
Il piano ReArm Europe, proposto da Ursula von der Leyen, è stato accolto dall’Eurocamera con 419 voti a favore, 204 contrari e 46 astenuti. L’Ue è così invitata alla propria difesa. Il conto sarà salato e graverà sulle classi sociali che la globalizzazione e tre anni di guerra dissennata hanno impoverito.
Finora indifferente di fronte al pericolo di un conflitto nucleare, l’élite dell’Ue è in preda al terrore. Priva di idee, si era abituata a una guerra per procura, combattuta fino all’ultimo ucraino, delegando le scelte strategiche ad altri. Ora si scopre pedina di un gioco più grande, ma ignora su quale scacchiera si trovi.
Invasi dal’armata Brancaleone?
Prima si diceva che l’esercito russo era l’armata Brancaleone, ora che è la nuova Armata Rossa pronta a invadere l’Europa (il che fa ridere più di un generale): altrimenti, come far digerire ai popoli una spesa da 800 miliardi? I costi per andare verso la sconfitta e ricostruire un Paese distrutto sono stati e saranno esorbitanti. Parlando dell’Italia, basti dire che i nostri arsenali sono stati svuotati, anche se per lo più di residuati: siamo però largamente indifesi.
Allora, perché non metterci a trattare? Perché, dopo tre anni di massacri, Von der Leyen non telefona a Mosca? Se vogliamo la pace, col “male assoluto” prima o poi dovremo parlare. Il continente delle grandi menti della diplomazia, perché non lo fa?
Usi da tempo a esser colonia
Forse l’abitudine a essere colonia Usa dal dopoguerra ha intorpidito le menti. Tanto che Trump, scompaginando decenni di atlantismo, ci considera poco più che zero, politicamente irrilevanti e d’intralcio a una seria trattativa di pace. E forse esprime la verità. Søren Kierkegaard diceva: “Ci sono due modi per essere ingannati. Uno è credere ciò che non è vero; l’altro è rifiutare di credere ciò che è vero”. L’Europa ha scelto entrambi.
Gli Usa perseguono anche nel XXI secolo l’obiettivo strategico di separare la Russia dalla Cina e di allontanare l’Europa dalla Russia. Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, lo scrive ne La grande scacchiera (Longanesi, 1997). Sostiene che il dominio statunitense sul “supercontinente eurasiatico” fosse fondamentale per mantenere l’egemonia globale degli Stati Uniti. In questo contesto, impedire un’alleanza tra Europa e Russia era un obiettivo strategico chiave. Per lui, un asse tra Mosca e Berlino (o Parigi) avrebbe minato il primato americano.
Biden vs. Nord Stream 2
Al di là del presidente di turno, le cose sono proseguite seguendo la stessa logica. Nel febbraio 2022, a Washington, il presidente Biden, in conferenza con il Cancelliere tedesco Scholz, ha detto: “Se la Russia invade l’Ucraina, e intendo con carri armati o truppe che attraversano il confine, allora non ci sarà più il gasdotto Nord Stream 2. Gli porremo fine”, A domanda di un giornalista: “Come lo farete, dato che il progetto è sotto il controllo della Germania?”, Biden ha risposto: “Ve lo prometto, saremo in grado di farlo.”
Un caso da manuale di diplomazia moderna: umiliare un alleato in diretta Tv. Se Trump ha trattato brutalmente Zelensky, Biden aveva imposto un Diktat a Scholz. Ma tutti hanno fatto finta di nulla.
Prima della guerra in Ucraina, il gas russo, fornito attraverso gasdotti come Nord Stream 1, era relativamente economico, con prezzi tra 5 e 10 dollari per MMBtu (unità termica britannica). Il Gnl statunitense è più caro per via del processo di liquefazione, trasporto via nave e successiva rigassificazione. Dopo l’invasione russa, i prezzi del Gnl hanno raggiunto picchi di 50-70 dollari per MMBtu nel 2022, per poi stabilizzarsi a 20-30 dollari nel 2023. Questo rappresenta un aumento del 200-400% rispetto ai prezzi del gas russo pre-conflitto.
Meno gas, più inflazione
L’aumento dei costi energetici ha spinto l’inflazione a livelli record nell’Ue, raggiungendo picchi del 10% nel 2022. Questo ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie e aumentato i costi per le imprese. Settori ad alta intensità energetica, come la chimica, la metallurgia e la produzione di fertilizzanti, hanno subito gravi contraccolpi, con alcune aziende costrette a ridurre la produzione o a chiudere temporaneamente.
La Germania è entrata in recessione. Nel 2022 e 2023, alcune economie dell’Ue hanno registrato una crescita quasi nulla o negativa, sfiorando la recessione tecnica. L’aumento del prezzo del gas ha rallentato l’economia e spinto alcuni Paesi verso la recessione. Ci hanno portato con le navi la libertà energetica. Ma anche il conto.
L’obiettivo Usa di tenere l’Europa separata dalla Russia si è consolidato anche dopo la caduta del Muro di Berlino, quando il Vecchio Continente ha perso l’occasione per integrarsi con Mosca, grazie all’apertura di Gorbaciov verso l’Occidente. Con un’altra politica, si sarebbe costruito un blocco eurasiatico, capace di competere con le due grandi superpotenze, un assetto che ha sempre rappresentato una delle principali paure degli Stati Uniti.
Uno strumento egemonico
Dopo la dissoluzione dell’Urss, la Nato ha smesso di essere anche un baluardo per l’Europa, per essere solo uno strumento egemonico. Con una politica estera più autonoma e incisiva, oggi l’Europa non si troverebbe di fronte a un Putin così radicalizzato.
Si spenderanno ora 800 miliardi per il riarmo europeo. Una bella botta, uscita da chissà quali esoterici calcoli contabili e strategici. Burro o cannoni? Libertà o condizionatore acceso? E dire che fino a ieri ci spiegavano che non c’erano soldi per la sanità e la scuola. Figuriamoci, adesso, galleggiare sui debiti con carri armati da 60 tonnellate e 10 milioni di dollari cadauno, che un economico drone liquida in pochi secondi.
Ma il problema non è solo l’entità dell’investimento, bensì come e dove verrà allocato. Se questi fondi fossero destinati all’acquisto di armamenti non europei, si tratterebbe di un enorme regalo all’industria bellica statunitense, aumentando la nostra dipendenza da Washington per pezzi di ricambio e manutenzione. Nel caso l’Europa fosse coinvolta in un conflitto, non potremmo farlo senza il consenso Usa, pena trovarci nel giro di poco con armi inutilizzabili.
Bomba o non bomba
L’errore sarebbe duplice: da un lato, finanziare armi convenzionali che potrebbero rivelarsi obsolete di fronte alle nuove strategie belliche. Dall’altro, trascurare la questione strategica: la deterrenza nucleare. La Russia ha il più grande arsenale atomico del mondo e potrebbe decidere l’esito della guerra con un singolo attacco su una capitale europea, dissolvendo qualsiasi alleanza.
L’Ue avrebbe due strade: investire in una difesa autonoma efficace, dotandosi anche di una deterrenza nucleare, e di rete satellitare; oppure cercare una soluzione diplomatica. Probabilmente ne percorrerà una terza: spreco e indebitamento, senza un piano preciso, perché l’enorme massa di denaro si disperderà nei rivoli degli Stati e staterelli che fingono di chiamarsi Europa.
Continuare a isolare la Russia significa spingerla a posizioni estreme. Un errore strategico è anche quello di considerare il vecchio Putin eterno: il problema non è solo lui, ma soprattutto chi verrà dopo di lui. Il muro contro muro europeo rischia di favorire un successore ancora più pericoloso, pronto a trasformare le minacce nucleari in realtà. Chi verrà dopo di lui sarà anche figlio della nostra diplomazia.
Rimpiangeremo Putin
Nell’entourage putiniano ci sono figure che hanno espresso posizioni favorevoli all’uso delle armi nucleari nel contesto della guerra in Ucraina. Dmitrij Medvedev ha detto che la Russia potrebbe utilizzare armi nucleari per difendere i territori annessi dall’Ucraina.
Sergei Karaganov ha suggerito a Putin di adottare una strategia più aggressiva, proponendo un attacco nucleare limitato contro un Paese Nato, senza scatenare una guerra su vasta scala. Ha criticato la dottrina nucleare attuale della Russia, ritenendola non sufficientemente deterrente, e ha sostenuto che potrebbe portare al declino della Russia, se non modificata.
Putin è il male assoluto? Forse sta invece contenendo figure più risolute. L’arma nucleare più potente attualmente in dotazione alla Russia è il RS-28 Sarmat che, nel giro di un paio di minuti, potrebbe raggiungere e distruggere qualsiasi capitale europea senza essere intercettato.
Sachs asfalta von der Leyen
Occorre chiedersi a chi giovi una corsa agli armamenti mal pianificata. Gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a vendere armi all’Europa e a mantenerla dipendente dalle proprie forniture, mentre la Russia potrebbe reagire, accrescendo il proprio arsenale nucleare.
L’Europa rischia così di restare l’unico giocatore senza strategia, incapace di decidere il proprio destino e prigioniera di una politica militare inefficace e costosa. Jeffrey Sachs, economista della Columbia University, ha dichiarato in un’intervista sul Fatto del 9 marzo: “L’Europa e la Russia non hanno motivo per farsi la guerra se non il bellicismo di una certa leadership europea, residuo della strategia di allargamento della Nato voluta dagli Stati Uniti tra il 1994 e il 2024. (…) E’ un punto di vista semplicemente folle. L’Europa deve rafforzare la propria autonomia strategica e militare, ma è altra cosa dall’alimentare pulsioni guerrafondaie. Il nodo essenziale è riprendere i rapporti con la Russia.”
Trump e Putin hanno le carte, l’Europa e Zelensky le illusioni. Indovinate chi vincerà la partita? La geopolitica non fa sconti: o sei un giocatore o sei una pedina.
L’Europa ce lo chiede? E noi rispondiamo con doverosi pernacchioni…