
Se fossi una donna mi offenderei per la proposta dell’onorevole Dario Franceschini di attribuire ai figli il cognome della madre, a risarcimento morale di millenni di patriarcato. E non per la demagogia paternalistica della boutade, ma per il dubbio che dietro di essa si nasconda la preoccupazione di prevenire imbarazzanti bugie anagrafiche, sottintendendo che delle mogli non ci si può fidare e che il padre giuridico non sempre sia il padre biologico.
Come c’insegnano i latini, mater semper certa, pater nunquam. Dunque, ai fini della verità genealogica, dare ai figli il cognome della madre garantirebbe l’attendibilità dei documenti anagrafici. Non a caso per gli israeliti ebreo è chi nasce da madre ebrea, e allo stesso modo la pensavano i nazisti (noi italiani no, col risultato che molti ebrei italiani riuscirono a farsi “arianizzare” dal Tribunale della Razza dichiarandosi figli illegittimi, a costo di gettare del fango sulle madri, come ricorda con termini piuttosto crudi Piero Calamandrei nel suo Diario).
Naturalmente, sul numero di casi di padri che trasmettono il loro cognome, oltre ai loro beni, a figli che non sono i loro, non esistono certezze. Stime fatte in passato parlavano di un trenta per cento di bambini nati da relazioni extraconiugali; una recente ricerca dell’università di Lovanio ridimensiona molto la cifra, anche perché la paura di un test del Dna da un lato, dall’altro la diffusione degli anticoncezionali inducono le donne a una maggiore prudenza, evitando di dover ricorrere, dopo essere rimaste incinte dell’amante, a stratagemmi come quelli della signora Perella nella pirandelliana commedia L’uomo, la bestia e la virtù. Gian Ettore Gassani, presidente dell’associazione dei matrimonialisti italiani, ha comunque sostenuto che un marito su dieci alleva un figlio non suo. Né sono mancati casi clamorosi, come il dramma di un padre che scoprì di essere sterile dopo avere dato a due bambini il proprio cognome o gli sviluppi delle indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio, che hanno accertato con il test del Dna come il presunto assassino fosse il frutto di una relazione extraconiugale matura.
Per tutti questi motivi la sortita di Franceschini, nata per compiacere le donne, rischia di tradursi in una sottile manifestazione di sfiducia nei loro confronti. Fermo restando che la vera paternità, e maternità, non è quella biologica né quella anagrafica, ma quella del cuore.