a-mario-le-gustan-las-putas)

Nel 2017, tre anni dopo la morte di Gabriel Garcia Márquez, lo scrittore peruviano ha voluto rendere pubblicamente omaggio al grande scrittore colombiano una con una conferenza all’Università Complutense di Madrid: “Più che un intellettuale, Marquez è stato un vero artista, un poeta. Non era in grado di spiegare il suo talento e ha lavorato attraverso l’intuizione, l’istinto, non attraverso una riflessione intellettuale, concettuale, perchè aveva una volontà straordinaria di sorprendere con aggettivi, avverbi e trama. Sono stato abbagliato da Cent’anni di solitudine, che è un meraviglioso, straordinario romanzo. Ci si rende conto di una straordinaria complessità intellettuale quando si studiano i libri di Gabo, ma non sono certo che egli fosse cosciente delle cose magiche che ha scritto”.

(https://www.adnkronos.com/cultura/vargas-llosa-e-quel-pugno-per-una-donna-che-mise-fineallamicizia)

Solo una volta io ebbi l’occasione di conversare con Mario Vargas Llosa. Fu quando ero Console Generale a Porto Alegre, Brasile, una trentina di anni fa. Tema della sua conferenza, nell’Auditorium della Universidade Federal do Rio Grande do Sul:l’opposizione di (neo)liberali e 

liberisti a populismi ed aspiranti collettivismi illusori, pasticcioni e liberticidi (Chávez stava arrivando col suo variopinto bolivarismo, negando di essere comunista, come decenni prima Fidel Castro). E stava per essere pubblicato (o lo era da poco, non ricordo bene) il Manual del perfecto idiota latinoamericano, un saggio del figlio Alvaro con Plinio Apuleyo Mendoza e Carlos Alberto Montaner, del 1996; una forma alquanto satirica di ripercorrere la storia recente del subcontinente e del modo di pensare delle sue élites politiche ed intellettuali, tanto care agli europei progressisti.

Fui invitato alla colazione in suo onore. Era un brillante conversatore, pienamente consapevole del proprio protagonismo. In un momento ebbe la cortesia di chiedermi se avessi letto qualche sua opera e che cosa ne pensassi. Non ebbi difficoltà a raccontargli di averlo veramente scoperto solo dopo il mio approdo a Montevideo, nel febbraio 1980, avendo la possibilità di perfezionare il mio spagnolo e di leggere in originale praticamente tutti i suoi romanzi pubblicati, naturalmente straordinari, opere maestre di un gran virtuoso della penna ecc.:

– ¿Todos hasta al fin? – mi chiese, maliziosamente,

– Con una excepción, don Mario. 

– ¿Dígame cual, Consul?

– No pude terminar las 850 páginas de La guerra del fin del mundo, una obra fundamental que creo haya sido el projecto más ambicioso que Ud. se ha planteado, con temas como el mesianismo y las conductas irracionales, leí en algunos artículos, en comentarios del texto.

– ¿Debían ser máximo 4-500?

– No lo sé, don Mario, pero Tolstoj escribió más de dos mil páginas de Guerra y Paz, con muchas referencias, descripciones filosóficas, históricas, que despuès debió en parte sacrificar. Si bien recuerdo, la primera traducción al francés de 1885, casi 20 años más tarde, fue de 1400, para luego reducirse aún más. Viejo dicho: ¡largo la mitad, lindo el doble!

E don Mario rise…

A Mario Vargas Llosa era stata diagnosticata una malattia grave e incurabile nell’estate 2020, ch’egli decise di mantenere nella sfera privata. Continuò a vivere con passione, a scrivere, a viaggiare e partecipare ad eventi pubblici per poi ritirarsi gradualmente nel 2023. Lo rivelò El País, citando una lettera ai suoi figli. Una missiva che servì a unirlo ancora di più a loro, a superare i disaccordi familiari sorti quando Mario si separò da Patricia per iniziare la relazione con Isabel Preysler, terminata a fine 2022. Nell’ottobre 2023, dopo l’annuncio che ‘Le dedico il mio silenzio’ sarebbe stato il suo ultimo romanzo, Vargas Llosa tornò a vivere a Lima. L’ultima apparizione 

pubblica fu per il suo compleanno numero 89, circondato dalla famiglia, provato dall’infermità. 

 In Le dedico il mio silenzio (trad. in italiano: Einaudi, 2024) Vargas Llosa esplora con virtuosismo il tema centrale della sua vita: il desiderio di rappresentare il mondo attraverso l’arte, condensandolo in un libro: ‘I romanzieri non scoprono l’organizzazione segreta della vita. Ma a quella vita che è caos, confusione, tumulto, impongono un ordine. Toño Azpilcueta è il più grande esperto di musica peruviana. Accademico irrealizzato e insegnante insoddisfatto, Toño conduce una vita anonima alla periferia dei circoli intellettuali di Lima, sdegnosi della sua vasta erudizione. Ma quando Toño ascolta per la prima volta Lalo Molfino, misterioso chitarrista dal talento eccezionale, cambia tutto. Quelle note gli danno la forza di inseguire il sogno in cui ha sempre creduto. Lo scrittore torna al suo amato Perù, alle radici delle sue tradizioni, e dà voce a un’utopia: quella di un Paese che, grazie all’arte, si stringe finalmente in un abbraccio fraterno’.

(Da https://www.ibs.it/dedico-mio-silenzio-libro-mario-vargas-llosa/e/9788806264093?srsltid=AfmBO)

 

Gianni Marocco

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