Un coniglio come questo nasce ogni chissà quanto. Ivo lo pensò dal primo incrocio di sguardi con quel batuffolo di pelo marrone e nero, al mercato del bestiame di Reggio Emilia. Mentre gli altri, semplicemente, li comprò, quello lo riscattò dalla prigionia.
Un raro salvacondotto
«Ti chiamerò Pippo» gli disse, portandolo a casa, a Gramignazzo di Sissa. Sapeva bene che dargli un nome significava firmargli un salvacondotto oltre i capolinea della padella o del forno.
Pippo lo ricambiò: seguiva il padrone (l’amico?) ovunque, fuorché in casa: lì non entrava neppure il cane. E, proprio come un cane, Pippo dava la zampa, rispondeva ai richiami. Così, quando venne il tempo di farlo accoppiare, Ivo non gli mise accanto una coniglia, ma due.
La fatale prima notte
Pippo prese molto sul serio il nuovo ruolo. Troppo. Non sopravvisse alla prima notte di nozze: fu trovato stecchito in mezzo alle spose, che sembravano piangerlo. Venne sepolto con tutti gli onori.
Qualcuno, che ricordava gli studi classici, citò: «Chi muore da eroe nasce per l’eternità». Altri, che ricordavano solo i loro acciacchi di vecchi, si limitarono all’invidia di chi più non può.
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