
A venticinque anni dalla morte di Bettino Craxi, la figlia del noto leader socialista, attualmente presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, “tra politica e affetti” ripercorre, “All’ombra della storia” pubblicato con Piemme, la sua vita rimembrando fatti e vicende personali della propria famiglia e di quella grande comunità socialista che troneggiò nell’Italia degli anni Ottanta.
Nella prefazione di Paolo Del Debbio si evince una certa amarezza del giornalista che, soffermandosi sulla storia del socialismo e dei grandi fermenti che hanno caratterizzato l’inquieto Novecento, tocca con mano il dramma di “una figlia devastata dal dolore nel vedere il padre ammalato”.
La memoria della figlia
Serenamente, nostalgicamente, ma anche fermamente, Stefania alterna ricordi personali, dall’infanzia all’adolescenza, a donna matura, madre e nonna, rammentando gli insegnamenti paterni che addita alla giovanissima figlia i valori del socialismo e della resistenza insegnandole, però, ad avere rispetto per chi la pensa diversamente, non tralasciando quegli italiani che hanno scelto la Repubblica Sociale Italiana. Fa riflettere che tale insegnamento sia trasmesso proprio a Giulino di Mezzegra, dinanzi a Villa Belmonte dove, stando alle ricostruzioni ufficiali, il 28 aprile 1945 vennero assassinati Benito Mussolini e Claretta Petacci.
Le radici autonomiste di Bettino
Più figlio di Giuseppe Saragat, padre della socialdemocrazia nostrana post 1945, che dell’ondivago Pietro Nenni, fratello minore del socialdemocratico Luigi Preti, lontano anni luce dal settarismo di Sandro Pertini, Bettino Craxi è stato un autonomista convinto tant’è che, nel luglio 1976, divenuto segretario di un partito diviso ed in crisi, nel giro di pochi anni lo fa approdare definitivamente ai lidi del socialismo democratico e riformista affrancandosi definitivamente dalle mire egemoniche del Partito Comunista. Ha inizio in quel momento un lungo e duro duello con i comunisti, conclusosi con la vittoria di questi ultimi anche grazie a Tangentopoli e Mani Pulite.
Il socialismo tricolore
Alla guida del Psi Craxi riscopre la figura di Garibaldi vaticinando un “socialismo tricolore” (che fu analizzato anche dall’intellettuale non conformista Giano Accame); niente male per un partito da sempre carente di valori nazionali e patriottici.
Figlio dell’inquieto e drammatico Novecento, anche Craxi è stato uomo di parte e di partito. Ci sia permessa una divagazione al fine di smentire una filastrocca del tempo presente che, a seconda delle convenienze partitiche, invoca, per risolvere i problemi, politici super partes ed istituzioni neutre. Specie in politica, tutti sono settari e di parte; non esistono politici super partes ed istituzioni neutre. Non a caso, queste ultime, in qualsiasi latitudine del mondo vengono originate e modellate proprio dalla politica che è appunto di parte e non super partes.
Tornando al libro, Stefania racconta fatti ed aneddoti personali, sconosciuti al grande pubblico, specie per quel che concerne le sue passioni lavorative coronate da successi nonché delle amicizie nate ed evaporatesi nel tempo.
Hammamet
Con dovizia di particolari vengono raccontati i periodi trascorsi ad Hammamet che, da luogo di tranquille e spensierate vacanze, diventa terra di esilio e di solitudine con un Craxi ammalato, ridotto allo stremo ma combattivo, abbandonato da buona parte di quei suoi fedelissimi compagni che negli anni ruggenti lo contornavano devoti.
Vari riferimenti del libro riguardano il famoso hotel romano Raphael dove Craxi ha soggiornato per anni, assurto agli onori della cronaca il 30 aprile 1993 per il lancio di monetine contro il leader socialista, fatto per il quale non ebbe paura, ma “vergogna” per quei contestatori che certe narrazioni hanno fatto passare come cittadini colà adunatisi spontaneamente dopo una manifestazione tenutasi in piazza Navona con il leader del Pds Achille Occhetto.
Premesso che non abbiamo mai creduto allo spontaneismo di certe manifestazioni all’italiana perché non confacenti appunto al carattere degli italiani, i fatti del Raphael fanno venire in mente altro evento risalente all’autunno 1994 quando il I Governo Berlusconi veniva contestato in ogni dove dai progressisti, CGIL in testa, per la manovra economica. I media di sinistra parlavano di presidi di lavoratori che nascevano spontaneamente davanti alle fabbriche e per le strade. Una mattina assistemmo ad un curioso conciliabolo far due anziani. Nel mentre l’uno esaltava le manifestazioni spontanee in atto, l’altro sarcasticamente soggiungeva:
“Sono talmente spontanee le manifestazioni che certi lavoratori vanno a lavorare, chissà perché, di buon mattino, con la bandiera rossa”.
Non mancano riferimenti alla politica estera riferiti, in particolare, alla famosa Notte di Sigonella ed ai concreti appoggi che Craxi offrì a partiti e movimenti che si battevano per la libertà e l’indipendenza dei propri paesi oppressi dalle dittature.
Dal libro emerge anche un Craxi che mal digeriva qualsiasi tipo di ingerenza straniera o finanziaria negli affari italiani in quanto credeva nel primato della politica sull’economia. Ciò non può che suscitare una riflessione riguardo le attuali socialdemocrazie europee che, lontane oramai anni luce dal socialismo democratico dei Saragat, dei González, dei Soares, dei Mitterrand, degli Schmidt e dello stesso Bettino Craxi, appiattite su posizioni globaliste, sono portatrici di politiche radicali, di chiara connotazione massimalista.
Quanto al rapporto con i comunisti, Craxi commise due errori: uno storico, politico e culturale, l’altro di valutazione. Fu un errore storico, politico e culturale, in nome dell’unità socialista di cui fu fautore, l’aver favorito nel settembre1992 l’ingresso nell’Internazionale socialista del Pds, partito riverniciatosi solo per tattica politica causa la deflagrazione ad est del comunismo e che, comunque, di socialismo riformista ed unità socialista non ne voleva proprio sapere. Quanto all’errore di valutazione, nel confronto Partito socialista-Partito comunista dal punto di vista elettorale, Craxi ignorò che i numeri erano dalla parte del Pci. Stefania Craxi asserisce che il padre lavorava ad una “prospettiva di ricomposizione unitaria a sinistra”. Ma come poteva avvenite tutto ciò? Avrebbe fatto il Pds a meno della propria mai sopita identità comunista? Ed avrebbe rinunciato all’alleanza con Rifondazione comunista?
L’auspicio di Stefania Craxi, in attesa del verdetto della Storia, è di contribuire a scrivere la storia del padre Bettino e del socialismo democratico italiano senza omissioni o pregiudizi giustizialisti.
Stefania Craxi, “All’ombra della storia” Piemme (per acquistare il libro qui)