Zahony (Ungheria-Ucraina) – Dimitri ha le sue ferite, ma solo un intrico di graffi su braccia e gambe, lasciati da cespugli e rovi, il giorno prima. E’ la sua unica battaglia, visto che non vuole imbracciare il fucile. Abile e arruolabile, ha messo il confine tra sé stesso e il rischio di diventare parte della catena di smontaggio della guerra. Insostenibile per lui il peso del fucile mitragliatore: e non per questioni muscolari, visti i pettorali che risaltano sotto la maglietta azzurra con l’icona di Che Guevara, che pure ha saputo uccidere e morire.
Insostenibile per DImitri l’idea di uccidere/farsi ammazzare per la patria. «Che assurdità, due popoli fratelli… – commenta lui, di madre russa e padre ucraino –. E poi che cosa possiamo fare contro Mosca, se non dissanguarci? Questo conflitto è colpa dei politici. E dovrei morire io per errori loro? Sono i poveracci a lasciarci la pelle, mentre gli ucraini ricchi sono fuggiti in Occidente… No, io ho l’obbligo di vivere per la mia famiglia, di crescere il mio bambino».
«In posizione criminale»
Morale: Dimitri è un disertore. Tornasse in Ucraina, finirebbe in cella, alla stregua di un nemico pubblico. Ma lui guarda dalla parte opposta, in uno zigzag continentale, fino in Spagna, dove ha moglie e figlio di 10 anni. Racconta la sua storia, a patto di tacere il suo nome vero e non essere fotografato. E’ alloggiato a Zahony, appena al di qua del Tibisco. Zahony è il comune di frontiera da cui i profughi passano e vanno. Proprio ciò che voleva il transfuga: passare e andare. “In Ungheria si può, mentre in Polonia o in Romania arrestano i disertori ucraini”.
Dimitri era elettricista, con casa in affitto alla periferia di Kiev. Un laborioso padre di famiglia: una vita come tante, la sua, magari anche più serena. “Dopo quel giorno maledetto del febbraio 2022 ci siamo organizzati in turni nel palazzo, per dare l’allarme”. Notti in cantina, e in cantina i giorni allarme dopo allarme. Gli invasori non arrivano. I russi si fermano a una ventina di chilometri: a Bucha…
Moglie e figlio già in Spagna
«Ci siamo ripetuti che tutto sarebbe finito presto». Ms non era così. Alla moglie e al figlio di Dimitri cominciano a cedere i nervi: partono e sono accolti da parenti in Spagna. Dimitri punta verso la Transcarpazia, al confine con l’Ungheria. Il confine più indulgente, almeno sul lato magiaro: quello opposto è sorvegliato dal viavai di pattuglie di ogni frontiera ucraina. Uomini armati, pronti a sparare. Il primo colpo in aria, il secondo anche, forse. «Allora studio le abitudini delle guardie, i posti di controllo, i tratti più sguarniti».
Dimitri pensa di attraversare il Tibisco a nuoto, nel buio, come fanno i più perfino nelle notti sotto zero: figuriamoci ora, in primavera e soprattutto nell’estate, che riduce la distanza tra sponde del fiume (in media una settantina di metri). Ma vortici e correnti traditrici non scompaiono con l’acqua bassa. C’è chi parla di giovani affogati, trascinati a valle. Racconti senza conferma: la polizia ungherese nega di aver trovato cadaveri. Conferma invece l’intraprendenza dei magiari, che ai fuggiaschi chiedono sostanziosi compensi.
Sconosciuti i passeur affidabili, infida la corrente, infide anche le guardie ucraine, ovviamente non tutte. «C’è chi intasca i soldi (tra i 5 e i 10mila euro, ndr) e poi ti arresta». Così, Dimitri cerca un’altra via: il Tibisco corrisponde solo a tratti alla frontiera. A sud di Zahony, scorre a lungo in territorio ungherese, a occidente del confine terrestre. Dimitri dunque attraversa campi e acquitrini, di giorno. Ostentare… nascondere… «Avevo solo cellulare e portafogli: potevo sempre dire d’essermi perso durante una passeggiata». Ma nessuno lo ostacola: solo i rovi ci provano. Alla polizia magiara Dimitri mostra il passaporto e viene accolto.
Abiti stracciati
Alcune delle connazionali ospitate sotto il suo stesso tetto a Zahony ora lo guardano storto. «Posso capirle: hanno mariti e figli sotto le armi». È quanto hanno fatto gli amici del fuggitivo. «Ognuno ha rispettato le scelte altrui». Il disertore attende di ripartire. Non andrà subito in Spagna. «Voglio lavorare un po’: non posso presentarmi a mani vuote», sorride. E ancora di più sorride a sentire che in Occidente gli elettricisti sono molto apprezzati. Viene da chiedergli se il suo rifiuto delle armi sia assoluto: lui che ha sul petto il volto del guerrigliero per eccellenza… «Questa col Che? – sgrana gli occhi -. Non è mia. Non c’erano altre magliette della mia taglia. Ho dovuto buttare la mia, così come pantaloni e scarpe: tutto stracciato e sporco». Di fango e sangue.
Non sarà stato per la patria, ma anche Dimitri ha versato il suo.
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