
Risulta esercizio difficile categorizzare tutto il magma antropologico che spinge anche l’Italia al sostengo del riarmo e della guerra. Eppure potrebbe essere esercizio utile, in qualità di Anarca, l’osservazione e la diagnosi, per avere un onesto e giusto piano di fuga, più etico che fisico, visto l’impossibile elusione dalla lotta per lo Stato Mondiale.
Il realista
La categoria dominate è quella del realista: ne fanno parte, per definizione, tutte le élites. Quelle politiche, quelle economiche. Si tratta di garantire e garantirsi lo spicchio di fatturato. Che in molti casi significa provvigioni se non tangenti; vedasi la nebulosa euro-atlantica che, dai mutui subrime tramutatisi in pezzi di pigs del tutto svenduti, passando per gli ordini di vaccini fatti via sms e poi secretati, annusa nel riarmo europoide grossa occasione di facili guadagni, per tanti dei pochissimi attori in gioco; e tuttavia, spicchio di fatturato che in alcuni casi significa banalmente sopravvivenza economica di un paese.
E’ questo secondo aspetto che sembra animare con senso estremo di responsabilità la presidenza di Giorgia Meloni, ancorata ad un patetico (nel senso di pura sofferenza) ed autorevole “fascismo” britannico, o slancio tutto grandiano, somigliante ad una sorta di accanimento terapeutico per una nazione oggettivamente stroncata da 35 anni di turbo-iper-mafio-liberismo.
L’accelerazione del mercato
Gli altri? Per gli altri non è dissimile la fame da agente di commercio. Da kapò del “libero mercato”, il cui obiettivo, anche nel piano da 800 mld guarda caso anticipato da Mario Draghi nel settembre 24 senza cenno alle armi, resta quello di indebitare il più possibile i propri concittadini nei confronti dei gentili mercati finanziari. La sinistra sembra ormai ossessionata dal raggiungimento dell’ipotesi Toni Negri dell’Impero globale accelerando le crisi interne del capitalismo finanziario. Unico problema, e vale per la sinistra come per i libertari-liberisti-sionisti alla MIlei, il tragico percorso scelto per noi e per i nostri figli: questi ci vogliono morti molto male nel breve e nel lungo periodo.
Il mantra cavalcatorio ed accelerazionista poi, attanaglia anche gli ultimi eredi della destra neo-post fascista, esteticamente ed ideologicamente legati alla guerra in Ucraina, trasognanti un eterno ritorno di riarmi indoeuropei, ed in qualche modo attanagliati dalla patologia del cavalcare una tigre (i mercati, l’usura, la Nato) in senso nobile ed eroico. Come per il grandismo meloniano, anche questo infantile nietzscehanesimo fa a modo suo i conti con l’esempio eracliteo dell’impossibilità d’immergersi nello stesso fiume per due volte.
Rizzo-Vannacci duo senza autorità
Divertente, invece, quasi a modo di gioco scherzoso il patto Molotov-Ribbentrop fra Rizzo e Vannacci, tra lo Juche di Torino ed il Generale della Decima. Dicono entrambi cose semplici, giuste. Pace, sovranità, lavoro. Bravi Tribuni di una plebe non organizzata. Sembrano entrambi leader politici di quella Nuova Sintesi da tempo auspicata in tanti libri ed articoli. Mancano di gravità e serietà per le cose in atto. Non mancano di carisma, mancano di autorità.
All’indomani delle disastrose sconfitte di Lissa e Custoza nel 1866, che provocarono accese polemiche e accuse al governo e ai comandi militari, Pasquale Villari pubblicò sulle pagine del “Politecnico” l’articolo Di chi è la colpa?, ripubblicato nel 1885 con la seconda edizione delle Lettere meridionali.
Lo storico rifletteva sul modo in cui era stata condotta la guerra contro l’Austria e sulle responsabilità delle alte sfere militari nel determinare l’esito del conflitto, ma le sue considerazioni andavano oltre i tragici eventi del momento e investivano molti altri aspetti della vita politica e sociale del Paese, giungendo ad un’amara conclusione:
“Bisogna però che l’Italia cominci col persuadersi, che v’è nel seno della nazione stessa un nemico più potente dell’Austria, ed è la nostra colossale ignoranza, sono le moltitudini analfabete, i burocrati macchina, i professori ignoranti, i politici bambini, i diplomatici impossibili, i generali incapaci, l’operaio inesperto, l’agricoltore patriarcale, e la rettorica che ci rode le ossa. Non è il quadrilatero di Mantova e Verona che ha potuto arrestare il nostro cammino, ma è il quadrilatero di 17 milioni di analfabeti e 5 milioni di arcadi”.