Prenotate un albergo e un ristorante a Bologna per un evento che durerà dal 10 aprile 2025 all’8 febbraio 2026: la mostra “Georges Simenon. Otto viaggi di un romanziere”, a cura di Gianluca Farinelli e John Simenon (il figlio). Sede: la Galleria Modernissimo.
La mostra è stata presentata dai curatori a Milano. Forse anche per questo la foto di Simenon, che ne è il simbolo, lo ritrae sul bordo del Naviglio milanese, negli anni ’50, Già dal 1933 il suo editore italiano era Arnoldo Mondadori. Nel 1985 l’edizione italiana dei libri di Simenon passò all’Adelphi.
Incontro con Fellini a Cannes
Fellini aveva vinto il Festival di Cannes nel 1960 grazie alla giuria presieduta proprio da Simenon, che andò contro le opinioni prevalenti dei cinefili, che avrebbero preferito altri film concorrenti (abbastanza eccezionali, del resto: come Ballata di un soldato di Grjgorj Ciukraj e L’avventura di Michelangelo Antonioni). Da allora il rapporto tra il regista e il romanziere restò intenso.
La rottura con la Mondadori
Ma ci potrebbe essere stato anche un movente, non detto nella presentazione, sebbene intensamente cinematografico (Farinelli dirige la Cineteca comunale di Bologna, il Festival Lumière che si svolge a Bologna a ogni fine giugno e ha diretto il Festival di Roma). Vale a dire: proprio nel 1985 del cambio di editore Fellini girava Ginger & Fred, un “fiasco”, ma anche un grido contro le interruzioni pubblicitarie dei film in tv. E a controllare la Mondadori era già Silvio Berlusconi, che aveva fondato o acquistato le maggiori reti tv private italiane e stava tentando di fare lo stesso in Francia. Ma questa è un’altra storia, direbbe Kipling.
Una immagine della mostra su Simenon
Renoir, Gabin, Depardieu
Ciò che conta è che la vastissima letteratura di Simenon e gli innumerevoli film e sceneggiati tv che ne sono derivati circolino ancora. E che tornino in circolazione quellli d’epoca, con Pierre Renoir, il primo Maigret nella Notte dell’incrocio, diretto dal padre, Jean Renoir (1932): o Charles Laughton: o con Jean Gabin; fino a quello con Gérard Depardieu, Maigret di Patrice Leconte (2022)
Per il grosso pubblico Simenon è infatti sinonimo di Maigret, sebbene Simenon non fosse Maigret, come del resto s’intitola la sua migliore biografia, quella di Patrick Marnham, edita dalla Nuova Italia (casa della famiglia Codignola, la stessa cui apparteneva Roberto Calasso, tra i fondatori dell’Adelphi).
“Lettere a mia madre”e “Pedigree”
Simenon, quello vero, traspare dalla breve e dura Lettera a mia madre e dal non breve, ma altrettanto duro Pedigree, più sinceramente autobiografici delle Memorie intime, librone apparso in Francia nel 1981, che in Italia ha avuto una traduzione che, appena uscita nel 2003, fu oggetto di un’imbarazzata ribattuta.
Simenon aveva in comune con Alberto Moravia non solo di essere assidua fonte di ispirazione per il cinema, ma anche di approvare ogni sceneggiatura. Essere grandi scrittori non significa indifferenza ai redditi. Una mostra accurata come quella di Bologna, divisa in otto parti, ultima delle quali dedicata proprio ai film, permetterà di verificarlo.
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