
Alessandro Colombo percorre il crollo di una finzione: quello dell’ordine mondiale guidato dai valori liberali occidentali. Il suo saggio, Il suicidio della pace (Cortina ed, pp. 352. euro 25), è un’analisi lucida delle contraddizioni di un sistema che, proprio nel momento dell’apparente vittoria, ha innescato la propria crisi.
Nuovo ordine? Perpetuo disordine
Docente di Relazioni internazionali all’Università Statale di Milano, Colombo parte dalla “fine della storia” teorizzata negli anni ’90: una fase in cui l’Occidente, forte della caduta dell’Unione Sovietica, pensava di modellare il mondo a propria immagine. Ma questa pretesa – sostiene Colombo – si è rivelata tragicamente miope. La guerra del Golfo del 1991, celebrata come atto fondativo di un nuovo ordine globale sotto l’egida americana, ha cominciato il disfacimento dell’equilibrio westfaliano basato sugli Stati sovrani.
Orrori liberal-neocoloniali
Con l’11 settembre 2001, l’illusione si rompe definitivamente: la “guerra al terrore” cancella i confini, dissolve le regole tradizionali del diritto bellico, rende i conflitti potenzialmente infiniti e non territoriali. La creazione della categoria degli “Stati canaglia” e la criminalizzazione del nemico come “terrorista” cancellano la reciprocità tra Stati, uno dei cardini della convivenza internazionale. La politica estera americana, sempre più sbilanciata, ignora dinamiche cruciali come la crescita cinese, mentre destabilizza intere aree del mondo.
Oscure entità, immani crudeltà
Secondo Colombo, da quel momento la guerra perde le sue coordinate tradizionali: diventa ubiqua, permanente, “umanitaria” nel linguaggio, implacabile nella sostanza. Gli Stati Uniti non sono gli unici a usare questa logica: Russia e Israele, tra gli altri, adottano strumenti simili. Nel frattempo, in Occidente si consuma una crisi parallela: economica, istituzionale, culturale. Lo Stato perde autorità e capacità di rappresentanza, sostituito da entità sovranazionali e da élite globali che Colombo descrive come scollegate dalla realtà e inadeguate al compito storico che le attende.
Senza più nomos della terra
Il declino dell’ordine liberale non è solo effetto di forze esterne – come si vuol far credere – ma nasce soprattutto da fallimenti interni: l’invasione dell’Iraq nel 2003 e la crisi economica del 2007-08 segnano un punto di non ritorno. L’Occidente ha peccato di hybris, ritenendo di dirigere il corso della storia. Ma la storia ha risposto in modo imprevisto e oggi ci troviamo in un mondo privo di centri di comando, in cui la possibilità di uno scontro diretto tra grandi potenze è concreta. L’analisi di Colombo non si ferma al livello geopolitico: sullo sfondo c’è la trasformazione più profonda, l’erosione dell’impianto politico-giuridico moderno.
Il caos su scala mondiale
Le categorie che, per secoli, hanno sostenuto la legittimità degli Stati – sovranità, monopolio della forza, diritto internazionale – appaiono svuotate. La convivenza internazionale si regge ormai su equilibri fragili e su narrazioni di comodo, dove l’incapacità di comprendere il disordine si traduce nell’incapacità di governarlo. Con linguaggio rigoroso, ma accessibile, Il suicidio della pace rimette in discussione certezze. È un’opera di straordinaria rilevanza per capire perché il mondo sia così instabile: forse lo era da tempo.
Valori dell’Occidente? Ed il genocidio di Gaza?