
Su Jack Vettriano è in corso una mostra a Bologna a Palazzo Pallavicini
Perché quando osserviamo le tele di Jack Vettriano riusciamo a provare nostalgia per un mondo non vissuto? Domanda che si ripropone alla scomparsa di un uomo profondamente riservato, tanto che i suoi dipinti parevano realizzati nel primo Novecento; invece, erano dipinti da uno dei maggiori e più seguiti artisti figurativi contemporanei (in mostra per la prima volta in Italia, nelle sale di Palazzo Pallavicini a Bologna), combinando dramma, composizione, reminiscenza e malinconia.
Occorre focalizzare la propria attenzione sull’uso della luce: riuscita nel suo giocare con quell’oscurità di cui sono impregnati tutti i suoi lavori, volti in penombra, ormai giunti a un bivio in cui è d’obbligo prendere una decisione. I corpi sono colti proprio nell’attimo in cui sta per avere inizio un’azione di cui non conosceremo mai le conseguenze: sguardi rivolti nell’indefinito di un destino.
Le coppie di Vettriano sono l’ipostasi della attrazione degli opposti, costantemente in cerca, rimandando a un passato in cui i ruoli erano ben definiti e dalle parole dello stesso artista è possibile capire quale sia il suo punto di vista: “È un mondo perfetto, in cui avrei voluto vivere ma non mi è capitato. È un viaggio indietro a un tempo in cui c’era una distinzione tra il maschile e il femminile, oggi mi sembra tutto indistinto”. Scontato il paragone con il realismo di Edward Hopper, rispetto al quale Vettriano aggiunge la sensualità. I tormenti della passione che raffigurava sono eterni e la distanza tra i suoi personaggi è annullata dal magnetismo di una attrazione ancestrale, racconti che narrano le persone più vicine ed estranee che possano esistere: gli amanti. Paradossalmente non sono le figure che interessano, ma la luce del di dentro e la notte intorno.