
Era il 27 marzo 1949 quando sul settimanale milanese Meridiano d’Italia, organo fiancheggiatore del neonato Msi, comparve un articolo a firma di Concetto Pettinato, il quale, schierandosi contro la firma italiana al Patto Atlantico, sembrò addirittura proporre un’alleanza con il Pci di Palmiro Togliatti. Tanta era dunque l’ostilità in campo neofascista nei confronti della prospettiva d’inserimento dell’Italia nel campo atlantico? Era questo articolo rappresentativo degli umori missini, o almeno di parte di essi? Per rispondere a queste e altre domande occorre fare un passo indietro e ripartire dall’autore dell’articolo in questione.
Concetto Pettinato, classe 1886, aveva partecipato attivamente all’esperienza saloina, con l’importane incarico di direttore del quotidiano torinese La Stampa, sulle cui colonne condusse una personale battaglia in senso socializzatore, aspramente critica nei confronti dell’assenteismo dei vertici governativi della Rsi (che invitò, in un noto articolo del giugno 1944, a “battere un colpo”).
Pettinato fu poi, nell’immediato dopoguerra, tra i fondatori del MSI (nato il 26 dicembre 1946), in seno al quale si schierò nel gruppo che si potrebbe definire di “sinistra interna”, a sua volta derivante dalla sinistra fascista storica, quella attiva in senso socializzatore. Parte di questo nutrito gruppo delineatosi nel Msi furono tra gli altri, oltre allo stesso Pettinato: Giorgio Pini, Ugo Manunta, Bruno Spampanato, Angelo Tarchi ed Edmondo Cione. Tale gruppo nelle diverse tornate congressuali del partito si attestò su posizioni di aperta ostilità al Patto Atlantico, articolando le proprie posizioni in argomenti afferenti a tre distinti ambiti: quello storico (gli angloamericani erano stati coloro che avevano sconfitto sul campo il fascismo), quello di politica interna (il voto favorevole al Patto Atlantico avrebbe comportato un appiattimento delle posizioni missine su quelle monarchiche) e infine quello più rilevante: il fronte culturale, con considerazioni circa l’ineliminabile divario tra i modelli di società italiano e d’oltreoceano.
L’errore della sinistra missina di Pini e Pettinato fu quello di accorgersi solo tardivamente di come l’inclinazione atlantista del “centro” nazional-conservatore del Msi (quello di Pino Romualdi e Arturo Michelini per intendersi) non avesse meramente funzione tattica, bensì strategica.
La scelta filoatlantica, rimasta sotterranea e mascherata dalla prima segreteria di Giorgio Almirante, venne però poi a galla alla fine degli anni ’40, e proprio ivi si contestualizzano gli articoli di Pettinato da cui siamo partiti. Il 27 marzo 1949 apparve infatti sul settimanale milanese un articolo a firma di Pettinato invocante addirittura un impegno contro il Patto Atlantico al fianco del Pci. L’ex direttore de La Stampa in questo articolo sostenne la tesi che “i veri interessi nazionali consigliano all’Italia di fare il possibile per mantenersi neutrale” e che:
Bisogna avere il coraggio di mettere le carte in tavola e di dir chiaro se si rifiuta di fare querela politica solo perché essa è momentaneamente anche querela dei comunisti.
Tale comune impegno antiatlantico sarebbe, secondo Pettinato, stato praticabile solo con il superamento dell’antagonismo tra fascismo e comunismo:
Il carattere dominante dell’antinomia fascismo-comunismo sta nella sua stazionarietà, nella sua tendenza a cristallizzarsi […] in un dualismo cronico, sempre uguale a sé stesso, condannato a perpetuarsi indefettamente come in altri tempi si perpetrò l’antinomia tra guelfi e ghibellini, bianchi e neri, palleschi e piagnoni eccetera. È evidente che l’interesse del paese detterebbe di rompere questa cronicità e di comporre in un modo o nell’altro il dualismo in questione.
A tale articolo fece seguito un secondo intervento a riguardo, il 24 aprile 1949, intervento in cui il missino cercò nuovamente di avvertire i lettori (sempre del Meridiano d’Italia) dei rischi derivanti dalla sottoscrizione del Patto Atlantico e dell’avvicinamento agli angloamericani in ottica anticomunista:
Ho l’impressione che nell’ingerenza anglo-americana buon numero di ex-fascisti credano di scorgere non soltanto il minore dei mali ma la premessa di una serie di corollari tutt’altro che sfavorevoli.
Ovviamente secondo Pettinato tale ottica utilitaristica altro non avrebbe fato che rendere l’Italia vulnerabile rispetto alle minacce provenienti dal mondo occidentale:
Eh, noi schiacciato il comunismo, lugubre guastamestieri d’un secolo pieno di buone intenzioni, chi salverà il mondo dallo strapotere della plutocrazia atlantica, dallo sfrenato feudalesimo del capitale azionario?
Il biasimo di Pettinato andò pertanto implicitamente a quei gerarchi di partito che avevano voluto sfruttare l’espediente anticomunista per inserirsi nei giochi politici, inserimento che però, nonostante la sinistra di Pini e Pettinato l’avesse inteso solo tardivamente, era stato il modo in cui Romualdi e Michelini avevano originariamente inteso il progetto missino.
Prendere posizione nel mondo bipolare avrebbe dunque comportato una redutio, una colpevole perdita di specificità da parte della cultura italiana (nell’ottica di Pettinato quella di eredi del ventennio). Il giornalista siciliano si fece dunque portavoce di una terza via in ambito economico (né capitalismo né comunismo) e in ambito geopolitico (né Usa né Urss), battaglia che lo condusse dapprima fuori dal Meridiano d’Italia nel 1950, dopo la rottura con il direttore Franco Servello (subentrato nel ruolo allo zio Franco De Agazio, assassinato dalla Volante Rossa), il quale si era pronunciato ambiguamente proprio circa il Patto Atlantico, e poi fuori dal Msi, come gran parte degli altri esponenti della sua sinistra interna, a partire dall’estate del 1952.
Gli umori antiatlantici sarebbero però rimasti latenti all’interno del MSI, che pure optò ufficialmente per l’adesione al Patto Atlantico, riemergendo a fasi alterne nei momenti di crisi, costituendo parte integrante del patrimonio culturale neo e postfascista.
Pettinato era uno che credeva di sapere tutto della Russia, essendoci andato nel 1912. Ne scrisse un libro in cui strizzava l’occhio ai progressisti e prendeva in giro lo zarismo e la Chiesa ortodossa ma anche quegli intellettuali che in quel momento avevano visto i limiti del rivoluzionarismo e cercavano un legame con la tradizione. Il risultato sarà la Rivoluzione che distruggerà sia i lungimiranti che ne avevano intravvisto i pericoli sia i progressisti “borghesi” inizialmente favorevoli, instaurando un feroce regime totalitario che sarebbe durato decenni. Ma Pettinato, niente: ancora a decenni di distanza era convinto che il suo libretto dimostrasse quanto lui fosse bravo (a sentire lui, anche qualche russo gli aveva detto che lui capiva la Russia meglio dei russi!) e lo ripubblicò alla fine degli anni Sessanta!
N.B.: la Russia putiniana di oggi presume di riallacciarsi all’URSS di Stalin (anche se in versione più soft) ma anche ai tradizionalisti e alle istituzioni della Russia di inizio secolo, non ai progressisti che piacevano a Pettinato. Quindi, chi si crede pro Putin, non può essere pro Pettinato. Sappiatelo.
A prescindere dall ‘attualita ‘( in riferimento a Putin) e’importante sapere che ancora oggi esiste una corrente di pensiero neofascista che e’decisamente contraria all’egemonia statunitense scaturita dal patto atlantico .
Contrario al Patto Atlantico era Papa Pio XII, che cercò inutilmente di convincere De Gasperi. L’inizio della loro rottura…