
Degli autori della cosiddetta «rivoluzione conservatrice», Oswald Spengler è forse il più importante. Il suo nome è certamente legato al Tramonto dell’Occidente: un libro che destò grande risonanza e lo rese un autore intramontabile. «Spengler è uno di quegli autori che non tramontano», scriveva Adriano Romualdi nell’introduzione a questa antologia di scritti tratti da Anni decisivi da lui curata nel 1973 per i tipi di Volpe Editore. «Anzi – continuava – gli avvenimenti più recenti, in quanto contribuiscono a confermare le sue profezie, ingrandiscono il significato della sua opera, sì che essa attraversa l’orizzonte del nostro tempo come quelle stelle il cui fulgore ci giunge più chiaro quando la loro scaturigine è spenta».
Jahre der Entscheidung fu l’ultimo libro di Spengler apparso in Germania nell’agosto del 1933: un appello ai nuovi «Cesari» e ai loro seguaci che si affermavano tragicamente sopra le ombre di un Occidente ormai al tramonto. Ma, a differenza di Mussolini che lo apprezzò recensendolo favorevolmente sulle colonne de Il Popolo d’Italia, Hitler non accolse con favore l’opera: i nazionalsocialisti la criticarono aspramente per le allusioni al «plebeismo» delle «camicie brune» e perché l’autore era un aristocratico che non gradiva la strumentalizzazione e l’irreggimentazione delle masse. I passi selezionati e commentati da Adriano Romualdi, introdotti da una lunga prefazione a sua firma, ora preceduto da un suggestivo saggio introduttivo di Gennaro Malgieri sulle connessioni tra gli autori della rivoluzione conservatrice, in particolare Spengler, e il pensiero di Adriano Romualdi, si rivela ai nostri occhi come una sorta di manifesto profetico della crisi europea, di fronte alla quale non c’è ormai più nessun Cesare capace di dominarla.
Gli autori
Oswald Spengler (1880-1936) e Adriano Romualdi (1940-1973) sono due autori i cui percorsi di vita e di pensiero si intersecano lungo le linee della storia. Nel 1936, all’età di cinquantasei anni e dopo aver pubblicato l’ultimo suo libro, Anni decisivi, nel 1933, Oswald Spengler si spegneva a Monaco di Baviera, dove viveva nella solitaria osservazione di un mondo che si disfaceva davanti ai propri occhi. Contemplativo e vigile, ha composto opere che ruotano inevitabilmente attorno alla sua morfologia della storia, la quale ancora ci appare come il compendio della decadenza europea ed occidentale. Nel 1973, a pochi mesi dall’uscita della raccolta Ombre sull’Occidente tratta da quell’ultimo libro di Spengler, Adriano Romualdi incontrò la morte: aveva solo trentatré anni ed era già un maestro del pensiero, per la sua prodigiosa intelligenza che in pochi anni gli aveva dettato libri che sarebbero rimasti come pietre miliari nella cultura non conforme. Uno dei più significativi dal punto di vista culturale fu proprio quel volumetto spengleriano che si presenta ancora oggi come la più lucida introduzione al pensiero del morfologo tedesco, esponente di spicco del pensiero «rivoluzionario-conservatore», al quale può essere ascritto anche Romualdi. Questo libro rappresenta, infatti, un importante contributo alla penetrazione nella visione del mondo e della vita sia di Spengler che di Romualdi. Si può ben dire che Romualdi senza Spengler non sarebbe esistito per come lo abbiamo conosciuto. Spengler ha avuto molti discepoli, ma in Italia uno solo: Adriano Romualdi, che da lui ha tratto le sue principali visioni e suggestioni.
*Ombre sull’Occidente, di Oswald Spengler. Antologia di scritti curata da Adriano Romualdi
Saggio introduttivo di Gennaro Malgieri, Collana rigenerazione Evola, pp. 160, euro 16, acquistabile qui