
In tempi di neo-bellicismo, leggiamo che la Germania avrebbe circa 200.000 profughi ucraini “arruolabili”. Il dato mi ricorda la storia dei cugini della nonna paterna, montanari della Valsassina – tra le Grigne e le Alpi Orobie -, emigrati negli Usa nel primo decennio del ‘900, tornati in Italia nel 1915 per arruolarsi e ripartiti a guerra finita.
“Good Morning, Babilonia”
Nessuna enfasi, ma un tale contrasto di scenari induce qualche ricerca. Ho trovato Dallo Hudson all’Isonzo. L’emigrazione di ritorno nella prima guerra mondiale di Stefano Luconi (La scuola di Pitagora, 2023).
Le cifre sono importanti e quelle più attendibili sembrano quelle del Commissariato Generale dell’emigrazione che, in un rapporto immediatamente successivo alla fine delle ostilità, indica in 1.799.059 i cittadini italiani residenti negli Usa (compresi donne, minori e uomini non reclutabili) e parla di 103.919 emigranti tornati in patria e arruolati nel Regio Esercito (li evoca il film Good Morning Babilonia dei fratelli Taviani (1987), voluto da Bettino Craxi. Dato che fa pensare, perché, se è vero che avrebbero potuto esserci – a guerra finita o chissà quando – ritorsioni in caso di rientro in Italia, è altrettanto vero che negli Usa si stava sicuri.
Atteggiamenti che segnano la distanza siderale dai discorsi attuali, in cui si parla di armi guidate dall’ intelligenza artificiale (quasi a togliersi la responsabilità), di una guerra sempre meno di uomini e sempre più di tecnologie (senza considerare che l’ipotesi significa crescita esponenziale delle vittime civili).
Guerra = positività economica
Ma, soprattutto, dopo 80 anni di esorcizzazione di tutto quanto richiami la guerra, parliamo di riarmo come: positività economica, riconversione industriale, ottimismo borsistico….
Si carezza l’idea di una disfida tra robot, dove vince il più ricco e dove gli umani auspicano di mantenere controllo e autorità sulle macchine senzienti (ma non si sa come, vista la disponibilità e l’alibi della delega totale).
Buonisti, ma…
Ciò non farebbe tanta impressione, se non si accompagnasse ad atteggiamenti opposti: il rapporto sempre più umanizzato con gli animali domestici, il timore di raccontare le favole ai bambini quando parlano di violenza (anche se a lieto fine). Insomma, un’emotività totale, contraddittoria e ipereccitata. Pessimismo fine a sé stesso, mai. Ma conoscere per scegliere, sempre.