
Il racconto della querelle Tesla di Nicola Fratoianni e Elisabetta Piccolotti è un manifesto del conformismo di sinistra. Presi con le mani nella marmellata sovranista, si difendono offrendo dichiarazioni che sono la trama di un film comico. Quello della sinistra alle prese con tic e riflessi obbligati per conformarsi al pensiero unico. Senza temere di scadere nel ridicolo.
Fratoianni scarica sulla moglie
«La Tesla? Ma non è mia. È di mia moglie. Se vuole sapere qualcosa, chiami pure lei». Nicola Fratoianni, segretario di Alleanza Verdi Sinistra, è molto critico con Elon Musk.
La Piccolotti: “Presa prima che Musk diventasse nazista”
«Siamo rimasti fregati», spiega Piccolotti al Foglio. «L’abbiamo presa prima che Musk diventasse nazista». E non avete pensato di venderla? «L’abbiamo presa col leasing quindi per ora non è possibile. Ma quando sarà, certo, ce ne libereremo. La venderemo. La Tesla funziona. L’ho usata sempre nell’ultima campagna elettorale per le Europee. Quando l’ho presa era un altro momento, e l’ho pagata anche poco. Quarantasettemila euro. Eravamo felici con l’auto elettrica. Ma adesso benché efficientissima quest’auto è un peso politico».
La toppa, ovvero l’adesivo
La parlamentare comunista ha messo sull’auto un adesivo: «Me l’ha regalato mia sorella per il compleanno. C’è scritto “L’ho comprata prima di sapere che Elon fosse pazzo’. In California questi adesivi sono diffusissimi».
La sintesi
Per i Fratoiannos 47mila euro per un’auto sono una cifra alla portata (che ne pensano i precari che sperano di rappresentare?), ma quello che scoraggia è la loro difesa: un surreale dietrofront ideologico, riproponendo gli stereotipi di quelli che “non bevono la CocaCola”, ma al Cuba Libre non dicono di no…
Per tutto il resto, c’è la vignetta di Osho…