Riccardo Scarpa è studioso di vaglia del mondo della Tradizione. È autore di profonda cultura. In lui il sapere è testimonianza di vita: possiamo affermalo per l’amicizia che ci lega, quanto per il confronto che intratteniamo da tempo con le sue opere. Il suo sapere dice una ricerca inesausta, partecipata nelle vive carni, “patita” sotto il profilo esistenziale e spirituale. Nel suo ultimo libro, testo monumentale, mette in campo le vaste conoscenze dell’Antico di cui è in possesso, oltre a una non comune padronanza della bibliografia critica in tema. Ci riferiamo a, La Lira della Mente. Dalla vibrazione cosmica alle intuizioni ed istituzioni umane, nelle librerie per i tipi di ArtinGenio editrice (per ordini: 335/7789135, artingenio.museum@gmail.com, pp. 475, euro 35,00). Il volume è impreziosito dall’Introduzione di Antonio Girardi, Presidente della Società Teosofica Italiana e Direttore della Rivista Italiana di Teosofia. Nelle sue pagine, Scarpa inscena la ricerca intorno all’origine del cosmo, della vita, in un excursus che non conosce confini spazio-temporali. Si avvale di una documentazione assai vasta, di cui compie l’esegesi in termini critici e puntuali. Intendiamo dire che, in queste pagine, l’autore va alla ricerca dei germi della filo-sofia, prima della nascita della filo-sofia stessa.
È possibile asserire, quindi, che il nostro studioso porta a conclusione l’esperimento teoretico di Giorgio Colli, pensatore che rintracciò nel lógos aurorale ellenico un’evidente continuità con il mythos. Al fine di portarsi oltre la storia, quella statuita dagli “storiografi” moderni, Scarpa tiene in conto l’indicazione di Bachofen: l’Antico deve essere lasciato parlare con la “voce” che gli è propria, quella del Sacro e del divino. Gli “occhiali moderni”, positivisti e storicisti in particolare, ne hanno tacitato l’ubi consistam. Si badi, la lettura di Scarpa è empatica, ma attenta alle fonti, la sua è un’ermeneutica, pertanto, “oggettiva”. Ogni civiltà, ci dice, è il risultato di disparate realizzazioni di modelli e archetipi universali. L’incipit del reale cosmico-storico è individuato nel punto vibrazionale dell’origine. In ciò, lo studioso è memore della lezione, se abbiamo ben inteso, di Schneider, in particolare è attento al tema del suono originario, ma anche ai collegamenti che legano tale vibrazione allo sviluppo filo-sofico e delle istituzioni umane. Per coglierli, è necessario guardare alla physis. In essa: «tutti i regni sono interconnessi tra loro. Lo Spirito è la vita». Al centro di queste pagine è l’Unità della vita prodotta da un principio ineffabile, inconoscibile, aporetico, che dà mostra di sé in cicli di espansione-manifestazione e di decadenza-distruzione.
L’obiettivo dell’uomo di conoscenza è conseguire l’identità con il principio, oltre qualsivoglia dualismo indotto dal logo-centrismo, mirato a staticizzare la dynamis, la possibilità-potenza dell’origine. In tale contesto teorico, risulta dirimente la trattazione della tradizione sciamanica, messa a tema da Eliade. Lo sciamano, presso molte tradizioni, è uomo iniziato da dèi e spiriti, soggetto dotato di capacità innate che gli consentono di fare esperienza di stati dell’essere preclusi al senso comune. Egli conosce l’invisibile nel visibile che lo custodisce. Le due dimensioni, pur nella diversità, risultano intimamente connesse, si tratta di trascendenza immanente. Rilevante, nelle pagine del volume, risulta essere l’analisi delle principali Scuole filo-sofiche dell’Oriente. Scarpa si intrattiene sull’ancestralità dei Veda e delle Upanishad, posta ben oltre l’età assiale del VI secolo a. C. La riposta Sapienza Vedica fu trasmessa oralmente, per generazioni, da Maestro a discepolo. Inoltre, la predicazione del Buddha ha evidenti parallelismi con la Sapienza greca, in particolare con Pitagora. Le analisi dello studioso investono la cultura della Persia antica, della tradizione mediterranea, dall’Egitto alla Caldea, dalla civiltà ebraica all’Ellade dei primordi. Il Pitagorismo è interrogato, a differenza di quanto accade nella moderna storiografia filosofica, a muovere da Diogene Laerzio. I critici moderni: «non sanno quanto il mito veli intuizioni della verità, ben più, di quanto non contenga la mera storiografia». La Scuola Italica mirò, praticando la ricerca dell’armonia con le potestates animanti la physis, a realizzare una “repubblica cosmica”, tesi, per certi tratti, prsente anche in Reghini. Tale tentativo era ancora in essere nella filosofia classica socratico-platonica-aristotelica, come era solito ricordare, memore della lezione di Voegelin, Gian Franco Lami, fondatore della Scuola Romana di Filosofia politica, di cui il nostro autore fu ottimo comes. Scarpa, indaga, nei medesimi termini, la tradizione romana, imperniata su: «intuizione spirituale e fatto storico». L’esegesi della romanità è sviluppata attraverso opere prodotte tra XX e XXI secolo, ma anche sulla lettura “mitizzante” di Virgilio e Tito Livio.
Particolare rilevanza riveste, per Scarpa, l’opera che Giovanni Antonio di Cesarò dedicò alle origini di Roma nel 1938, fondata sulla volontà di interpretare il dato “occulto” tralignante dai dati meramente “materiali”, propri della storiografia critico-accumulativa.Viene richiamato, nel testo, anche il lavoro dell’archeologo Andrea Carandini. Questi legò la storia di Roma al suo passato mitico, scaro, nel quale operavano Re e Sacerdoti: «Uomini di religione oltre che di ragione». Inoltre, con Aldo Ferralino, l’autore vede nell’idea di Nazione fatta propria dai Romani: «Il superamento di quella concezione etnica, di razza, limite delle città greche». Altro tema di interesse è la “discontinuità di delega” dei Cesari, stante la lezione di Paul Veyne. Il grandioso e ricchissimo excursus messo in scena da Scarpa trova conclusione nel capitolo, Misteri cristiani ed Impero dei Romani. Gli originari Misteri, a dire di Scarpa, ereditati dal Cristianesimo, ebbero tratto Teosofico, dicevano di un Theós facente riferimento non già a un Dio Padre, ma al “divino” (che fu proprio dello stesso Giuliano Augusto) che tutto metamorfizza e che è in noi. In origine, quindi, la traslazione dei Misteri nel Cristianesimo non scisse la dimensione sacra da quella profana. La scissione si manifestò, più tardi, con l’imporsi del solo lato esterioristico dei Misteri stessi.
Il libro di Scarpa, ricorda Girardi, è antidoto alla visione gnoseologica e teologica dualista oggi imperante, è espressione del sapere Teosofico. Per coglierne appieno il senso, il lettore deve attivare in sé la dimensione intuitiva, atta a svelare la Storia e la Natura quali topoi dell’intrecciarsi di simboli rinvianti all’Uno.