
Si continua a discutere di fine vita. Da anni si attende che il Parlamento legiferi le volontà degli ultimi momenti in maniera uniforme. Ma la sopportazione del dolore e il peso del vivere sono una questione privata, come la scelta di fare un figlio, di mettere su famiglia. La legge consente anche di rifiutare un bambino, rispettando l’eventuale obiezione di coscienza del medico, come è naturale che sia.
Destra = Sinistra
Ipocrisia, effetto di mancata legge?
Tuttavia ci sono altri modi per morire a casa o in ospedale, meno pubblicizzati e sempre con il Sistema sanità. Nel 2018 Marina Ripa di Meana scelse di andarsene con la sedazione profonda (secondo la legge 38/2010 sulle cure palliative). Lei si era già adoperata per andare in Svizzera a chiedere il suicidio, ma, saputo della legge italiana, in un video ha raccontato che “si può tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze, sia in ospedale che a casa propria”.
Scegliere di addormentarsi
Come l’”accompagnamento“, la legge sulle cure palliative è nata per alleviare il dolore, “ma quando questo è insopportabile, irreversibile e si è in condizione di terminalità, si può scegliere di addormentarsi” – ha chiarito Maria Antonietta Farina Coscioni, dal 2014 presidente dell’Istituto intitolato al marito Luca Coscioni, morto di Sla nel 2006 a 38 anni.
Davanti alle questioni che riguardano la coscienza non vi possono essere paletti, ma solo rispetto. Nessun medico può obbligare chicchessia a un trattamento non gradito, finché costui può autodeterminarsi. Un no o un sì della persona valgono tutto, sono il 100% (e sono supra legem).
Giovani e forti… per poco
Legge sì o legge no? Dipende. Sarebbe utile un testo che spazzi via le ipocrisie e che tenga conto di una società che non affronta la morte, che la considera un errore di sistema (sempre giovani e forti). Invece ci ammaliamo, soffriamo e invecchiamo. In un contesto parziale e distorto come questo, il fine vita rischia di diventare l’ennesimo (e ultimo) prodotto da acquistare.
Memento mori
Una direttiva non dovrebbe nemmeno “rendere normale la cultura dello scarto”, ma lasciare al singolo la dignità della decisione, non alimentare forzature o manipolazioni nei confronti dei più fragili che si sentono di peso per i familiari. C’è anche una dignità nella morte, come fatto indissolubilmente legato alla vita. C’è una vita/morte, non una vita e semmai una morte.
Lasciamo respirare le coscienze ed educhiamo alla morte fin da piccoli: i saggi che non hanno allontanato il pensiero della fine nel loro cammino sono testimonianza di una vita più piena, meno attratta da cose futili e capaci di cogliere la preziosità di ogni istante.