
Dario Franceschini ha deciso di donare al mondo un esempio di politica creativa con la sua proposta di legge: d’ora in avanti, i figli porteranno solo il cognome della madre. Un’idea rivoluzionaria, più femminista di tutte le femministe oltranziste, perché, come ha dichiarato lui stesso, bisogna risarcire le donne dopo secoli di ingiustizie patriarcali.
Non sia mai che si trovasse una soluzione equilibrata come, per esempio, lasciare che siano i genitori a decidere o stabilire che i figli maschi prendano il cognome del padre e le figlie quello della madre. No, troppo banale! Meglio una scelta drastica e radicale che ribalti il sistema in un colpo solo. E deve farlo un uomo per primo, naturalmente, prima che sia bruciato sul tempo da una donna. Protagonismo maschile: il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Peccato che ci sia una piccola svista: con questo meccanismo, la figlia finirebbe per ereditare il cognome del nonno (maschio) materno, perpetuando così il tanto odiato retaggio patriarcale. Una condanna eterna, più patriarcale di così si muore. Ma evidentemente la politica del simbolismo ha bisogno di atti plateali, poco importa se il ragionamento si inceppa dopo il primo passaggio logico.
Lodevole l’idea del risarcimento alle donne, ma visto che dell’attribuzione dei cognomi non sembra importare a nessuno, ci aspettiamo ora che Franceschini, con la stessa ammirevole coerenza, compia il passo successivo. Se il problema è il potere patriarcale, allora perché fermarsi ai cognomi? La vera ingiustizia è la presenza degli uomini nei posti di potere: dunque, perché non proporre una legge che impedisca ai maschi di occuparli?
E quale miglior segnale di rottura che dare il buon esempio? Franceschini potrebbe essere il primo a farsi da parte, lasciando il suo seggio a una donna. Magari proprio una giurista esperta, capace di scrivere una legge sui cognomi che abbia un minimo di senso logico. Ora attendiamo fiduciosi il suo passo successivo. Perché ci sia il giusto risarcimento, ovviamente.