
Tra 7 e 10 aprile, re Carlo III e la regina Camilla saranno a Roma e Ravenna. Attivo su fronti quali l’ambiente e l’ecologia, il sovrano britannico ha grande importanza per la galassia attenta a questi temi: barbadillo.it ne parla con Giannozzo Pucci, amico e interlocutore di re Carlo, oltre che esponente dell’ambientalismo italiano.
Che cosa rappresenta questa visita?
“Re Carlo III è una benedizione per il Regno Unito, ma anche per il mondo. In questo periodo storico la sua guida è provvidenziale, ma ciò vale solo per chi lo capisce”.
Chi non lo capisce?
“Specie in Inghilterra, la stampa scandalistica si è sempre data da fare per banalizzarne la figura e il messaggio. In realtà in molti campi, dall’architettura al paesaggio, dall’agricoltura alla pedagogia e alla scuola, non c’è quasi aspetto della vita comune in cui – attraverso la buona amministrazione delle proprietà dei beni della Corona – non indichi la sua guida”.
Ora lei pubblica Progetto Armonia di Richard Dunne, derivante da Harmony, saggio dell’allora (2010) principe Carlo…
“Il libro di Dunne ha il sottotitolo: Un altro modo di guardare e imparare dalla natura. Sussidiario ecologico per i maestri (Lef, pp. 146, 38 euro – NdR)”. E’ una guida per gli ultimi due anni di asilo e per tutte le elementari sull’insegnamento di ogni materia, rivolta alla pratica di vita e all’attività diretta nella natura”.
Crescere figli ambientalisti?
“E’ una proposta difficile da attuare in Italia, infatti – a parte i primi 50 anni dopo l’unità, nei quali la vita contadina era quella della maggioranza – il nostro Paese ha preso una deriva individualista e idealista, oggi compromessa, ma non aperta ad altre sperimentazioni non centralizzate”.
Il concetto di agricoltura artigiana è così nuovo, o antico, da essere rivoluzionario?
“Una volta si parlava di agricoltura contadina. Ora i contadini sono stati eliminati, le campagne sono deserti tendenzialmente abitati solo da terzisti, agro-industrie e simili, rovinati da pesticidi, monocolture, macchine e case in campagna”.
Le agro-industrie non sono agricoltura?
“Sono industrie e si basano su innovazioni tecnologiche, solo consumatrici di prodotti industriali. Per questo sono sistematicamente in passivo e vanno avanti solo coi finanziamenti europei, che non finanziano l’agricoltura ma l’industria”.
Da qui l’urgenza di tornare all’agricoltura artigiana?
“L’agricoltura può solo essere artigiana e non avere costi di produzione. Deve basarsi su un tipo di progresso non tecnologico, ma su precisi modi di coltivare”.
Jean Giono, nella Lettera ai contadini, aveva in mente qualcosa del genere, circa un secolo fa.
“In questi settori i progressi sono cominciati negli anni 1920 e proseguono con sempre nuove scoperte, mantenendo dall’industria solo una dipendenza per il petrolio dei trattori a bassi consumi”.
Mi dica di più.
“Ci sono progressi anche in varie forme di trazione animale e di riduzione della fatica umana. Poiché i contadini non ci sono più e le loro tradizioni di cultura materiale si sono interrotte, si può solo parlare di artigianato agricolo come attività non imprenditoriale, mestiere di cura del territorio, da liberalizzare in quanto volontariato o attività complementare ad altre”.
Tra i concetti di cui lei parla c’è la “conversione” ecologica. Che cosa intende?
“Un capovolgimento definitivo, obbligatorio, per necessità, di mentalità, cultura, etica e pratica ecologica personale, sociale e di governo. La parola ‘transizione’, che si usa solitamente, non è abbastanza forte e contempla implicitamente un’andata e un ritorno”.