
Gli abitanti di Heliopolis non sono cascati nel bipolarismo dazi si – dazi no. I più attenti hanno colto il punto: gli Usa sono un grande Impero giunto all’età matura. Dal 2001 la Fed stampa trilioni di dollari per tenere in piedi spese militari, una disastrosa bilancia commerciale, il ruolo privilegiato del Dollaro come valuta di riserva mondiale del cui privilegio gode, effettivamente, una ristrettissima oligarchia finanziaria. Alla quale Trump, sia chiaro, non è affatto estraneo. Insomma dopo il 2001, il 2008, il Covid, stampare ancora davvero non si sarebbe potuto. Non dopo aver perso la lunga battaglia con la Cina sul fronte della globalizzazione dei mercati e dei valori.
Tuttavia al cesaristico presidente americano va riconosciuto un pregio: il realismo del coraggio. I dazi americani al mondo (ed in gran parte dei casi essi impattano fortemente sulle stesse multinazionali americane che hanno reso ricchi i paesi asiatici) ci riportano rapidamente ad una realtà materica, fatta di cose, di confini, di prezzi, di realtà. Finisce una globalizzazione: quella favolistica, immaginifica, ideologica, fatta tutta di finanza e buoni propositi. Ne ricomincia una più cruda, fatta di scontri aperti, di tempi vecchi che sembrano essere tempi nuovi.
A questa realtà sembrano tutti piuttosto preparati. Gli Usa, il campione uscente, la Cina lo sfidante. La Russia, centro del mondo, arbitro astuto, odinico nella sua oscurità di origine arcaica. Come sempre manca l’Europa: il grigiore liberale l’ha resa tanto immobile quanto inutile. Unica attrice rimasta ancorata ad un dover essere più figlio della comodità che della vocazione spirituale. Una matria di agenti di commercio, di broker, di percentualisti su volontarismi altrui. Le donne Ue al potere sono proprio donne della modernità europea: e lo sono con un piglio di modesta utilità, visione ristretta, imperturbabile distacco dal vero. “Parassiti”, per J.D. Vance…
Non stonerebbe, invece, un’Europa preparata, lieta del ritorno al concreto, non più schiava di QE, rating e spread vari. Un’Europa desiderosa di rigettarsi ottimisticamente nel divenire. Un’Europa che dovrebbe a quel punto tornare a badare alla propria domanda interna, al proprio stato sociale, al livello dei salari e non solo dei prezzi. Capace di recuperare il gap civile e tecnologico che ormai la vede arretrare nella corsa verso lo Stato Mondiale, sia in senso strettamente tecnico ma anche e soprattutto identitario e spirituale. Qui da Heliopolis, dove il tempo scorre veloce, vediamo intrecciarsi rapidamente il filo del Destino. Non è ancora detto si debba vivere nel termitaio o sotto viziosi imperatori.
Il declino europeo, ora accelerato, era inevitabile già per le due Guerre Mondiali, che furono guerre civili distruttrici non solo di Potenze, ma di Valori. Ora un mondo femmineo di idee utopistiche, buonista nella sua candida ansia democratica e politically correct gne-gne, picconano giorno per giorno quel che rimane, mentre orde di immigrati Lumpen banchettano con le briciole, in ogni campo…