
Una nuova moda linguistica ha preso piede con la pretesa di essere inclusiva: gli asterischi (o altri simboli) per eliminare le desinenze di genere. Il risultato? Un guazzabuglio linguistico che, invece di unire, divide e complica la comunicazione.
L’Accademia della Crusca
Il ministro dell’Istruzione, Valditara, dopo il parere dell’Accademia della Crusca, ha diffuso una circolare per arginare questa assurdità, dimostrando ancora una volta come le soluzioni estremiste e ideologiche finiscano per trasformarsi in un boomerang. O per questo nascano.
“Binarismo di genere”
Scrivere “tutt*”, “car*”, “benvenut@” o “ragazz3” dovrebbe, nelle intenzioni dei suoi promotori, superare il “binarismo di genere”. Ma, invece di includere, confonde. L’italiano è già una lingua articolata e piena di eccezioni; aggiungere simboli casuali la rende meno accessibile, più caotica. Se leggere un comunicato esige un corso di crittografia, siamo al delirio.
Scempio delle parole
L’italiano è una lingua musicale e armoniosa, ma infilare simboli matematici nel mezzo delle parole è come porre uno sfregio. La lettura diventa innaturale, faticosa, e finisce per creare una lingua elitaria. Come ogni moda imposta dall’alto, con piglio ideologico, anche questa soluzione estrema è insensata. La frammentazione regna sovrana: c’è chi usa l’asterisco, chi lo schwa (ə) e chi addirittura i numeri.
Pretesto dell’inclusione
Le lingue evolvono, ma non per decreto o imposizione ideologica. Forzare l’uso di simboli strani non è progresso, ma artificiosità. La lingua italiana si è sempre evoluta in modo naturale, seguendo le esigenze della società. Pretendere di modificarla con Diktat pseudo-inclusivi alimenta resistenze e polemiche.
Il linguaggio con gli asterischi non è solo una forzatura, ma un attacco al libero pensiero: chi impone una lingua impone un’ideologia. La lingua è un patrimonio prezioso, non un giocattolo per sperimentazioni azzardate. Lasciamo gli asterischi dove devono stare: nelle note a piè di pagina, non nella quotidianità.