
Cesare Catà, filosofo e performer teatrale, è autore di diversi scritti teoretici e letterari. Studioso, tra le altre cose, di mito e fiabe ha, di recente, dato alle stampe la sua ultima fatica, Addio, Cavaliere! Filosofia e destino del corteggiamento, comparsa nel catalogo dell’editore Liberilibri (pp. 204, euro 16,00). Un volume originale, singolare, nel quale l’autore, interrogandosi sul senso profondo del corteggiamento e nel tentativo di rispondere a tale quesito, perviene a un’esegesi di Eros, dell’Amore, inteso quale quint’essenza delle nostre vite. Il volume, come è dichiarato esplicitamente fin dall’incipit del sue pagine è, al contempo, saggio e racconto intimo. Catà, per comprendere ogni tratto, senso, significato e i rituali propri del corteggiare, muove dal proprio vissuto, dall’analisi dell’emozione che, sempre, accompagna l’inizio di un amore. Egli parte dalla sconsolata considerazione che l’arte del corteggiare sia venuta meno, o si sia stata degradata nella società liquida, nella quale tutti viviamo. Le intenzioni dello scrittore, si badi, non sono mosse da mera nostalgia reazionaria per un passato che non è più. Al contrario, egli sostiene che, ancora oggi: «il corteggiamento […] possa (può) darci un orizzonte unico e luminoso per condividere parte del nostro passaggio terrestre con una persona che ci attrae» (p. 13) e, per questo, può rivestire un ruolo risolutore per le nostre esistenze.
L’attrazione per un’altra persona è qualcosa di misterioso, espressione tangibile del misterium vitae che condividiamo con gli altri enti di natura. A differenza degli animali e delle piante, condizionati in termini biologico-istintuali alla mera riproduzione fisica, gli uomini possono rispondere al magnetismo erotico, all’attrazione per l’altro, in modalità non condizionata, aperta e problematica. Siamo, in fondo, enti capaci di modificazione, sempre esposti al possibile: «La molla psicologica e metafisica che ci spinge eroticamente verso un altro soggetto è composta di un materiale invisibile e non analizzabile»(p. 19), che si sottrae alla significazione concettuale. L’analisi del corteggiamento umano rivela, nota Catà, il tentativo di: «piacere per piacere. Si corteggia qualcuno perché essere amato […] è per la creatura umana, fonte di una profondissima soddisfazione psicologica e fisica» (p. 25). Il corteggiamento innalza il linguaggio convenzionale a livello poetico e, in tale circostanza straordinaria, mutiamo perfino la postura, il linguaggio del corpo. Nel corteggiamento entra in scena il dio Eros, figlio di Afrodite dea della pienezza gioiosa e non semplicemente di Penia, dea della mancanza, come avrebbe voluto Platone nel suo riproporre nel Simposio il mito dell’Androgine. La mancanza, infatti, sollecita a soddisfare, sic et simpliciter, un bisogno, l’Eros afroditico, di contro, consiste nel: «godere di qualcosa per se stessa» (p. 28).
Tale Amore non è soteriologico, non salva, può addirittura dannare, come nelle corde del’Amor Cortese, fiorito tra l’XI e il XII secolo: «secondo il quale amare significa adorare un altro essere umano sentito come qualcosa di divino e miracoloso» (p. 29). Un Amore questo che non può essere compreso dal riduzionismo interpretativo biologico (riproducibilità/compatibilità) o psicanalitico freudiano (ipotesi anaclitica e narcisistica), in quanto si tratta di una potestas che non appartiene al Regno dell’Io e delle certezze epistemiche. Il bosco, la selva, Regni di Artemide sottratti al confine segnato dalla vita cittadina e politica, sono i luoghi del corteggiamento e dell’incontro con la potenza cosmica, la dynamis sempre all’opera e mai normabile nella physis. Ne ebbero contezza tanto Shakespeare che Ariosto. Questi compresero che il momento dell’attrazione erotica ammutolisce il nostro Io, ci fa piombare nel silenzio, vera musica del cosmo. Si tratta di un’esperienza non dissimile da quella che viviamo passeggiando nei giardini, in particolare quelli all’inglese. In essi, ha sostenuto Merleau-Ponty, viviamo un’ “atmosfera”, siamo attratti da quel “non so che” che lì costituisce, ben al di là dei processi di “fattorizzazione” concettuale, e che è impossibile definire. Ecco, la persona che ci attrae e che tentiamo, con gentilezza e cortesia, di corteggiare è latrice di tale occulta proporzione, di tale indefinibile “non so che”. L’emozione suscitata in noi, induce: «il desiderio misterioso di mescolare la (nostra) esistenza con quella di un altro» (p. 44), del quale, in quel momento, non sappiamo nulla.
Amare e corteggiare quell’Unico, s-determina, come avviene nell’arte autentica, la nostra individualità, la pone in congiunzione con l’altro, rendendoci sempre aperti al novum rappresentato, oltre l’Io, dal Sé. In tale circostanza ci liberiamo della maschera, dei ruoli sociali, in un processo identificativo con il dio che ci investe, Eros-Dioniso. Nell’Amore, come sosteneva Simone Weil, scopriamo la consistenza, la realtà, la carnalità dell’altro, ci sottraiamo al sogno notturno dell’irrealtà delle cose ed incontriamo, come il cosmo al termine dell’inverno, l’incipit vita nova. Il verbo greco manomai, “corteggiare” è un derivato di mimnesco che fa cenno: «a una specifica cognizione che la psiche ha acquisito […] avendola “a cuore” (ri-cordo)» (p. 61). In tal senso il corteggiare preserva la consistenza del cosmo e può rappresentare una risposta alla liquefazione della realtà attualmente in atto.
Nel mondo contemporaneo è svanito l’ “enigma dell’alterità”, trasformata in “semplice presenza” virtualmente riproducibile e, ormai, priva di “aura”: «L’altro ha cessato di essere Unicus» (p. 177) e, al contempo, il “femminile” ha smarrito la propria statura divina. In tale contesto storico-esistenziale, tornare a corteggiarsi può diventare: «la forma attraverso la quale ci svincoliamo da un destino inautentico» (p 191). Per chi scrive, sarebbe forse necessario tener conto della lettura della potenza d’amore di Julius Evola e della sua Metafisica del sesso, opera dalla quale si evince come Eros sia energeia della physis, atta a condurci oltre le mortifere regioni segnate dall’Io e dagli idola della contemporaneità.